Tsutomu Miyazaki: l'arresto, il processo e la condanna a morte
Tsutomu Miyazaki fu arrestato il 23 luglio 1989, grazie alla segnalazione di un cittadino, a sua volta avvertito dalla figlia, il quale lo aveva scoperto mentre stava fotografando un'amica della ragazza.
Arrestato con l’accusa di "costrizione di minore a commettere atti osceni ", l'assassino, dopo diciassette giorni, decise di confessare i quattro omicidi. Gli inquirenti, effettuato un sopralluogo nella casa dell’omicida, rinvennero circa seimila videocassette a contenuto horror-splatter e pornografico. Fra i pezzi di questa collezione, vennero trovate le foto e i video fatti alle sue vittime.
Il processo iniziò il 30 marzo 1990 e non mancarono momenti paradossali, al di là del grottesco.
In uno dei suoi deliri Miyazaki arrivò a sostenere che a commettere gli omicidi non era stato direttamente lui, ma un uomo-topo, una sorta di suo alter ego malvagio, di cui l’assassino fornì addirittura un identikit, mostrato alla corte.
Rinchiuso in carcere nel 1990 Miyazaki è stato per ben sette anni oggetto di molteplici e accurate perizie psichiatriche, come disposto dalla Prefettura di Saitama. A Tsutomu fu diagnosticata una forte schizofrenia dissociativa.
A processo concluso il padre dell’assassino, rifiutatosi di pagare le spese processuali, si suicidò nel 1994. Nonostante l’inoppugnabile infermità mentale il tribunale stabilì che al momento dei fatti, l’imputato era capace di intendere e volere, così il 14 aprile 1997 Miyazaki fu condannato a morte mediante impiccagione. Il 14 aprile 2001 il verdetto fu convalidato dall’Arta Corte di Tokyo e il 17 gennaio 2006 venne ribadito dalla Corte suprema di Giustizia.
Tsutomu Miyazaki fu impiccato il 17 giugno 2008. Non si pentì mai degli orrori che aveva compiuto e non chiese mai scusa ai parenti delle vittime.
Orgoglioso di se, arrivò a definire i suoi orrori come: "un buon lavoro".
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