Robert Berdella: Chris Bryson, un errore, la fine
Il 29 marzo 1988 Berdella rimorchia il ventiduenne belloccio Chris Bryson, invitandolo a passare del tempo con lui in casa sua. Bob ancora non sa che questa sua scelta gli sarà fatale.
Bryson non sospetta nulla di quello che gli sta per accadere ed è molto soddisfatto. Il suo nuovo cliente è un quasi quarantenne mite, paffutello e fuori forma, immagina di poter fare soldi facili e di non correre alcun rischio.
Una volta entrato nella villetta al 4315 di Charlotte Street, Bryson resta un attimo turbato di fronte alle condizioni igieniche del piano terra dell'abitazione: pile di immondizia, giornali, avanzi sparsi per tutto il pavimento e un forte odore di feci di cane.
I tre cani Chow Chow di Berdella scorazzano scodinzolanti lì attorno, così Bob propone di andare al piano di sopra, dove "staranno tranquilli". Una volta saliti tutto procede secondo un canovaccio ormai ben rodato. Bryson viene prima stordito con un colpo alla nuca, poi drogato e sedato per bene, infine legato e immobilizzato a un letto.
Per Bryson cominciano così 4 giorni di terribili violenze e torture: sgorgante negli occhi, scosse elettriche ai testicoli, pestaggi con tubi e minacce di morte nel caso non si adatti al suo nuovo ruolo di "schiavo sessuale". Robert Berdella continuava a minacciarlo sia a parole che mostrandogli delle polaroid zeppe di ragazzi vittime di torture, in alcuni casi apparentemente morti.
“Se non fai il bravo finirai nella spazzatura come gli altri”, erano le parole del mostro che lo teneva prigioniero.
Ma il 2 aprile 1988, a causa di una trascuratezza commessa dal suo sadico carceriere, che prima di lasciarlo da solo per andare al lavoro lo lega con le mani davanti al corpo anzichè dietro la schiena, Bryson riesce a liberarsi. Il ragazzo si getterà poi dalla finestra del secondo piano dell'abitazione e si trascinerà in strada, fino a giungere a una abitazione lì vicino.
Nudo, con la sola eccezione di un collare per cani attorno al collo, il corpo martoriato, gli occhi arrossati, un piede gravemente ferito, esausto, è così che lo trova il suo salvatore, un vicino di casa di Berdella che non esita un attimo a chiamare la Polizia.
Bryson, sotto shock, impiegherà del tempo a trovare le forze per rilasciare una lunga deposizione che darà vita alle indagini su Robert Berdella. Per il Macellaio di Kansas City è la fine.
Robert Berdella: l'arresto
Berdella, accusato di vari reati quali sodomia, rapimento e aggressione, viene arrestato e si vede inizialmente assegnata una cauzione di 500.000$.
Tra il 2 e il 4 aprile 1988 la casa di Robert Berdella viene perquisita a fondo. Alla polizia si mostra quindi tutto il campionario di oggetti bizzarri e macabri di cui il serial killer amava circondarsi.
Tra di questi alcuni libri sulla magia VooDoo, qualche opera del Marchese De Sade, e un paio di teschi di dubbia provenienza usati come soprammobili.
In una scatola vengono poi ritrovate oltre duecento foto polaroid che mostrano giovani uomini sottoposti a torture e sesso estremo. Quando uno degli investigatori scopre che almeno uno degli uomini sulle foto di Bob Berdella, ritratto mentre è appeso per i piedi a testa in giù, è senza dubbio morto, la cauzione viene ritirata e le investigazioni sul caso aumentano: la Polizia rivolta come un calzino l'intera abitazione del serial killer, andando anche a scavare anche nel suo giardino.
Lì viene ritrovato il teschio di Pearson, mentre delle analisi stabiliscono che uno dei due teschi trovati in bella vista all'interno della casa è effettivamente quello di un uomo.
Ulteriori ricerche porteranno poi alla luce l'atroce contenuto del Diario dell'assassino seriale, dove sono annotate tutte le atrocità da lui perpetrate sulle sue vittime e relative impressioni e conseguenze.
Robert Berdella: il processo e la morte
Il 22 luglio 1988 il Grand Jury accusa formalmente Berdella dell'omicidio di Larry Pearson, il 2 settembre 1988 di quello di Robert Sheldon.
La comunità di Kansas City è sconvolta: nessuno avrebbe mai potuto credere che un individuo così tranquillo e dedito a "opere di bene" - come il fare parte di ronde cittadine di sorveglianza contro il crimine o il prestare sostegno e aiuto a così tanti giovani in difficoltà - potesse invece essere un tale mostro.
Una volta rimandato a giudizio e privo di ogni possibilità di essere assolto, per evitare la pena di morte Robert Berdella giunge a patti con la giustizia: si farà carico e fornirà una completa confessione di tutti i suoi crimini in cambio della vita. La pubblica accusa accetta la sua proposta.
Il 13 dicembre 1988 Bob comincia così a vuotare il sacco, con una lunga confessione che durerà tre giorni, dove ammetterà di aver ucciso almeno sei persone.
Il 19 dicembre 1988 viene condannato per l'omicidio di primo grado di Robert Sheldon e a 4 omicidi di secondo grado. Viene recluso nel penitenziario di Jefferson City, nel Missouri, dove resterà per il resto dei suoi giorni, lamentandosi spesso delle pessime condizioni di vita dietro le sbarre e di come la Polizia e i media abbiano stravolto le sue vicende.
Una volta in carcere proverà a riabilitarsi istituendo un fondo fiduciario di 50.000$ dedicato ai famigliari delle sue vittime. Nel gennaio del 1992 perde una causa legale contro la madre di Todd Stoops, una delle sue vittime, e viene condannato a pagarle la cifra record di 5 miliardi di dollari per danni morali: non essendo ovviamente in possesso di tale somma di denaro viene deciso che ogni suo futuro guadagno dovrà finire nelle tasche della donna.
L'8 ottobre 1992 muore in prigione a 43 anni a causa di un arresto cardiaco, come suo padre.
Berdella si lascia alle spalle una vicenda ancora oggi non del tutto chiarita a causa della trascuratezza delle indagini portate avanti dalla Polizia di Kansas City, che aveva molta fretta di chiudere il suo caso, e per tutti i gossip di cronaca nera che giornali e televisioni hanno affibbiato al caso. Qualcuno asserì che Berdella avesse agito dietro gli ordini di una misteriosa setta satanica, altri che avesse nutrito i suoi cani con la carne delle sue vittime.
Bob stesso si vantò più volte con altri detenuti di aver ucciso molte più persone delle 6 per le quali era stato condannato: il reale numero delle sue vittime sarebbe di circa venti. Ma sono tutte storie che resteranno senza una risposta.
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