Los Angeles è terrorizzata, si sposta a San Francisco
Los Angeles era nel terrore, la protezione alla città da parte della polizia era aumentata, così Richard Ramirez decise di cambiare territorio di caccia. Si spostò a nord, e nella notte del 18 agosto 1985 colpì a Lake Merced, una zona periferica di San Francisco.
Le vittime erano una coppia di origine cinese, Peter Pan, 66 anni, e Barbara Pan, 64 anni. Furono ritrovati in camera, nel letto intriso del loro sangue. L’uomo era stato ucciso immediatamente. La donna, seppur picchiata e ferita dal colpo di pistola, riuscì a sopravvivere. Rimase però invalida per tutta la vita.
Nell’appartamento fu ritrovato il disegno di un pentagramma fatto con il rossetto, accompagnato dalle parole "Jack The Knife", tratte dalla canzone The Ripper del gruppo heavy-metal Judas Priest.
La stampa diffuse la notizia e fu il panico. Tra l’altro le indagini si fecero più complesse perché il calibro e il tipo di proiettile rimosso dal corpo del signor Pan ricollegarono il tipo di aggressione ad altri due delitti, uno avvenuto a Los Angeles, e l’altro a San Francisco diversi mesi prima.
Il proprietario di una piccola pensione a San Francisco riconobbe Ramirez dalla descrizione della polizia, e quando gli agenti perquisirono la camera dove il serial killer aveva alloggiato trovarono un pentagramma disegnato sulla porta del bagno. A questo si aggiunse il fatto che gli investigatori riuscirono a rintracciare nel distretto di El Sobrate un uomo che aveva comprato dei gioielli. I preziosi si rivelarono rubati e appartenenti alla signora Pan. La descrizione fornita dall’uomo corrispondeva a quella del killer.
Il 24 agosto 1985 Ramirez colpì ancora, ma lontano da San Francisco, a Mission Viejo, a 50 chilometri a sud di Los Angeles. Entrò di notte nella camera di William Carns, 29 anni, ingegnere informatico, e della sua ragazza di 27 anni. Ramirez sparò ripetutamente contro l’uomo, che però non subì ferite mortali e riuscì a salvarsi.
Afferrò per i capelli la donna e la trascinò in un’altra camera, poi le legò i polsi e le caviglie con alcune cravatte e le chiese se sapeva chi lui fosse. La donna, terrorizzata, ammise che pensava lui fosse il killer del quale tutti i giornali e le televisioni parlavano. Ramirez girò per la casa in cerca di soldi e gioielli, ma non trovò molto. Tornò arrabbiato dalla donna e la violentò per due volte.
Alla polizia lei riferì che l’alito pestilenziale dell’aggressore l’aveva quasi stordita. A quel punto, la donna, temendo per la sua vita, indicò a Ramirez un cassetto dove sapeva che c’erano dei soldi. L’aggressore le intimò di dimostrare la sua fedeltà a Satana costringendola a ripetere varie frasi inneggianti al Maligno. "Io amo Satana", ripeté la donna, fino a quando Ramirez non fu soddisfatto e la costrinse a un rapporto orale.
Alla fine, il predatore della notte la fissò. Lei pensò che fosse arrivata il suo momento, che Ramirez l’avrebbe uccisa. Invece, lui esplose in una fragorosa risata e fuggì. La donna riuscì a liberarsi da sola e chiamò il 911. Affacciandosi alla finestra vide l’aggressore salire su una vecchia Toyota station-wagon arancione.
Quella stessa notte un ragazzo che lavorava in un garage vide la vettura girare per il suo quartiere, s’insospettì e chiamò la polizia. Il 30 agosto le autorità trovarono la macchina e la misero sotto sorveglianza, attendendo il ritorno di Ramirez, ma lui non si fece più vivo. Sull’auto trovarono alcune impronte digitali che lo identificarono. Ormai la fine dell’incubo era vicina.
Richard Ramirez, di nuovo a Los Angeles e la cattura
Richard Ramirez era tornato a Los Angeles. Ora il predatore della notte aveva bisogno di una nuova vettura per gli spostamenti.
Il 31 agosto entrò in un negozio di liquori e fu paralizzato dal terrore quando vide la sua immagine trasmessa nei telegiornali e stampata sulle prime pagine dei quotidiani. Le persone nel locale lo riconobbero, e lui fuggì coprendo due miglia in dodici minuti. Doveva trovare una macchina.
Decise di rubarne una nel quartiere ispanico, pensando forse che in quell’area sarebbe stato più facile per lui muoversi, ma si sbagliava.
Puntò una Mustang rossa, parcheggiata sul vialetto d’entrata di una casa, con la portiera aperta e le chiavi infilate nel cruscotto. Non si accorse che sotto la vettura c’era il proprietario, Faustino Pinon, 56 anni, che stava aggiustando il mezzo che aveva qualche noia alla trasmissione. Sentendo il motore avviarsi, l’uomo si tirò fuori da sotto l’automobile, si alzò e afferrò per il collo Ramirez. L’auto coprì una breve distanza, ma Pinon non mollò la presa, per nulla intimorito dal fatto che Ramirez avesse una pistola. La Mustang urtò un garage.
Ramirez abbandonò il mezzo, scappò e fermò al volo un’altra auto che stava sopraggiungendo. Minacciò di morte la conducente, Angelina de la Torres. La donna gridò per cercare aiuto. Udendo le urla della moglie, il marito Manuel, 32 anni, uscì di casa brandendo una barra di metallo e si diresse verso di lui.
Nel frattempo un altro vicino, Jose Burgoin, chiamò la polizia. I suoi figli, Jaime di 21 anni e Julio di 17 anni, scesero in strada e riconobbero il serial killer che stava terrorizzando Los Angeles. Ci fu un inseguimento. Manuel riuscì a colpire Ramirez una prima volta, poi lo atterrò definitivamente lanciandogli contro l’arma. Gli altri tre gli furono subito addosso e lo trattennero fino all’arrivo delle forze dell’ordine, che faticarono a salvarlo dal linciaggio della folla.
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