Peter Kurten: il ritorno al delitto
La carriera omicida di Peter Kurten ha un nuovo inizio nel maggio del 1913, esattamente il 25 del mese, quando, durante un furto in un appartamento, si imbatte in una ragazzina che dorme nel suo letto. La giovane vittima ha appena dieci anni. Peter la stringe con una violenza inaudita straziandole il collo, finché il corpicino non rimane immobile, ormai privo di sensi, ma ancora vivo.
È quando la piccola sviene che Peter tira fuori un temperino dalla tasca e colpisce con la lama meno lunga, meno appuntita, la sua gola. Il sangue schizza fuori a fiotti, bagnandogli le mani, lordandogli gli abiti, spruzzando il pavimento e il tappeto scendiletto. Ha un'eiaculazione al solo contatto del getto di sangue sulla mano. E si lancia a mordere il collo della ragazza, a succhiare il sangue direttamente alla fonte, che strazia con due morsi evidentissimi.
Mentre la ragazzina ancora si dibatte tra gli spasmi del dissanguamento, il mostro è su di lei, la tiene ferma col peso del suo corpo, con il braccio sinistro, mentre con la mano destra fruga sotto le mutandine e le imbratta la vagina del suo liquido seminale. L'orrore finisce quando il cuore ella piccola cessa di battere, quando il sangue non scorre più, non può più essere bevuto.
Kurten lascia l'abitazione e corre a casa… mentre dell'omicidio della piccola Christine Klein, è accusato lo zio, Otto Klein. A "inchiodare" quest'uomo, un fazzoletto da tasca con incise le iniziali P.K. (Peter Kurten, ma anche Peter Klein, padre della bambina) che lo zio, desideroso di vendetta, avrebbe lasciato intenzionalmente sul luogo del delitto perché la colpa di quell'abominio ricadesse sul povero genitore, colpevole, secondo l'accusa, di aver fatto uno sgarbo imperdonabile al fratello minore.
Peter ne esce indenne, galvanizzato dall'esperienza, ma finisce dentro per furto, e ci rimane fino al 1925, sodomizzando brutalmente varie vittime, nelle celle del penitenziario di Colonia.
Quando esce dal carcere, per rifarsi una vita inizia a lavorare in fabbrica e diviene addirittura quadro sindacale. L'avventura carceraria, l'ultima, lo ha esaltato, permettendogli di scaricare, in cella, contro i suoi colleghi più deboli, tutte le proprie frustrazioni. Dura poco, però.
Peter Kurten: l'arrivo a Dusseldorf
Un trasferimento lo costringe a spostarsi a Dusseldorf, nel gennaio del 1929.
Come ammetterà l'anno dopo, negli interrogatori cui il professor Berg lo sottoporrà, «... il mio arrivo in città, salutato da un tramonto che aveva lo stesso colore del sangue, mi fece capire chiaramente quale doveva essere il mio futuro, in quella città!»
Una missione, dunque, che Peter Kurten porterà a compimento degnamente, guadagnandosi il soprannome famosissimo di "Vampiro di Dusseldorf" e ispirando, insieme agli altri serial killer tedeschi di inizio secolo Karl Grossman e Fritz Haarmann, la figura del protagonista di uno dei film capolavori di Fritz Lang: M. Il Mostro di Dusseldorf.
A sedici anni dal primo omicidio, visto e considerato che non esistono vere e proprie evidenze che possa aver ucciso anche in carcere, Kurten torna ad ammazzare, e torna a scegliere una bambina come vittima.
Il 9 di febbraio, ad appena un mese dal suo arrivo a Dusseldorf, è il turno di Rosa Ohliger.
La piccola viene ritrovata in un fossato, cosparsa di liquido infiammabile per lampade. L'assassino, dopo averla ferita, massacrandola con tredici pugnalate inferte con violenza e brutalità, ha cercato di incendiare il cadavere. Dalle tracce lasciate sul corpo e sul luogo del delitto, agli inquirenti pare chiaro che l'assassino ha prima fatto scempio della piccola, le ha morso collo e petto più volte prima di pugnalarla, ha bevuto il sangue che perdeva dalle ferite (vengono ritrovate varie tracce di saliva) e ha poi imbrattato la sua sottanina con il liquido seminale che ha sicuramente emesso durante tutta questa operazione (e non in un approccio di violenza sessuale). È poi tornato, dopo tempo, quasi un giorno, sul luogo del delitto, per cercare di incendiare il corpo. Senza esservi riuscito.
La sparizione e il ritrovamento di Rosa seguivano di neppure una settimana la brutale aggressione subita da Frau Kuhn, accoltellata ventiquattro volte. È in questa occasione, nel primo effettivo omicidio attribuibile a Dusseldorf a Kurten, che Peter sperimenta per la prima volta il piacere, tutto sessuale, che un assassino prova a ritornare sulla scena del delitto.
Quella sera, quando la signora Kuhn è ritrovata, Kurten torna ben due volte sul luogo del delitto ed entrambe le volte ha un orgasmo spontaneo. Nasce anche così un rituale, con la scoperta di un piacere procurato da un atto particolare. Tornare sul luogo del delitto, per Kurten, diverrà un rito obbligato, che onorerà, in futuro, a ogni delitto... per goderne ancora, e ancora, e ancora!
Passano solo altri cinque giorni dall'omicidio della piccola Rosa, che Peter torna in azione, questa volta massacrando di coltellate un operaio meccanico, tale Scheer. Può sembrare strano ma, anche questa volta, il vampiro ha una polluzione spontanea, segno che uccide non per un bisogno squisitamente sessuale, ma perché l'assassinio, in sé, è una pratica che lo appaga completamente.
Tornando sul luogo del delitto, questa volta, si azzarda a intavolare un dialogo molto lungo con uno degli inquirenti. L'ufficiale in questione dichiarerà in seguito che mai avrebbe pensato che quell'uomo così distinto e insospettabile fosse in realtà l'autore dei delitti che dal 29 al 30 sconvolgeranno la città di Dusseldorf.
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