Nikolai Dzhumagaliev (pagina 4)

La condanna e l'evasione di Nikolay Dzhumagaliev

Kolya l’Orco è ormai alla luce del sole, e la sua dentiera scintillante (che una fonte vuole di oro bianco) gli frutta i soprannomi con cui diventerà internazionalmente celebre: Metal Fang e Iron Tusk.

Il 3 dicembre 1981, il tribunale lo riconosce colpevole di sette omicidi, tre dei quali con l’aggravante del cannibalismo.

Zanna di Metallo dichiara:
“Ho ucciso le donne per vari motivi. Prima di tutto, ero profondamente appagato dalla loro passione sessuale verso di me. In secondo luogo, sentivo un’attrazione irresistibile per il corpo femminile: volevo cercare di conoscerlo pienamente e totalmente. Pertanto mangiavo la loro carne. In terzo luogo, nel libro Black Mist, che ho letto qualche anno fa, era scritto che gli antichi Germani bevevano il sangue di donna per compiere profezie. Volevo fare anch’io delle profezie, così ho bevuto il loro sangue. E ci sono riuscito […] Questa è la mia vendetta contro le donne perché violano la legge di natura. Un uomo deve essere al di sopra delle donne in tutto, ma tutto nella vita è sottosopra. Volevo incutere paura in tutte le donne del distretto. Non ho semplicemente ucciso. Ho sacrificato Tatiana G. per l’anniversario della morte della nonna, e Valya (il 13 dicembre 1980) per onorare il centenario di mio nonno”.

In circostanze normali la pena sarebbe la fucilazione, ma Nikolai Dzhumagaliev è già stato giudicato insano di mente, e la legge ne vieta l’esecuzione.

È inviato al manicomio criminale di Tashkent (in Uzbekistan), dove rimane per otto anni.

Durante la sua permanenza tenta il suicidio due volte, comportamento che, se ce ne fosse bisogno, conferma la vacuità delle sue sbandierate profezie, ma è compatibile con la diagnosi.

Nel 1989 viene disposto il trasferimento di Dzhumagaliev presso una struttura psichiatrica di lunga degenza nel suo paese natio.

Nel valutare tale decisione, motivata ufficialmente da miglioramenti nelle condizioni del paziente, bisogna prendere in debita considerazione i gravi disordini che attraversano la morente Unione Sovietica in quel periodo. In altre parole, è plausibile che la scelta sia stata motivata da questioni di budget piuttosto che da considerazioni mediche.

Quali che siano i reali motivi dietro a questa bizzarra decisione, essa si dimostra immediatamente errata.

Scortato soltanto da un medico e un infermiere, Dzhumagaliev elude la sorveglianza poco dopo l’atterraggio all’aeroporto Manas di Frunze (oggi Bishkek).

Kolya è di nuovo in libertà, ma questa volta le autorità sanno bene con chi hanno a che fare, e sono determinate a fare tutto il necessario per risolvere la questione.

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