Nikolaj Džurmongaliev: omicidi seguenti
Anna è la seconda vittima accertata. La ragazza scompare mentre torna alla propria abitazione dai bagni pubblici, una passeggiata di poche decine di metri. Sgozzata, trascinata in una discarica, stuprata, smembrata, in parte bruciata e in parte sepolta.
Zanna di Metallo ha così giustificato la scelta di quella particolare vittima:
“Era pulita, ordinata e appena lavata. Beh, come potevo fare a meno di ucciderla e mangiarla?”
Voci scarsamente documentate sostengono che in un breve lasso di tempo ci sia stata una seconda sparizione collegata agli stessi bagni pubblici, altre parlano di una donna anziana assassinata tra il 21 e il 22 aprile, infine alcuni attribuiscono a Nikolai almeno un’effrazione con tre vittime.
In ogni caso, i ritrovamenti di resti umani dilaniati nei dintorni di Uzun-Agach si moltiplicano, destando il panico nella popolazione, e le donne del luogo si fanno più prudenti.
Probabilmente è per questo motivo che Nikolai Dzhumagaliev cambia modus operandi.
Il 21 giugno 1979, attorno alle due di notte, irrompe con la forza in un’abitazione, massacrando, mutilando e mangiando – assaggiando, per la precisione - le due donne adulte che trova all’interno.
È probabile che l’azione avvenga senza premeditazione, perché Kolya sembra del tutto ignaro della presenza di una terza persona, Yulia, riuscita a nascondersi alle prime avvisaglie dell’intrusione. Dal suo nascondiglio, la ragazzina osserva impotente il maniaco che si accanisce sulla madre e la nonna, episodio che la segnerà a vita.
I vicini, allertati dalle urla, avvisano tempestivamente le autorità, ma al loro arrivo Nikolai ha già avuto tutto il tempo per ultimare i suoi macabri rituali e dileguarsi nella notte. Secondo i rapporti ha asportato dai cadaveri ampie porzioni dei tessuti molli, in particolare dalle gambe e dall’area genitale.
Riavutasi dallo shock, Yulia racconta che, tra le varie atrocità, l’assassino aveva bevuto il sangue della madre, ma non della nonna. Sfortunatamente, sembra però che non sia stata in grado di fornirne una descrizione.
Anni più tardi, il maniaco spiegherà che l’anziana: “Non aveva un buon sapore. La più giovane era meglio”. L’aveva scoperto assaggiando una striscia di carne presa dal collo, che aveva subito sputato per via della consistenza “gommosa”.
Per la prima volta, però, gli inquirenti rinvengono le impronte digitali dell’omicida, chiaramente impresse nel sangue. L’arretratezza delle tecnologie investigative a disposizione degli investigatori khazaki dell’epoca rende la scoperta inutile per fermare Dzhumagaliev, ma più tardi le impronte consentiranno di collegarlo all’episodio.
Le uccisioni si fanno più serrate. Nel giro di sei giorni, Zanna di Metallo trucida una neomamma con diciotto coltellate, quindi s’improvvisa giustiziere.
“Il 27 giugno 1979, la mia ragazza Tatiana Ya mi disse che una donna di nome Valentina aveva rubato dei suoi effetti personali. Tatiana aveva fatto denuncia alla polizia. Ho rimproverato Tatiana per averlo detto alla polizia e le ho ordinato di condurre la ladra a casa mia quella stessa sera, poi sono andato a bere della vodka con gli amici.
Quando sono rientrato a casa la sera ho trovato una ragazza bella e giovane. Tatiana era via, in compagnia di mia sorella Zoe. Io e la ragazza ci eravamo appena seduti sul letto, quando ci siamo spogliati e abbiamo fatto sesso. E tutto è avvenuto con il suo consenso.
Poi ho pensato che la mia ragazza poteva entrare in qualsiasi momento e chiesi a Valentina di continuare nel fienile. L’ho sollevata dal letto e l’ho portata in braccio nel fienile, che si trova nel cortile.
Nel fienile abbiamo avuto un altro rapporto sessuale, ma non ero soddisfatto. Allora ho sentito il desiderio di strangolarla. Le ho stretto il collo con entrambe le mani e ho cominciato a soffocarla. […] Poi ho preso il coltello e le ho tagliato delicatamente la gola.
Ho succhiato il suo sangue ed ero di nuovo eccitato. Dopo aver avuto un altro orgasmo mi sono reso conto che era già morta. Ho smembrato il suo corpo in corrispondenza delle articolazioni, ho messo la carne buona in un barile, e gli scarti li ho seppelliti in giardino”.
Il primo arresto di Nikolay Dzhumagaliev
Il 21 agosto la vita di Nikolai Dzhumagaliev assume una piega imprevedibile. È a casa, intento a ubriacarsi di vodka in compagnia di amici, si parla di caccia. A un certo punto mostra con orgoglio il fucile a colpo singolo ereditato dal nonno, vantandone la precisione.
Decide di dare una dimostrazione mirando a un piccione appollaiato su un’antenna, ma manca il bersaglio. Ricarica l’arma barcollando, inciampa e spara alla testa di uno degli spettatori, un collega pompiere.
La polizia lo prende in custodia, ma non ha la minima idea di aver messo le manette al maniaco che terrorizzava la regione.
Il 15 novembre 1979 è processato e condannato a quattro anni e mezzo di carcere per omicidio colposo (articolo 93 del codice penale kazako). Tuttavia, il tribunale stabilisce la necessità di un accertamento psichiatrico, del quale si occuperà l’Istituto Serbo di Mosca.
I medici classificano Nikolai come schizofrenico, una diagnosi che gli risparmia il carcere in questa occasione e, presto, gli consentirà anche di evitare la fucilazione.
In meno di un anno, il mostro è nuovamente libero per le strade di Uzun-Agach, dove nel frattempo la milizia aveva continuato a cercare Kolya senza, naturalmente, fare alcun progresso. La condanna non aveva minimamente intaccato la sua reputazione al paese e, nonostante la coincidenza temporale tra il suo ritorno e il riprendere degli omicidi, nessuno collegò i due eventi.
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