Marcel Petiot, la storia del serial killer

Nome Completo: Marcel André Henri Félix Petiot

Soprannome: Dottor Satana, Dottor Morte

Nato il: 17 gennaio 1897

Morto il: 25 maggio 1946

Vittime Accertate: 27

Modus Operandi: nella Parigi in mano ai nazisti attirava ignari "clienti" desiderosi di fuggire all'estero nel suo studio privato, dove li avvelenava o li asfissiava in una sorta di camera a gas: una volta uccisi venivano depredati di ogni avere.

Ultimo aggiornamento del dossier: 21 settembre 2008


Non è facile conoscere una persona della quale si possa dire "ha avuto una vita da romanzo" ma questa frase può essere riferita a molti degli assassini seriali già trattati sulle pagine de LaTelaNera.com.

Spietati killer seriali come Ted Bundy, Richard Kuklinski, Jack Unterweger, Carl Panzram o H.H. Holmes - al di là delle loro vicende violente e malate - per esempio hanno vissuto esistenze ricche di avventure e situazioni molto particolari.

Ma crediamo nessuno possa vantarne una come quella di Marcel Petiot, il serial killer francese - poi accusato di 27 omicidi e sospettato almeno di 63 - diventato noto col soprannome di Dottor Satana a causa del suo modus operandi. Per molti, essa fu arricchita di aneddoti e romanzata dopo la sua cattura, tuttavia alcuni eventi davvero incredibili sono storicamente confermati e dipingono un’esistenza tanto oscura quanto fortunata e movimentata.


Marcel Petiot: nome in codice "Eugène"

Parigi, 1943. La bandiera con la croce uncinata nazista sventolava sull’Arc de Triomphe, lo sbarco in Normandia e la successiva Liberazione della Francia erano ancora lontani dall’arrivare e la capitale parigina era sotto il duro controllo della Gestapo, la Geheime Staatspolizei, Polizia Segreta di Stato che accompagnava le truppe di occupazione tedesche nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

Mentre metà della nazione era controllata dal regime filo-tedesco di Vichy, l’altra metà, compresa la capitale direttamente occupata, aveva una sola vera speranza: i Maquisards, più comunemente chiamati Maquis, coloro che si erano dati alla macchia unendosi alla Resistenza Francese.

Gli attentati contro obiettivi militari tedeschi, la raccolta di informazioni da passare agli Alleati anglo-americani e russi che ancora combattevano la Germania di Hitler, l’assassinio di singoli ufficiali e soldati tedeschi nelle aree occupate erano all’ordine del giorno, tanto che la repressione della Gestapo si fece via via più dura e feroce col passare dei mesi, quando le vittorie Alleate cominciarono ad aumentare e la sicurezza dell’invasore a diminuire.

Allo stesso tempo, la persecuzione nazista degli ebrei divenne sistematica e su vasta scala.

Si creò così una gran massa di persone - partigiani in pericolo oppure ebrei scampati ai campi di sterminio nazisti e anche disertori tedeschi spossati dalle lotte selvagge del fronte orientale contro i Russi - che dovevano vivere in clandestinità dentro una città di molti milioni di abitanti, nella quale persino i parenti potevano divenire delatori e costare la vita.

Fuggire con documenti falsi attraverso i Pirenei per passare nella neutrale Spagna e poi eventualmente in Sud America risultava la soluzione più saggia e sicura. A fianco dei sostenitori della Resistenza, vi era anche una nutrita schiera di opportunisti che, per il giusto prezzo, erano in grado di fornire passaporti contraffatti e ogni genere di lasciapassare.

A questa rete di supporto per i fuggiaschi, ormai fuori controllo, si oppose strenuamente la Gestapo, cercando in ogni modo di infiltrare propri agenti doppiogiochisti per smantellarla dalle fondamenta. Con sommo disappunto dei livelli direttivi della polizia segreta, a lungo gli agenti scomparvero misteriosamente entrando in contatto con un soggetto dal nome in codice di "Eugène".

Sicuri di essere di fronte a un importante elemento dei Maquis, la Gestapo, nella persona dell’agente Robert Jodkum, andò a fondo nell’investigazione e riuscì a individuare la vera identità di Eugène che altri non era se non il dottor Marcel André Henri Petiot Félix, meglio noto solamente come Marcel Petiot, un medico dal burrascoso passato, il genere di uomo che avrebbe potuto darsi al mercato dei documenti falsi, per patriottismo o per interesse.

Subito arrestato, insieme ad altri tre sospettati (Fourrier, Pintard e Nézondet) che lo inchiodarono con confessioni estorte, Petiot dovette trascorrere molti mesi nelle prigioni parigine della Gestapo, dal maggio 1943 al gennaio 1944. Fu torturato per ottenere i nomi degli altri appartenenti alla sua "cellula" della Resistenza francese, ma non rivelò mai nulla. Alla fine, la polizia segreta, impossibilitata a ottenere le informazioni che andava cercando, lo liberò.

Avremmo potuto essere davanti a un vero eroe e grande patriota francese, se Marcel Petiot non fosse stato un efferato serial killer che sfruttava quella copertura partigiana per dare sfogo alle proprie pulsioni.

Questa è la sua storia.


La vita da romanzo di Marcel Petiot: infanzia e adolescenza

Nato nel gennaio 1897 a Auxerre, in Francia, si dimostrò fin da piccolo molto intelligente, pur se incontrollabile e deviante. A cinque anni era in grado di leggere come se ne avesse dieci, ma già aveva la tendenza a isolarsi per "giocare con gli animali", dove il gioco comprendeva abusi e torture di ogni tipo sulle povere bestie.

A otto anni fu scoperto a distribuire fotografie pornografiche ai compagni di scuola, luogo in cui non seppe mai ambientarsi, tanto che a undici anni, rubato il revolver del padre, finì per sparare alcuni colpi di pistola in classe, nel corso di una lezione di storia, il che gli procurò diverse sanzioni disciplinari e il cambio di scuola.

Il 1912 fu un anno tragico per il quindicenne Petiot. La madre morì e il padre che si era trasferito altrove per lavoro, lo confinò da una zia, recidendo i legami genitoriali, anche per mettere a tacere i continui scandali che avevano colpito la famiglia per colpa sua.

Isolato, Petiot riuscì a farsi espellere da scuola, la prima di molte espulsioni da istituti scolastici differenti.

A diciassette anni fece il grande passo verso il comportamento criminale, finendo però davanti al giudice a causa di un curioso attentato a una cassetta postale, con il furto della corrispondenza e il danneggiamento di proprietà dello Stato. Lo stesso tribunale riconobbe che il ragazzo era fortemente disturbato e avrebbe dovuto essere sottoposto a un controllo psichiatrico più approfondito, dopo la sospensione della pena.

Comunque, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914 rese sempre più necessari i giovani, anche i più turbolenti, da mandare al fronte. Così fu che Petiot, dopo un insperato diploma in una scuola speciale di Parigi, venne arruolato nell’esercito francese e spedito sul fronte occidentale nel novembre 1916.


La vita da romanzo del serial killer Petiot: la guerra e il fronte

Contro ogni aspettativa si rivelò un ottimo soldato, capace di incanalare le proprie pulsioni violente contro il nemico, proprio nel periodo più cruento dello scontro franco-tedesco.

Questo idillio durò solamente sei mesi, dopo di che Petiot fu ferito e il ritorno alla vita semi-civile in un ospedale militare nelle retrovie fece riemergere con grande forza le sue stranezze comportamentali, tanto che per la prima volta fu inviato in una clinica psichiatrica per un valutazione approfondita.

In un periodo in cui la guerra non andava bene per la Francia e le malattie mentali erano spesso usate dai soldati per sfuggire alle carneficine delle mitragliatrici e dei gas asfissianti tedeschi, il livello di tolleranza verso i malati mentali era così basso che il giovane Petiot fu considerato abile al servizio e rispedito in prima linea giusto in tempo per assistere alla sconfitta della Germania e al successivo armistizio.

La vita in attesa del congedo definitivo dovette essere insopportabile per quest’uomo turbolento, perché scelse di spararsi un colpo di pistola in un piede pur di farsi congedare.

I suoi precedenti psichiatrici convinsero le autorità a effettuare una nuova perizia su di lui, pur lasciandolo tornare a vestire abiti civili con persino una pensione di inabilità pagata dallo Stato, in attesa di detta perizia.

Quando il suo caso fu riveduto nel 1920, il medico che ebbe sotto mano la sua pratica lo ritenne in via cautelare meritevole di un ricovero in manicomio, non appena fosse stato rintracciato.

E qui vi è il primo colpo di scena clamoroso della vita postbellica di Petiot.
Egli, infatti, si trovava già in un istituto psichiatrico, ma in veste di medico!


Marcel Petiot trova lavoro: professione dottore

Incredibilmente, sfruttando le facilitazioni destinate ai reduci di guerra, Marcel Petiot aveva ottenuto una laurea breve in medicina che lo aveva portato a esercitare la libera professione. Come se il suo passato di insanità fosse totalmente legato al conflitto bellico vissuto, Petiot era riuscito a rifarsi una verginità sociale in maniera strabiliante.

Trasferitosi a Villeneuve-sur-Yonne, a soli venticinque anni, apriva il suo primo studio medico indipendente. Seppe conquistarsi una folta clientela in poco tempo, presentandosi come un giovane dottore più aggiornato dell’attempata concorrenza locale e quindi capace di curare le "malattie moderne" in maniera più efficace.

Testimonianze successive riportano comunque il fatto che il farmacista di Villeneuve-sur-Yonne avesse notato una certa preponderanza di stupefacenti nelle prescrizioni mediche di questo dottore, i quali creavano assuefazione nei pazienti, un modo semplice per tenersi stretta la propria clientela, anche se somigliava parecchio a spaccio legale di droghe.

A ogni modo, la vita tranquilla di Petiot durò poco. Già nel 1926 fu travolto da uno scandalo sessuale e sospettato di omicidio.

Coinvolto in una torbida storia di passione e sesso con la giovane figlia di una sua paziente, Louise Delaveau, fu sul punto di essere arrestato. Poche settimane dopo l’emersione di questo scandalo, la casa della paziente fu rapinata e data alle fiamme, e la figlia in seguito scomparve.

Vi furono indagini sull’accaduto, ma non si procedette ad accuse formali.

Qualche tempo dopo, il corpo in avanzato stato di decomposizione e irriconoscibile di una giovane donna fu ritrovato all’interno di un baule sul fondo di un fiume nei pressi della cittadina in cui esercitava Petiot.

Molti a Villeneuve-sur-Yonne collegarono quel cadavere a Louise Delaveau e alcuni vicini si spinsero a evidenziare che il baule in cui era stato rinvenuto il cadavere della sconosciuta somigliasse in maniera eclatante a un altro che avevano visto caricare in auto dal dottor Petiot qualche tempo addietro.

Avendo la vasta clientela di cui si è parlato prima, il medico seppe giustificare i propri spostamenti, il baule non era tanto originale da essere considerato unico e, quindi, la polizia si ritrovò con un caso di omicidio e uno di scomparsa irrisolti, sebbene ci fossero motivi di sospettare di conoscere per nome tanto la vittima quanto il carnefice.


L'assassino Marcel Petiot: un pazzo furioso o uno scaltro politico?

Uno scandalo sessuale e sospetti di omicidio avrebbero stroncato la carriera di chiunque nella Francia pur frivola degli anni venti del XX secolo. Non tuttavia quella di Marcel Petiot.

E non si limitò a far tacere i pettegolezzi tenendo una vita privata irreprensibile.
No, non rientrava nel suo stile.

Nel 1927, con gli occhi di tutta la cittadinanza ancora puntati addosso, scelse di candidarsi a sindaco di Villeneuve-sur-Yonne e, a dispetto di ogni probabilità, vinse.

Tale vittoria non è da sottovalutare, perché avvenne per un uomo che era stato ufficialmente dichiarato pazzo dalla Commissione di Riforma militare, la quale mai aveva interrotto le procedure di controllo sulle condizioni psichiatriche che avevano portato al suo congedo dall’esercito.

Ora, però, Petiot poteva affrontare quell’accusa di infermità dall’alto del suo scranno di "rispettabile" medico entrato in politica, etichettandola come uno spudorato tentativo dei suoi avversari politici di diffamarlo.

E, in effetti, uno di loro aveva anche testimoniato davanti alla Commissione dichiarando che se pure non fosse stato pazzo, era certo che Petiot avesse simulato per evitare l’arruolamento. Pura e semplice diffamazione, secondo le parole del buon dottore.
Difatti, fu creduto.

Per rinsaldare la sua rispettabilità, quello stesso anno si sposò con la donna che in seguito gli avrebbe dato anche un figlio e che l’avrebbe accompagnato fino agli ultimi giorni della sua vita.

La sua reputazione pubblica come sindaco tuttavia non migliorò neppure dopo il matrimonio.

Nel corso dei quasi sei anni in cui rivestì la carica fu accusato a più riprese di frode, malversazioni, appropriazioni indebite di fondi pubblici e altri reati amministrativi.

In particolare, nel 1930 fu coinvolto in un affare poco chiaro insieme al sindacalista Armand Debauve, la cui casa, nuovamente, fu soggetta a furto con scasso e incendiata.

Anche questa volta vi fu un omicidio, nell’effrazione perse la vita la moglie del sindacalista, uccisa brutalmente con un corpo contundente mai ritrovato.

Vi era un testimone in questo caso, ma pur avendo dichiarato di essere disposto a raccontare in giudizio quanto visto, tre mesi dopo il fatto l’uomo morì a causa di un aneurisma.

È certo singolare che il testimone fosse in cura da Petiot per i propri reumatismi, ricevendo iniezioni di antidolorifici, e che la certificazione della causa di morte fu firmata in piena autonomia dallo stesso dottore sospettato di omicidio.

Nessuno ebbe da obiettare, misteri della burocrazia francese.


Marcel Petiot: il serial killer si trasferisce a Parigi

La condotta di Marcel Petiot come sindaco fu tale che alla fine del 1932 fu costretto ad abbandonare la carica e a trasferirsi a Parigi, dove ricominciò da capo la sua normale trafila di presentazione al pubblico: apertura di un nuovo studio medico, accaparramento della clientela con qualsiasi mezzo, conservazione della stessa nel medesimo modo.

Sulla sua persona si concentrarono sospetti di traffico di stupefacenti e di procurare aborti illegali, ma in linea di massima fu l’evasione fiscale l’unica vera attività criminale che gli fu imputata prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Tuttavia, la sua salute mentale, mai buona, precipitò nel 1936, tanto che la moglie ne richiese il ricovero in un istituto di salute mentale, dove rimase alcuni mesi, fino a un successivo inspiegabile rilascio "per guarigione".

Petiot si barcamenò tra pazienti e nuove denunce fino al 1940, quando l’inizio della guerra, la veloce sconfitta francese e l’occupazione tedesca della Francia gli diedero insperate possibilità di guadagno.


La guerra (mondiale) favorisce i pazzi (come Petiot)

Come abbiamo visto, la preoccupazione principale della Gestapo era contrastare la Resistenza, mentre i reati comuni erano di competenza delle autorità di polizia francesi che erano comunque sotto il controllo degli occupanti tedeschi. La repressione della criminalità comune, quando si era nel bel mezzo di una guerra interna e di una esterna, non risultava in definitiva così importante.

Ci si poteva arricchire con il mercato nero di qualsiasi merce scarseggiasse nei rifornimenti ufficiali, come pure con gli stupefacenti.

In modo simile a quanto già accaduto nella sua esperienza in provincia, Petiot fu accusato di farne commercio illecito nascondendosi dietro la sua attività di medico. Niente di nuovo, si potrebbe dire, se non fosse che proprio in questo periodo emersero i primi indizi su morti sospette tra i suoi pazienti, a causa di un’eccessiva somministrazione di morfina.

Nuovamente, i testimoni dei fatti non poterono parlare in giudizio perché giunsero in maniera prematura al termine della loro vita o scomparvero nel nulla.

Negli anni dell’occupazione tedesca, Marcel Petiot fu effettivamente un sostenitore della Resistenza, vi sono prove che spiò nel corso della propria attività di medico più sedi della Gestapo per segnalare i collaborazionisti e gli infiltrati, ma fu attivo principalmente, come già scritto, nell’ambito della falsificazione di documenti e degli espatri clandestini.

Seguendo la normale logica, si dovrebbe pensare che, in una nazione occupata, fossero coloro costretti alla clandestinità e alla fuga a ricercare i soggetti capaci di fornire quanto necessario per l’espatrio. La logica di Petiot era invece più complessa, adatta più a un imprenditore rampante che a un falsario.

Creò infatti una rete di procacciatori di affari, gli stessi personaggi poco raccomandabili che sarebbero stati arrestati in seguito dalla Gestapo insieme a lui, i quali contattavano direttamente i possibili clienti, ricercandoli con molta insistenza nelle categorie più interessate, come i perseguitati ebrei, i Maquis scoperti, i disertori e i criminali comuni che non disdegnavano affatto cambiare aria.

La sola condizione posta dagli assistenti di Petiot era che i richiedenti fossero in grado di pagare 25.000 franchi per il servizio, cifra davvero considerevole all’epoca.

Questa elevata barriera d’entrata scremava molto la clientela che si rivolgeva al dottore per i suoi servigi meno legali, facendo arrivare solamente persone che disponevano di liquidità o comunque beni preziosi sufficienti per potersi permettere il passaggio fino in Sud America.

Tanto più che, essendo in procinto di lasciarsi alle spalle il passato in vista di una nuova vita altrove, coloro che varcavano la porta dello studio medico sito al 21 di Rue le Sueur in Parigi, portavano con sé anche tutte le restanti ricchezze mobili in loro possesso.

Prede facili e danarose, una perfetta combinazione per un uomo dalla mente deviata come Petiot.


La fortuna volta le spalle a Petiot, per un momento

Agli inizi del 1944, troviamo un Marcel Petiot libero e apparentemente sollevato da qualunque accusa della Gestapo. Nessuno ha da ridire sull’andirivieni continuo di gente sconosciuta presso il suo studio e ogni cosa sembra rientrata nella sfacciata fortuna che aveva caratterizzato la vita di quest’uomo fino a quel momento.

Tuttavia il 6 marzo 1944, anche la Dea Bendata dovette ritenere che la misura fosse colma, perché alcuni vicini, infastiditi dai fumi nocivi provenienti dalla proprietà del dottore in Rue le Sueur, decisero di contattarlo per mettere fine a quell’invadenza insopportabile.

Il palazzo di tre piani posseduto da Petiot comprendeva anche un giardino privato e vasti locali sotterranei. Quando i vicini provarono a suonare allo studio, si accorsero del cartello appeso alla porta in cui il medico avvisava la clientela della sua assenza per un mese, causa un ritorno nella natia Auxerre. Ciò insospettì ancor più i vicini, dato che il fumo nei giorni successivi non accennò a diminuire.
Esasperati, si rivolsero ai Vigili del Fuoco parigini.

Questi ultimi, di fronte a ciò che con tutta evidenza non era un incendio, ma che avrebbe anche potuto trasformarsi in tale, nell’impossibilità di penetrare legalmente in una proprietà privata, avvertirono la polizia francese.

Due agenti arrivarono sul luogo e saputo che il dottore aveva anche una residenza parigina poco distante, decisero di telefonargli. Petiot, che non era ad Auxerre, comunicò che sarebbe giunto al più presto e di non accedere assolutamente alla proprietà se non in sua presenza.

Il suo "presto" si prolungò oltre il ragionevole secondo i poliziotti che decisero di forzare la porta principale e penetrare nel palazzo. Ciò che trovarono, secondo testimonianze dell’epoca, costrinse un’agente a uscire dal palazzo per vomitare.

Nei sotterranei fu rinvenuto un forno che funzionava a pieno regime, la causa del fumo molesto, forse acceso da due senzatetto che vi dormivano abusivamente e che poi morirono a causa delle esalazioni.

Sull’apertura dello stesso forno, penzolava un braccio umano per metà bruciato, vi erano ossa umane mischiate al carbone, resti di corpi all’interno dell’autorimessa e nel sottoscala che dal giardino portava alla casa, si scoprirono sacchi contenenti altri cadaveri decapitati o parzialmente smembrati.

Era molto più di quanto polizia e vicini si fossero mai immaginati di rinvenire là dentro.

Poco dopo l’irruzione, si vide scendere in bicicletta per rue le Seur un serafico Marcel Petiot che fu immediatamente fermato dalle forze di polizia. Chiunque altro sarebbe stato schiacciato dalle prove di molteplici omicidi perpetrati nel proprio studio, non questo camaleontico medico venuto dalla provincia.

Una volta assicuratosi che i poliziotti fossero francesi, raccontò loro di far parte della Resistenza e che i cadaveri ritrovati nella sua proprietà appartenevano ad agenti infiltrati della Gestapo, fatto parzialmente vero, e che doveva immediatamente avvisare gli altri membri della sua rete di informatori e collaboratori, pena la distruzione di un’attività di assoluta importanza in vista della futura rivincita francese contro i tedeschi.

Gli agenti, per nulla sprovveduti, attuarono i controlli del caso, scoprendo che Petiot era stato prigioniero della Gestapo per molti mesi, a sostegno delle sue parole.

Quando in seguito la Polizia Segreta tedesca venne a conoscenza dei fatti e diramò un ordine di cattura immediato per Petiot, i poliziotti francesi credettero di avere avuto conferma piena dell’autenticità della storia raccontata dal medico.

Come era venuto, Petiot poté andarsene in bicicletta per avvisare i presunti partigiani a lui legati, con la promessa che sarebbe tornato subito.

La polizia avrebbe potuto rimettergli le mani addosso solo sette mesi dopo.


Il serial killer Marcel Petiot: i dettagli del modus operandi

Dopo la rocambolesca fuga, le autorità di polizia francesi non tardarono a riconoscere di essersi fatte ingannare in maniera davvero grossolana.

Nello stabile di rue le Sueur furono contati 27 cadaveri, in diverso stato di decomposizione ed eliminazione, dei quali la massima parte apparteneva a cittadini francesi, di cui molti di origine ebrea e per nulla collegati alla Gestapo o all’occupante tedesco.

Si riuscì anche a ricostruire il modus operandi di Petiot.

Gli sfortunati che cadevano nella sua rete venivano condotti allo studio di rue le Sueur con la scusa di ricevere la documentazione falsa per l’espatrio. Una volta giunti là, il dottore comunicava che, per poter intraprendere il viaggio in piena sicurezza, era necessario sottoporsi a vaccinazioni varie. Per nulla insospettite, le future vittime acconsentivano a farsi somministrare qualunque cosa quel gentile e premuroso dottore aveva in serbo per loro. La polizia ritenne che si trattasse di cianuro.

Dalle testimonianze dei complici, si seppe che i cadaveri venivano derubati di ogni loro avere, vestiti compresi, e inizialmente gettati nella Senna. Con l’aumentare del numero delle vittime, si passò poi a utilizzare anche grandi recipienti pieni di acido e, infine, si dovette constatare la necessità di un sistema più efficiente e "in scala industriale" per gestire i "clienti".

Nel palazzo di Petiot fu perciò rinvenuta una vera e propria camera a gas in miniatura, in cui le vittime venivano fatte accomodare in attesa della vaccinazione e dove avrebbero incontrato la morte.

Sulla porta della stessa camera era presente una feritoia a scomparsa che permetteva al dottore di assistere all’agonia dei malcapitati, una prova che oltre al chiaro interesse economico, egli avesse anche una morbosità patologica tale da portarlo a omicidi seriali.

Ciò è tanto più vero se si pensa al fatto che nello studio medico furono rinvenute centinaia di feticci e ricordi delle vittime, da valigie perfettamente impilate contro le pareti a vestiti, gioielli personali, cappelli e capelli... Immagini tristemente note da quanto fu scoperto anche nei campi di concentramento nazisti.


L'assassino Petiot: inseguimento e cattura

La latitanza di Marcel Petiot fu facilitata dai grandi stravolgimenti storici che avvennero in Francia nel 1944.

Dopo lo sbarco in Normandia degli Alleati anglo-americani in giugno, la vera guerra si era riaccesa anche sul suolo francese, proprio nelle vicinanze di Parigi. La polizia, in effetti, aveva altro a cui pensare, oltre alla cattura di questo serial killer in camice bianco.

Forse avrebbe anche potuto scamparla, se il suo caso non fosse stato affidato al trentatreenne commissario Georges-Victor Massu che alla sua giovane età aveva già all’attivo oltre tremila casi risolti.

Massu capì subito che Petiot doveva essere ancora nell’area parigina, sotto falso nome, forse sfruttando le stesse coperture partigiane che andava millantando dal principio.

Comunque, con certezza, il commissario non avrebbe mai pensato di rintracciarlo il 31 ottobre 1944 con indosso divisa e galloni da vero Capitano delle Forces Francaises de l’Interieur, le forze francesi dell’interno che, dopo la liberazione di Parigi dall’occupazione tedesca nell’agosto 1944, mantenevano l’ordine pubblico in Francia.

In pratica Petiot comandava una delle unità incaricate della sua cattura.

E per non smentire la propria reputazione, nella perquisizione personale seguita alla cattura furono scoperti su di lui quasi 40.000 franchi, un vero tesoro a quel tempo, e documenti falsi intestati a sei nomi differenti.


Il serial killer Petiot: processo, condanna e morte

Finalmente in mano alla polizia, con accuse e prove a carico di tutto rispetto, Petiot dovette attendere in carcere il 1946 prima che il suo processo cominciasse. Fu accusato di 27 omicidi, ma ebbe la sfrontatezza di affermare di aver ucciso almeno 63 persone tra il 1940 e il giorno della sua cattura.

Non deve però sembrare l’esagerazione irrazionale di una mente malata, perché al contrario fu una precisa linea difensiva. Petiot si dichiarò vero patriota, affermando che le persone da lui uccise erano solamente tedeschi o collaborazionisti. Mantenne questa posizione per la durata dell’intero processo.

Tuttavia fu impossibile per lui farla franca, dopo che il collegio giudicante richiese una ricostruzione dei fatti direttamente sul luogo del crimine. La polizia non provvide a bloccare la folla che si era radunata davanti lo studio medico e chiunque poté entrarvi e vedere con i propri occhi gli strumenti di morte utilizzati e l’orrore vissuto dalle vittime. La pressione dell’opinione pubblica e della stampa per una condanna definitiva crebbe a dismisura.

In verità, la camera di consiglio per la condanna a morte di Marcel Petiot fu una della più brevi della storia giudiziaria francese, risolvendosi in pochi minuti.

Il fatto che in pendenza di giudizio il giudice incaricato fosse stato sentito in privato definire Petiot "un demone", chiaro segno di pregiudizio, non bastò alla Corte d’Appello per riformare la decisione di primo grado.

Il 25 maggio 1946, alla prigione di La Santé a Parigi, Marcel Petiot fece quindi conoscenza con la lama della ghigliottina.

Alcune guardie presenti dichiararono che la sua testa finita nel cesto dei condannanti sorridesse ancora dopo la morte.


Fonti:
John Grombach, The Great Liquidator (Doubleday, 1980)
Thomas Maeder, The Unspeakable Crimes of Dr. Petiot (Little, Brown and Co., 1980)
RonaldSeth, Petiot: Victim of Chance (Hutchinson, 1963)
https://www.artezia.net/sk/marcel_petiot/marcel_petiot.htm
https://www.lesfaitsdivers.com/portrait/petiot-docteur-satan-capitaine-valery/3194/

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