Gianfranco Stevanin: la confessione
Stevanin dal canto suo non chiede mai perdono né si mostra pentito per quello che è successo. Salendo sul banco dei testimoni si dice "amareggiato" e aggiunge: "Non mi so spiegare perché di certi fatti, erano tutte persone con le quali c'era un certo sentimento. Farei di tutto per farle tornare in vita. (...) Mi considero discretamente bene, sono una brava persona che ha solo bisogno di cure".
I parenti delle vittime rimangono allibiti quando sentono dire da quel ragazzo rasato e tranquillo: "Io non ho ucciso le mie donne, erano loro che morivano".
Parla delle "sue" donne con tranquillità: "Mi piaceva quella ragazza. Una straniera, credo fosse una prostituta. Una sera le proposi di venire da me. Ricordo che durante il rapporto le tenevo un braccio stretto al collo. Ogni tanto la stringevo. È stato solo quando abbiamo finito che mi sono accorto che lei non si muoveva più. Era morta".
E parlando di un'altra dice: "Non so chi fosse e che nome avesse. Facemmo l'amore piegati su un fianco, io le misi le mani intorno al collo e lei morì. Lasciai lì il corpo un paio di giorni, poi presi un taglierino da balsa, tagliai una gamba in due pezzi, poi l'altra, poi le braccia. Le ho tagliato anche la testa, l'ho rasata e non ricordo se ho fatto dei pezzi anche del tronco".
Prosegue raccontando di una terza: "Quella sera al casolare la feci spogliare, le legai le mani dietro la schiena e la feci mettere a faccia in giù. Poi tirai la corda dalle mani fino intorno al collo. Le infilai un sacchetto di nylon sulla testa, per provare un piacere più intenso. Quando finimmo di fare l'amore mi accorsi che era morta. Presi il cadavere, lo piegai in due, lo misi in un telo cerato azzurro e poi lo seppellii. Bruciai gli abiti e la borsetta".
Gianfranco Stevanin: la sentenza e la detenzione
Il 28 gennaio 1998 Stevanin viene condannato all'ergastolo.
Il ragazzo commenta soltanto: “Non mi hanno capito”.
La storia però non finisce qui, come si potrebbe pensare. Nel 1999 la Corte d'Assise d'Appello di Venezia dichiara Gianfranco Stevanin non punibile per i reati di omicidio perché “incapace di intendere e di volere”.
Così la condanna di ergastolo sfuma e si trasforma in dieci anni e sei mesi di reclusione.
I parenti delle vittime insorgono e così pure l'opinione pubblica. Cresce anche la paura per un assassino seriale che presto potrebbe uscire dal carcere.
Ma i colpi di scena continuano.
Nel 2000 il PG Augusto Nepi richiede una nuova perizia psichiatra e inizia il processo d'appello parte seconda. Passano sei mesi e la prima sessione della corte di cassazione di Roma annulla la sentenza della corte di Venezia per “illogica motivazione”.
Ora la sentenza è di nuovo ergastolo.
Nel 2002 la Suprema Corte chiude la vicenda confermando la pena.
Stevanin è attualmente in carcere.
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