Walter Bilancia, alias Arsenio Lupin.
I primi guai di Bilancia con la legge arrivano a sedici anni: ruba le Alfa Romeo Giulietta Super per impossessarsi delle autoradio e rivendersele. Viene scoperto e arrestato; poiché è ancora minorenne, viene rinchiuso per il periodo estivo in un istituto di rieducazione. L’incontro con altri giovani delinquenti non fa altro che indirizzarlo ancor di più verso il crimine.
Due anni dopo, infatti, finisce in galera. Un maldestro tentativo di furto in una chiesa si conclude con l’arresto del suo complice, che fa il suo nome e lo fa arrestare. Anche in questo caso, però, l’esperienza carceraria si rivela per lui soltanto fonte di nuove e cattive amicizie.
Dopo questo primo episodio, comincia un lungo periodo fatto di colpi andati male, arresti, condanne e rilasci. Bilancia pare non riuscire a stare lontano dalle prigioni: addirittura, sconta due anni e mezzo di reclusione anche in Francia.
Il salto di qualità da semplice topo d’appartamento a vero e proprio professionista del furto avviene nel 1984, grazie a un incontro casuale con un esperto ladro. L’uomo diventa in breve tempo il suo maestro e gli insegna tutti i trucchi del mestiere.
Nella carriera criminale di Bilancia si registra dunque un “salto di qualità”: i numerosi colpi che mette a segno all’estero gli fruttano una disponibilità economica così vasta da sembrare inesauribile, nonostante le considerevoli somme perse al gioco. I debiti contratti coi gestori delle bische sono poco più che fastidi: basta rubare un po’ di più e tutto si risolve. Falsi amici prendono a frequentarlo unicamente per interesse; qualcuno addirittura dice: «Basta che gli vai dietro, a quello lì, raccogli quello che perde dalle tasche e diventi ricco.»
Negli anni successivi è vittima di tre disgrazie: il suicidio del fratello, nel 1987, un grave incidente, da cui esce più morto che vivo, e il fallimento del negozio che aveva comprato. Reagisce nell’unico modo che conosce: ruba, gioca e va a letto con ragazze a pagamento. La sua vita, si può dire, si condensa in queste sole attività, ma per lui va bene così, anche se a volte ha l’impressione di non aver combinato niente di buono e di non aver costruito nulla dal punto di vista affettivo.
«Andava tutto bene» dirà. «Fino al giorno del tradimento del mio amico fraterno Maurizio. L’ennesimo, e il più inaspettato.»
Il tradimento.
Bilancia, come egli stesso ammetterà, ha sempre avuto la tendenza a ricompensare i favori ricevuti in maniera spropositata: dà tre in cambio di uno, e chiunque gli dimostri un minimo di simpatia e di considerazione diventa per lui un “amico fraterno”. Vittorino Andreoli parlerà a tal proposito di un’enorme svalutazione del sé, che deve essere poi compensata con gesti di generosità altrettanto enorme.
Ovviamente, la scoperta dell’errata valutazione delle persone che gli gravitano attorno giunge inesorabile, a volte dopo pochi giorni, a volte invece dopo anni. A ogni “tradimento”, però, Bilancia chiude un capitolo e ne apre un altro, comprando nuove amicizie che non sa conquistarsi, regalando e offrendo, animato dal desiderio dirompente di sentirsi accettato e di uscire dalla solitudine che ogni sera lo attende al ritorno a casa.
Maurizio Parenti è stato l’amico più fidato, quello su cui non ha mai avuto dubbi, quello da cui non si sarebbe mai aspettato di essere pugnalato alle spalle.
Almeno fino alla sera in cui capisce d’essere stato usato di nuovo.
Siamo all’inizio dell’estate del 1997. Bilancia sta giocando a dadi, quando a un tratto Maurizio lo raggiunge al tavolo e gli chiede il favore di accompagnarlo alla bisca in cui lavora come buttafuori. Bilancia molla tutto e lo segue. Giunto nella bisca, constata che lì si gioca forte, proprio come piace a lui, e decide allora di provare qualche mano. Vince parecchi soldi. Le volte successive in cui ci torna, però, perde molto di più, quasi cinquecento milioni di lire in quattro sedute. La cosa non lo preoccupa eccessivamente: in questo periodo gli passano per le mani cifre da capogiro, svariati miliardi. Il raggiro emerge poche sere dopo, quando, in bagno, sente Maurizio dire a Giorgio Centenaro, il proprietario della casa da gioco: «Hai visto in che modo sono riuscito ad agganciarlo e a portarlo qui da noi?»
Per Bilancia è un colpo durissimo. Torna a casa e passa la notte a piangere, si sente “il più scemo del mondo”.
Nonostante cerchi nei giorni seguenti di cancellare l’episodio come già ha fatto mille altre volte, il tradimento di Maurizio lo tormenta, diventa un’idea fissa che lo induce a continui e fallimentari bilanci della propria vita. Incontrando Parenti e Centenaro, che continuano a trattarlo come un amicone, sente l’odio aumentare incontrollato, e il desiderio di ucciderli si sedimenta poco alla volta nella sua mente.
Per la prima volta nella sua vita, Bilancia sente il bisogno di reagire.
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