Arthur Shawcross (pagina 8)

Colpevole!
Quando il processo entra nel vivo, la dottoressa Lewis scopre che il neurochirurgo incaricato di esaminare Shawcross non l’ha fatto: si è limitato a dirsi d’accordo con lei sull’opportunità di condurre altri accertamenti, senza però eseguirli. Viene allora presentata una richiesta di rinvio, che il giudice ignora. «Avrei dovuto tornarmene a casa» dichiarerà in seguito la Lewis, la quale tuttavia decide di restare e andare avanti. È il suo secondo errore.
A confronto con l’esperto dell’accusa, Park Dietz, appare confusa e disorganizzata. Dietz convince la giuria del fatto che Shawcross sia un manipolatore e un bugiardo. Non c’è nessuna dissociazione della personalità.
Intanto, come ha fatto durante tutto il processo, Shawcross siede al tavolo degli imputati in apparente stato di catatonia, sembra in trance, incapace di comprendere ciò che gli sta intorno. È ancora uno dei suoi ultimi tentativi: lontano dagli sguardi dei giurati è invece molto loquace e addirittura capace di scherzare.
Dopo cinque settimane di testimonianze e dimostrazioni in aula, la giuria giunge al verdetto. Arthur Shawcross è perfettamente sano e colpevole dell’omicidio di dieci persone. Il giudice lo condanna a 250 anni di carcere.

L’intervista.
La fama di cannibale che si è costruito coi suoi dubbi racconti induce la reporter inglese Katherine English a intervistarlo per il documentario “Cannibal: The real Hannibal Lecter”. Shawcross si lancia in orribili rivisitazioni dei suoi crimini, rivelando macabri particolari, come l’aver ingerito i genitali del piccolo Jake Blake. Nel corso del colloquio, in ogni caso, si prende continuamente gioco della giornalista: le dice di non essere disposto a parlare di certe cose con una donna, e però le racconta di come abbia mangiato la carne di una prostituta in Vietnam.
«Che sapore aveva?» gli domanda lei.
«Quando è stata l’ultima che hai assaggiato della buona carne di maiale arrosto?» le risponde. «Perché l’hai mangiata?»
«Non ne ho idea», con un sorriso.
«Avevi fame?»
«No.»
Quando parlano delle prostitute, lui ripete: «Signora, è difficile parlarne.» (Non era stato però difficile farlo coi terapisti che dovevano dimostrare la sua infermità mentale.) Alla fine, accenna all’essersi cibato di parti di vagina.
«Avevano un significato simbolico?»
«Credevo di stare uccidendo mia madre, capisce, quelle cose che mangiavo... pensavo fosse mia madre.»
Ma tutte le persone che hanno avuto a che fare con lui dubitano che abbia mai assaggiato davvero carne umana.
Sono in molti a crederlo: Arthur Shawcross non è mai stato un cannibale.

Curiosità.
Il 19 settembre del 1999, le autorità carcerarie di New York hanno condannato Shawcross a due anni di isolamento, dopo aver scoperto che spediva, in cambio di vestiti e scarpe, i suoi disegni a dei venditori che li mettevano all’asta su Internet.
«Non possiamo tollerare che i prigionieri intraprendano attività commerciali mentre sono in custodia sfruttando la notorietà creata dai loro crimini», queste le parole di un ufficiale della Commissione carceri.

Copie di un suo disegno sono comunque in vendita sul sito Supernaught.com

Vista le revoca della possibilità di disegnare, ha poi cominciato con lo scrivere ricette. Famosi i suoi “biscotti coi lombrichi”.
Egli stesso ritiene che molte delle pietanze che suggerisce non otterranno il consenso dei lettori.
Personalmente, voglio credere abbia ragione.

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