Il processo.
Di fronte alla corte, seguendo il consiglio del suo avvocato, Shawcross si dichiara innocente e chiede l’infermità mentale. Il suo sarà uno dei più controversi processi del recente passato, terreno di scontro per interminabili dispute tra psichiatri.
Viene esaminato da Dorothy Lewis, del Bellevue Hospital di New York. Durante i loro incontri, la dottoressa lo sottopone più volte a ipnosi, facendolo regredire fino ai primi anni di vita. Shawcross assume altre personalità, fra cui anche quelle di Ariemes e di sua madre, in una scena che ricorda in maniera bizzarra il film “Psycho”. Quest’ultima però rigetta ogni accusa di violenza e lo denuncia.
Tutte le persone che lo hanno conosciuto e hanno fatto parte della sua infanzia e adolescenza vengono interrogate. La sorella dichiara di non aver mai avuto rapporti di sesso orale con lui e tutti sono concordi nel dichiarare che non aveva mai bagnato il letto e che non aveva mai mostrato crudeltà verso gli animali. La storia delle violenze sessuali subite dalla zia Tina diventa dubbia quando sua madre dichiara di non avere una sorella che si chiami in quel modo.
I reduci dal Vietnam del suo battaglione non lo ricordano e rivelano che erano stati assegnati a una zona molto tranquilla, dove non si combatteva affatto.
Sembra che tutti i terribili racconti di Shawcross siano delle pure invenzioni.
Contattato dal capo del collegio d’accusa, Robert Ressler accetta di analizzare i suoi resoconti. In breve tempo li giudica fasulli: «Shawcross sta menando la Lewis per il naso.»
Al termine delle perizie, anche lo psichiatra Richard Krauss dichiara l’uomo sociopatico, sano e non affetto da PTSD (Disturbo da Stress Post Traumatico). Shawcross, dice, tende a recitare drammatiche storie che cambiano a ogni racconto, a seconda di chi sia l’interlocutore e di cosa probabilmente questi vorrebbe sentirsi dire, e, in particolare, gli episodi di cannibalismo compaiono nei suoi resoconti solo dopo che molte persone l’hanno già intervistato. Il dottor Krauss, tuttavia, non verrà mai chiamato a testimoniare.
La difesa però continua a sostenere la tesi dell’infermità mentale. Il suo avvocato definisce Shawcross: “emozionalmente instabile, lento e disadatto nei processi di apprendimento, geneticamente condannato, biochimicamente in forte disordine, psicologicamente alienato e sofferente delle conseguenze di forti traumi subiti durante l’infanzia.”
Gli elementi su cui fa più affidamento sono due patologie di difficile interpretazione.
La prima arma della difesa è un’alterazione genetica. Shawcross presenta un’eccessiva quantità di “urine kryptopyrrole” nelle urine, come conseguenza di un cromosoma Y di troppo (XYY). Questa anomalia viene ritenuta, creando un precedente nella giurisprudenza dello stato di New York, causa di un “parziale senso di disorientamento e di una progressiva perdita di ambizioni, di potenza sessuale e di senso di adattabilità sociale”.
Il secondo particolare su cui poggia la linea difensiva è il riscontro da parte della dottoressa Lewis dell’esistenza di una piccola cisti benigna in un lobo temporale.
«Il cervello è un organo sensibile» afferma la psichiatra. «La più piccola ferita, o tumore, o cisti, può, in certe circostanze, causarne un’anormale attività elettrica.»
A suo parere, l’irregolare tracciato encefalico della regione temporale è stato un motivo dei comportamenti “animaleschi” dell’imputato. Shawcross si trovava in uno stato di fuga mentale, al momento degli omicidi: ipotizza un caso di personalità multipla.
In seguito, John Douglas osserverà come tale teoria nasconda numerose pecche. Innanzitutto, a distanza di mesi Shawcross era stato in grado di raccontare nei dettagli gli omicidi commessi e inoltre aveva assunto delle iniziative per non essere scoperto. È poi documentato come gli unici rari casi di personalità multipla si manifestino nella prima infanzia, addirittura nella fase preorale.
Quando si parla di personalità multipla per gli adulti, stranamente, è sempre riguardo a individui processati per omicidio.
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