Albert De Salvo, la storia del serial killer

Nome Completo: Albert Henry De Salvo

Soprannome: Lo Strangolatore di Boston

Nato il: 3 settembre 1931

Morto il: 25 novembre 1973

Vittime Accertate: 11 ufficiali (più 2 non riconosciute)

Modus operandi: Violenza con percosse, soffocamento, pugnalate, stupri effettuati con oggetti e non.

Ultimo aggiornamento del dossier: 20 settembre 2008


Lo Strangolatore di Boston: partiamo dalle cifre.
11 vittime in 4 anni più 2 non attribuite al presunto assassino.
Di queste 11, l’età di 6 fra queste oscillavano fra i 55 e i 75 anni, mentre le altre 5 andavano dai 19 ai 29 anni.
Dopo il quinto omicidio lo strangolatore sparisce per 3 mesi.
Dal sesto omicidio il suo Modus Operandi muta radicalmente e per ben 2 volte.

La polizia, trovandosi nel buio più totale si affida a 2 medium per scovare il mostro.
I sospettati sono 3: il colpevole è uno.
Risultato: a 42 anni dall’uccisione della prima vittima e 37 dall’assassinio in carcere del sedicente pluriomicida, Albert Henry De Salvo, il caso dello "Strangolatore di Boston" è ancora una storia aperta.

A ragione di ciò è preferibile partire prima dai fatti sanguinosi, succedutisi dal giugno 1962 al gennaio 1964 e che poi hanno portato alla cattura di De Salvo, sulla cui colpevolezza dubitavano (e dubitano ancora oggi) sia gli inquirenti che i parenti delle vittime.


Lo Strangolatore di Boston: i fatti

La catena impressionante di omicidi commessi nella zona di Boston, tra il 1962 e il 1964 spinge le forze della polizia locale, ad attribuire i tredici omicidi a un solo individuo. La tesi è avvalorata dal fatto che lo “Strangolatore di Boston” non sceglie le sue vittime in maniera arbitraria essendo queste:

- donne sole (separate, vedove o semplicemente sole al momento dell’aggressione)

- la scena del crimine presenta sempre dei particolari molto simili (gli omicidi avvengono in casa, senza che né porte né finestre presentino segni di effrazione).

- il modus operandi è sempre lo stesso (fatta eccezione per due omicidi): le donne vengono strangolate e violentate. Lo stupro viene eseguito inizialmente con oggetti ma dal sesto in poi avviene in maniera naturale con presenza di secrezioni.

L’unico aspetto che appare di difficile interpretazione è che l’età delle vittime risulta molto oscillante.


Lo Strangolatore di Boston: il primo omicidio

La prima vittima accertata dello Strangolatore di Boston è Anna E. Slesers, un’attraente divorziata, emigrata negli anni Cinquanta dalla Lettonia, assieme ai suoi figli.

Giunta in America, la Slesers si stabilisce nel quartiere di Back Bay (una zona costruita ad hoc, per la povera gente e per studenti), un sobborgo di Boston, in Gainsborough Street, dove vive con i 60$ che ricava dalla sua professione di sarta.

La sera del 14 giugno 1962 Anna, dopo aver cenato, decide di andare a fare un bagno distensivo, in attesa che il figlio Juris arrivi per accompagnarla alla messa lettone, celebrata nella chiesa del quartiere. Juris, arriva prima delle 19 e inizia a bussare alla porta ma la donna non risponde.

Il giovane pensa che la madre abbia avuto un malore o che abbia commesso qualche gesto spropositato. Senza pensarci due volte sfonda la porta ed entra nel piccolo appartamento. Giunto nel bagno la prima cosa che vede è il corpo della madre, che giace nuda, distesa sulla schiena con la corda dell’accappatoio legata in gola. Il primo pensiero del figlio è che la madre si sia suicidata.

Giunta sul posto la polizia, viene scoperto qualcos’altro. Anna E. Slesers non si è suicidata ma è stata violentata e, in seguito, strangolata. L’accappatoio è stato spostato, lasciando nudi gli organi genitali, mentre la testa è rivolta verso la porta. La vagina risulta fortemente lacerata, ciò significa che lo stupro è stato effettuato con un oggetto.

L’appartamento è completamente messo sottosopra, ma si tratta di una simulazione di furto, mal riuscita, al fine di depistare le indagini. Infatti l’orologio d’oro e i gioielli di Anna sono rimasti intatti.

Nonostante tutto questo, la polizia archivia il caso con "furto con scasso" riuscito male. Secondo la descrizione dei fatti, il ladro penetrato in casa, accortosi della presenza della donna ha perso la ragione e dopo averla stuprata, l’ha strangolata.


Lo Strangolatore di Boston: altri omicidi del 1962

Il 30 giugno del 1962, due settimane dopo l’omicidio della Slesers, lo Strangolatore uccide due donne, Helen Blake e Nina Nichols. Come è stato appurato dal medico legale durante l’esamina del corpo della Blake, quest’ultima risulta ad essere stata uccisa per prima.

Helen Blake, 65 anni, divorziata, vive nel sobborgo di Lynn. La mattina del 30 giugno viene raggiunta in casa dall’assassino e, successivamente, strangolata con un cappio rudimentale, ricavato dalle sue mutandine e dal suo reggiseno.

Il corpo della Blake viene trovato nella sua camera da letto, con la faccia in giù. L’ano e la vagina sono stati lacerati brutalmente, ma non vi sono tracce di sperma. Questa volta però il furto c’è stato. L’assassino ha infatti portato via due anelli di diamanti e ha cercato di forzare con un piede di porco una cassaforte. Il medico legale constata che la vittima è deceduta alle 10 del mattino.

Poi è la volta di Nina Nichols, 68 anni, fisioterapista in pensione, vedova.
L’unico uomo con cui, aveva un rapporto era il cognato. Lo scenario del crimine è molto simile ai precedenti. Violenza sessuale seguita da strangolamento (questa volta avvenuto con una calza di nylon). La Nichols si trova nel salotto con la vestaglia di seta alzata fino alla vita.

Questa volta lo stupro è avvenuto con maggiore brutalità in quanto la vagina è sanguinante. Come nel precedente omicidio, la casa è stata lasciata nel caos più totale, ma l’argenteria e i preziosi sono intatti. La Nichols, afferma il medico legale, è morta alle 17:00. Cinque ore dopo la Blake.

Giunti così a tre vittime, il questore Edmund Mcnamara decide di correre ai ripari, diramando un comunicato d’emergenza, per invitare le donne di Boston a chiudersi bene in casa, sigillando porte e finestre. Non vi sono più dubbi: la polizia di Boston ha a che fare con uno spietato serial killer.

Data la modalità degli omicidi e l’età delle vittime, l’FBI, stila un profilo provvisorio dell’omicida. Il soggetto viene identificato come un malato mentale con forti risentimenti verso la figura materna.

Il 12 agosto 1962 è la volta di Jane Sullivan, 70 anni, di professione balia. Il corpo viene trovato dieci giorni dopo, il 22 agosto, in avanzato stato di decomposizione.

Il cadavere è rivenuto nel bagno della sua abitazione, nel sobborgo di Dorchester, ma l’aggressione è avvenuta a più riprese. Infatti vengono rinvenute tracce di sangue sui pavimenti della cucina, della camera da letto e del salotto. Date le condizioni del cadavere, risulta difficile stabilire se ci sia stata o no violenza sessuale. Per il resto l’abitazione non presenta tentativi di scasso o di furto.

Il 19 agosto 1962 è la volta di Ida Irga, una vedova molto timida e riservata. Il corpo viene ritrovato due giorni dopo, il 21 agosto nella sua abitazione, nello stesso sobborgo dove abitava Jane Sullivan. Il cadavere giace nel soggiorno. Il volto è tumefatto, con tracce di sangue rappreso.

La vittima, al momento dell’omicidio, indossava una camicia da notte marrone, lacerata durante lo stupro. Sotto il corpo viene rinvenuto un cuscino, servito probabilmente all’aggressore per tenere sollevata la donna durante la violenza, mentre le gambe, sono allargate e legate a delle sedie, sollevate di una ventina di centimetri dal pavimento. Attorno al collo viene trovata legata una fodera di un guanciale, ma gli inquirenti sospettano che la vittima sia stata strangolata manualmente. Come nei tre precedenti omicidi, non vi sono tracce di scasso o di furto.

Dopo il ritrovamento del corpo della Sullivan la città intera versa in uno stato di panico, ma il mostro decide di placarsi e per tre mesi regna il silenzio.

Lo Strangolatore ritorna all’opera il 5 dicembre 1962. Questa volta il target della vittima è molto diverso. Si tratta di Sophie Clark, un’attraente afroamericana studentessa presso il Carnegie Institute of Medical Technology.

La Clark abita insieme ai suoi amici, in un appartamento di Back Bay (nello stesso sobborgo dove l’assassino ha colpito per la prima volta). Il suo cadavere, rinvenuto dai suoi compagni di stanza, viene trovato con le gambe allargate. La morte è avvenuta per strangolamento, mediante una calza di nylon.
Ma questa volta c’è un indizio importante.

La vittima è stata violentata in maniera "naturale", in quanto gli inquirenti trovano delle tracce di sperma sul tappeto.

Ma non è finita. La vicina della vittima, Marcella Lulka, riferì ai detective che verso le ore 14:00 del 19 agosto, il giorno dell’omicidio, si era presentato nel suo appartamento, un individuo, che, a suo dire, asseriva di essere stato mandato dal proprietario dell'immobile per imbiancare le pareti. Essendo stata oggetto di ripetute avanches, la Lulka aveva allontanato energicamente l’individuo, intimandogli di andarsene minacciando di chiamare il marito, presente in casa. L’uomo allora si allontana, asserendo di aver sbagliato appartamento.

Grazie alla testimonianza della donna, ora lo Stangolatore, o il presunto tale, ha un volto e un’identità. Si tratta di un uomo fra i venticinque e trent’anni, di altezza media e biondo scuro.

Il 31 dicembre 1962, sempre nel sobborgo di Back Bay viene ritrovato il cadavere di Patricia Bissette, una segretaria di ventitrè anni. A fare la macabra scoperta è il suo superiore il quale, preoccupato per l’assenza della ragazza dal posto di lavoro, si reca a casa sua.

La Bissette è stata violentemente sodomizzata, (sono presenti numerose lacerazioni nell’ano) ed è stata strangolata. Al suo collo vengono trovate numerose calze di nylon legate fra di loro. La casa, come da copione, è stata messa sottosopra.


Lo Strangolatore di Boston: gli omicidi del 1963

Dopo un paio di mesi lo Strangolatore torna a colpire. Si tratta di Mary Brown, 68 anni, il cui corpo viene trovato nella sua casa, a Lawrence, a circa trenta chilometri da Boston. È stata stuprata, picchiata selvaggiamente e strangolata.

Mercoledì 8 maggio 1963 viene ritrovato il cadavere di Beverly Samans, la vittima più maltrattata.

La ragazza, una studentessa di ventitre anni, viene ritrovata esanime da un suo amico, stesa su di un divano con le gambe allargate e le mani legate dietro la schiena, ma non è stata violentata. In bocca ha degli stracci messi dall’assassino per non farla urlare. Infatti la Samans era una studentessa di canto lirico, attività questa che gli aveva sviluppato vistosamente i muscoli del collo, rendendo difficile lo strangolamento da parte del mostro.

Tuttavia viene accertato che il motivo del decesso non è stato dovuto allo strangolamento (le calze annodate al collo avevano solo un valore ‘rappresentativo’), ma in seguito alle coltellate inferte. Ne vengono contate ventidue, diciotto delle quali solo sul seno sinistro, le quali hanno procurato uno squarcio molto profondo, a forma di occhio di bue. Il coltello insanguinato viene ritrovato in un lavandino.

In particolare c’è una cosa che viene compresa dagli inquirenti, dedotta proprio dall’osservazione dei particolari di questo caso: il misterioso serial killer ha cambiato nuovamente Modus Operandi. Ma questo dato rende ancora più sconfortati i detective, che in preda alla disperazione, contattano un sedicente E.S.P, Paul Gordon, di professione pubblicitario.

Questi riesce a dare un nome all’omicida, controllando fra le schede dei pregiudicati con precedenti di molestie sessuali. Si tratta di Arnold Wallace, ventisei anni, estremamente pericoloso e da tempo ricoverato nel reparto psichiatrico dell’ospedale statale di Boston.

Per una curiosa coincidenza, si scopre che Wallace, ha tentato circa cinque o sei evasioni dall’ospedale, esattamente in corrispondenti con le date omicidi. Lo stesso E.S.P, Gordon, una volta recatosi da Wallace, afferma senza mezzi termini che è lui lo "Strangolatore di Boston".

Il presunto omicida risulta più coriaceo del previsto, avendo un quoziente intellettivo di 60.
Non riesce infatti a distinguere la realtà dalla fantasia e ciò lo scagiona, facendo crollare la teoria del medium.

Intanto il vero assassino continua indisturbato la sua strage.
L’8 settembre 1963 viene ritrovato a Salem il corpo di Evelyn Corbin, 58 anni, divorziata. Il cadavere giace sul suo letto, nudo con la faccia rivolta in giù. Il mostro è tornato al suo vecchio stile: l’ha strangolata con delle calze di nylon. In bocca ha dello sperma, in più l’assassino si è divertito, per prendere in giro le forze dell’ordine, a cerchiare col rossetto, le sue secrezioni. L’appartamento è nel caos, ma come all’inizio, niente furto.

Il 25 novembre 1963 è la volta di Joann Graff, ventitrè anni, disegnatrice industriale, molto religiosa.

In realtà, come affermeranno gli inquirenti, la morte risale a tre giorni prima, 22 novembre, data dell’assassinio del presidente John F. Kennedy a Dallas. Ha sul collo due calze attorcigliate, la vagina è lacerata e sui seni ci sono tracce di morsi molto profondi.
Fortunatamente c’è un testimone. Un inquilino del palazzo racconta agli inquirenti, di aver visto, il giorno dell’omicidio, un giovane sui ventisei anni, con i capelli impomatati e i pantaloni verdi. Aveva chiesto dove viveva la Graff.


Lo Strangolatore di Boston: felice anno nuovo

Il 4 gennaio 1964, due studentesse trovano il cadavere di una loro compagna, Mary Sullivan di soli diciannove anni. Le condizioni in cui è stato abbandonato il corpo sono a dir poco grottesche. Questa volta il mostro s’è voluto divertire.

La ragazza è stata strangolata, fin qui è stato seguito il normale copione delle altre vittime. Ha sul collo quello che oramai è divenuto, il marchio di fabbrica (la firma) dello Strangolatore: due calze di nylon legate fra di loro, fino a creare una coccarda bianca e rossa. Sulla pianta dei piedi gli è stato appiccicato un adesivo, con su scritto "Happy New Year".

Il cadavere è disposto in posizione seduta sul letto, mentre la testa è appoggiata al muro. Dalla bocca cola dello sperma, ma l’aspetto più orribile di tutta la faccenda è che il mostro le ha ficcato dentro la vagina un manico di scopa, per circa quindici centimetri.

In seguito a questo brutale omicidio i giornali locali si scagliano contro l’inettitudine della polizia.


Lo Strangolatore di Boston: nasce lo Strangler Bureau

Il 17 gennaio 1964, il coordinamento delle indagini passa al Procuratore Generale del Massachussets, Edward Brooke, unico procuratore afroamericano di tutti gli Stati Uniti. È un uomo molto coraggioso, essendo anche di posizioni repubblicane in un paese governato da una salda maggioranza democratica.

Con lo stesso coraggio fonda un nuovo corpo investigativo, la Special Division of Crime Research and Detection, poi ribattezzato "Strangler Bureau", di cui fanno parte alcuni dei migliori membri della polizia di Boston. Al vertice della squadra vi sono: Edward Brooke (Procuratore Generale del Massachussets) e John S. Bottomly (Vice Procuratore Generale).

Oltre a numerosi agenti della polizia locale, la squadra può contare anche sulla competenza di validi elementi quali: Phillip DiNatale (detective), James Mellon (agente speciale), Stephen Delaney (agente), Donald Kenefick (ufficiale medico della polizia e, in quanto tale, coordinatore del Comitato Consultivo Medico – Psichiatrico, un’equipe composta dai migliori esperti di medicina forense).

Dallo studio delle trentasettemila pagine dei rapporti, raccolti durante gli undici omicidi, gli esperti della squadra pervengono a una prima valutazione: non può trattarsi di un solo omicida, in quanto il target delle vittime è troppo eterogeneo, quindi l’assassino deve essere più di uno.
Gli omicidi in cui il modus operandi risulta differente, sono quindi da attribuire a un mitomane.

In seguito, il dottor, Kenefick redige un profilo dettagliato dell’omicida: si tratta di un uomo sui trent’anni, celibe, molto preciso. Ha una grande dimestichezza con la manualità, quindi è probabile che svolga un lavoro, o coltivi con particolare passione, un hobby, dove questa caratteristica è preminente.
Non coltiva rapporti umani, non ha un amico.
In conclusione è completamente solo.


Lo Strangolatore di Boston: ancora un medium

Nonostante questo profilo, attendibile e scientificamente rigoroso, la polizia, messa alle corde dalla stampa e dalla rabbia dei cittadini, si affida ancora una volta a un ESP. Si tratta dell’olandese Peter Hurkos (all’anagrafe Pieter van der Hurk).

Nato a Dordrecht, in Olanda nel 1911, Hurkos fu membro della resistenza contro i Nazisti e subì la prigionia nel campo di concentramento di Buchenwald. Con l’aiuto dell’uomo d’affari Henry Belk e del parapsicologo Andrija Puharich, Hurkos divenne un popolare intrattenitore televisivo, grazie alle sue presunte facoltà medianiche.

Tuttavia non fu molto d’aiuto per il caso dello "Strangolatore di Boston", in quanto i suoi "poteri" lo portano a identificare un commesso di scarpe (ex ricoverato mentale) dotato di un alibi inoppugnabile. Non sarà certo la prima volta in cui le visioni di Hurkos risulteranno errate, come nel caso di Charles Manson e di Charles Norman Collins.

Proprio nel momento in cui tutte le certezze sembrano ormai crollate, a qualcuno della polizia viene in mente un collegamento fra gli undici omicidi e alcuni strani episodi di molestie sessuali avvenuti qualche anno prima nella cittadina di Cambridge.


Albert De Salvo: la vita

Intorno alla metà degli anni Cinquanta, un giovane di ventisei anni che si spacciava per procacciatore di modelle, era solito recarsi in case, abitate da donne sole. Con la scusa del dover prendere le misure, cominciava a palpare la sfortunata per poi darsi alla fuga. Dopo numerose denunce il maniaco vene arrestato.
Il suo nome è Albert Henry De Salvo.

Nato il 3 settembre del 1931, a Chelsea nel Massachussets, Albert non vive certo un’infanzia tranquilla e senza e problemi. Sua madre è affettuosa e piena di attenzioni, mentre il padre è violento e manesco.

L'uomo, Frank DeSalvo, finisce in galera due volte per maltrattamenti e il giovanissimo Albert ne ha paura e lo odia. Il padre, alcolizzato cronico, era spesso assente da casa senza dare spiegazioni e a volte quando tornava si presentava in compagnia di prostitute, per poi picchiare pesantemente la moglie di fronte ai figli spaventati e impotenti. Addirittura una volta Albert vide suo padre spaccare i denti alla madre con pugni e poi spezzarle le dita delle mani una alla volta.

Non passa molto prima che nel ragazzo si inizia a manifestare una sorta di alter ego malvagio, che lo porta a commettere, inizialmente, piccoli furti e risse.

Del resto il padre gli aveva insegnato a rubare già a cinque anni e la sua infanzia era stata rovinata anche da un'ulteriore esperienza traumatica: l'essere stato venduto insieme alle sorelle come "schiavo" a dei coltivatori del Maine e obbligato a lavorare nei campi per ore e ore subendo poi ogni genere di abuso una volta tornato alla fattoria.

Nel 1943, a 12 anni, finisce in riformatorio a causa dei suoi ripetuti crimini minori. Lì finisce con l'imparare e subire ogni tipo di perversione sessuale e di comportamento criminale.

Finalmente nel 1944 la moglie si separa da lui: dopo la separazione dei genitori Albert va a vivere con la madre.

Nel 1948 De Salvo si trova in Germania come soldato e qui conosce Irmgard Beck, una donna molto bella e benestante. Dall’unione nasce la prima figlia, Judy, alla quale viene però riscontrata una malformazione alla zona pelvica. In seguito a questo evento, la Beck non avrà più rapporti sessuali col marito (sessualmente molto attivo) per un lunghissimo periodo.

Dotato di un buon fisico, Albert DeSalvo vince il campionato europeo di pugilato dei pesi medi per conto dell'esercito americano mentre ancora si trova in germania. Nel 1955 torna negli States e viene congedato a causa di una incriminazione per un reato di natura sessuale: molestie a una bambina di nove anni.

Per quattro anni, dal 1956 al 1960, De Salvo viene ripetutamente arrestato per intrusioni e chi lo conosce, stenta a credere che quell’uomo, gran lavoratore, padre amorevole e marito esemplare, possa aver avuto a che fare con la legge.

DeSalvo vagava per le città fingendo di essere alla ricerca di nuove modelle. Quando trovava una bella donna che credeva alle sue parole, lo faceva entrare in casa e gli dava corda, Albert cominciava a "prendere le misure" e a toccarla anche in posti intimi.

Molte donne lo denunciano alla polizia, molte non fanno assolutamente nulla per timore di ritorsioni. La polizia? Considera le sue azioni come "minori" e non dà seguito alle indagini.

Nel marzo 1960, viene arrestato per rapina e confessa inoltre di essere un molestatore sessuale. Successivamente accusato di aggressione, condotta indecente e tentato furto con scasso, viene condannato a 2 anni di reclusione: dopo soli 11 mesi di carcere ottiene però la libertà sulla parola.

C’è un elemento molto importante da tenere in considerazione parlando del profilo di De Salvo: è un bugiardo cronico e un millantatore, uno che esagera sempre i fatti che lo riguardano per apparire come "il migliore". Questo aspetto giocherà un ruolo fondamentale sui fatti immediatamente successivi al suo arresto.


Albert DeSalvo: l’arresto

La testimonianza di una donna aggredita nel novembre del 1964 porta all’identificazione del cosiddetto "Uomo delle misure". Posta dinnanzi all’identikit di De Salvo, la donna lo riconosce.
Gli inquirenti ipotizzano che l’ignoto molestatore di donne e l’altrettanto ignoto Strangolatore, siano la stessa persona: Albert De Salvo.

Posto in stato di fermo, l’uomo ammette di aver effettuato circa (e qui torniamo alle cifre):
- 400 irruzioni
- di aver molestato 300 donne e di averne stuprate 3
- di essersi spostato in 4 stati diversi

Questi dati, tenuta presente la vena millantatoria di De Salvo, vengono accettati col beneficio del dubbio. Nonostante ciò, l’individuo viene rinchiuso nel piccolo carcere di Bridgewater.

Ma sta per succedere qualcos’altro e di molto grave.
De Salvo afferma agli inquirenti di essere lo Strangolatore che stanno cercando da anni.


Albert De Salvo: la confessione

Avvisato il suo avvocato, F. Lee Bailey, questi allerta subito la moglie di DeSalvo circa la posizione del marito. Alle undici vittime accertate Albert ne aggiunge altre due: Mary Brown di Lawrence e Mary Mullen, quest’ultima morta d’infarto prima che il suo aggressore potesse infierire su di lei.

La moglie non crede a questa confessione, in quanto ritiene che suo marito voglia sfruttare la propaganda pubblicitaria per ricavare un ottimo utile per il bene della famiglia.

Il 6 marzo 1965 Albert DeSalvo inizia a registrare, con totale indifferenza, la sua confessione, in presenza del suo avvocato. In sette mesi (le registrazioni si concludono il 29 settembre 1965) vengono raccolte cinquanta ore di nastro e trascritte duemila pagine di rapporto.

Il presunto assassino ricorda perfettamente tutti i dettagli, compresi quelli più insignificanti, come il fatto che Sophie Clarck era mestruata il giorno dell’omicidio, l’arredamento, i colori delle stanze e addirittura la marca e la quantità delle sigarette fumate dalla vittima.

Come prova del nove, gli inquirenti prendono un’impermeabile, appartenuto ad una delle vittime e lo mettono insieme ad altri. Chiamato ad identificarlo, De Salvo lo riconosce immediatamente.


Albert DeSalvo: dubbi e perplessità

Finalmente il mostro è stato preso e la polizia può tirare un sospiro di sollievo, ma non tutti sono del medesimo avviso. La moglie e le figlie, il suo datore di lavoro e gli amici (fra i quali anche degli agenti di polizia divenuti suoi amici dopo averlo arrestato per intrusione) negarono a priori qualsiasi coinvolgimento di De Salvo nella vicenda dello Strangolatore.

In più vi erano anche delle realtà inoppugnabili, di cui non si poteva non tenere conto.
Proseguendo per ordine:

- Nessuno dei testimoni oculari riconosce in De Salvo, le fattezze dell’assassino (né in foto né dal vivo), e tra questi testimoni c’è anche Marcella Lulka (vicina di casa di Sophie Clark, la sesta vittima).

- Sul luogo del delitto erano stati repertati dei mozziconi di sigaretta. Ma Albert DeSalvo non fumava.

- Molti dei testimoni, chiamati in carcere per il riconoscimento del presunto pluriomicida, rimangono impressionati più dal suo compagno di cella e amico, George Nassar, che non da De Salvo stesso. Pur non costituendo un indizio probatorio è questo, comunque, un aspetto molto sinistro.

- Casey Sherman, nipote di Mary Sullivan, l’ultima vittima, asserisce che alcuni particolari riportati nella confessione registrata non corrispondono a verità. Fra questi, il più inquietante, legato all’ultimo omicidio, è il manico di scopa, ficcato per quindici centimetri nella vagina. Proprio questo macroscopico particolare, viene del tutto omesso nella deposizione di De Salvo, il quale afferma di aver solo stuprato la donna.

Ci sono comunque in nastri e le numerose pagine di verbale. Come spiegare quella lunghissima confessione, minuziosa sin nel minimo dettaglio? Anche questo punto può essere contestato.

Le perizie psichiatriche effettuate su De Salvo hanno confermato che il soggetto era dotato di una straordinaria memoria visiva e questo spiega, senza ombra di dubbio, come sia riuscito a memorizzare determinati dettagli.

Ma dove sono stati desunti questi dati, se DeSalvo in quelle case non c’era mai stato? Anche a questo punto possono essere mosse delle obiezioni.

Come si è accennato in precedenza, il caso dello Strangolatore ha goduto di un largo battage mediatico: giornali che pubblicano le foto delle vittime, medici che inscenano delle fasulle conferenze stampa, durante le quali vengono rilasciate informazioni riservate. In più bisogna ricordare che De Salvo ha avuto una lunga carriera come topo d’appartamenti e, con molte probabilità, si sarà trovato ad entrare nelle stesse case dove poi si sono verificati gli omicidi.

Se a questo si unisce la sua grande memoria fotografica e la sua metodica tendenza alla bugia, non ci sono molte prove che lo possano inchiodare.

A chiosa di tutto ciò non bisogna dimenticare che gli omicidi seriali difficilmente mutano il loro Modus Operandi (nel caso dello Strangolatore il M.O. cambia per ben due volte) e poi vi è l’incompatibilità fra le vittime.

I serial killer non colpiscono "a macchia", ma si concentrano su di un preciso target di persone e su quello concentrano tutta la loro maniacale attenzione. In questo caso specifico l’età delle donne presentava una margine di oscillazione particolarmente ampio, dai diciannove anni di Mary Sullivan ai settant’anni di Jane Sullivan.

Alla luce quanto detto, i sostenitori dell’innocenza, giunsero ad affermare che De Salvo era un semplice maniaco sessuale e che la sua unica "vittima" fosse accertata fosse Mary Mullen, ironia della sorte, morta d’infarto, probabilmente per lo spavento.


Albert De Salvo: il processo all'assassino

Il processo allo "Strangolatore di Boston" inizia il 10 gennaio 1967. Allo Stato poco importava che De Salvo fosse o meno il colpevole, l’importante era solo assicurare un criminale alla giustizia.

Non dello stesso avviso era il tribunale, il quale tendeva a considerare l’imputato un semplice stupratore seriale, ma non un mostro pluriomicida.

Lo scopo della difesa si risolse nel curioso compito di dover far incriminare Albert De Salvo per omicidio plurimo. In questo modo la difesa avrebbe chiamato in causa l’infermità mentale, in modo tale da far scontare a De Salvo la pena in un manicomio, anziché in un penitenziario.

Per mancanza di prove l’imputato venne condannato all’ergastolo.


Albert DeSalvo: la morte del serial killer

Recluso nella Walpole State Prison, Albert DeSalvo viene accoltellato a morte il 25 Novembre del 1973, mentre si trovava in infermeria. Qualche giorno prima aveva avuto un colloquio telefonico col dottor Ames Robey, sostenitore della sua innocenza.

Durante quella telefonata De Salvo era apparso terrorizzato da qualcosa o da qualcuno. Probabilmente, ipotizzò lo psichiatra, De Salvo voleva rivelare il vero nome dello "Strangolatore di Boston".


Albert De Salvo: la nuova verità

Dopo quasi trent’anni, tra l’ottobre del 2000 e il dicembre del 2001, sotto richiesta delle famiglie De Salvo e di Sullivan, vengono riesumati i cadaveri di Albert e Mary, per essere sottoposti a nuove perizie compresa quella del DNA, che all’epoca dei fatti non era stata ancora introdotta.

Dopo aver comparato sessantotto campioni di capelli e sperma è emersa una totale incompatibilità fra i corpi.
De Salvo era innocente.
Il dottor Starrs, il coordinatore dell’equipe medica che ha condotto le nuove perizie ha così concluso:
“Se fossi un membro della giuria, assolverei l'imputato a occhi chiusi.”

Della medesima idea sono i Sullivan.
Lo stato del Massachussets ha escluso, nonostante i nuovi dati che scagionano pienamente De Salvo, una nuova riapertura del processo contro lo Strangolatore che a quanto pare, non verrà mai più preso.

Clicca per leggere la newsletter ABISSO

Capitoli: 1

Dossier scritto da:
Alessandro Nespoli

La copertina del libro Il sogno del buio (Storie dal NeroPremio)
ABISSO è la newsletter di La Tela Nera
La copertina del libro Per chi è la notte (Storie dal NeroPremio)
La storia del serial killer Andrei Chikatilo

La storia del serial killer Robert Berdella

La storia della serial killer Leonarda Cianciulli

La storia del serial killer Jeffrey Dahmer

La storia del serial killer Ted Bundy

La storia del serial killer Charles Manson

La storia del serial killer Albert Fish

La storia del serial killer Ed Gein

La storia del serial killer Aileen Wuornos

La storia del serial killer Richard Ramirez
La copertina del libro Figlio del tuono (Storie dal NeroPremio)

Disclaimer e Diritti | Recapiti e Contatti | Questo sito usa i cookie: consulta le nostre privacy policy e cookie policy