Come scrivere un romanzo horror: Tecniche in Nero (Lezione 5)

Parte V del corso di Giuliano Fiocco per imparare a scrivere storie horror…

Bene, siamo arrivati ad un buon punto. Nelle nostre chiaccherate precedenti abbiamo trattato di vari argomenti, tutti egualmente interessanti (e voglio trovare chi dice il contrario).
Adesso, dopo tanto blaterare, è venuto il momento di scrivere.
Come dite? Che non avevate mai smesso? Bene, anzi, ottimo. Dunque, adesso vi trovate in quella felice fase della vostra vita in cui vi sembra quasi di toccare il cielo con un dito. Avete riportato, sulla carta, quel coacervo di meravigliose idee e di illuminate folgorazioni di prosa che vi frullavano birichine per la testa, e il risultato è all’altezza delle vostre più rosee aspettativa. Qualcosa di simile a un orgasmo vi porta a ripetere mille volte la strada tra il salotto e il computer, tenendo tra le mani quelle "sudate carte", rileggendo con avidità quello che VOI avete scritto. Fantastico, ottimo. Di una chiarezza che non ha eguali. In cuor vostro, dite la verità, vedete già le folle che adoranti proclamano a piena voce la nascita di un nuovo genio letterario. Del resto, anche questo in cuor vostro lo sapete, a qualcuno quello che avete scritto non piacerà. Si sa, la madre degli incompetenti è sempre incinta, e non tutti possono avere il vostro prezioso bagaglio di esperienza e di gusto letterario. In fin dei conti si tratta sempre di una minoranza, non è vero? Bene, dopo averci dormito sopra UNA notte, giusto per non dare l'impressione di fare le cose di fretta e in maniera approssimativa, lo rileggete. Oddio, è vero, c’è da ritoccare una frasetta lì, un avverbio di troppo da togliere, una "d" eufonica scivolata dalla tastiera al testo senza che ve ne siate accorti, ma il risultato non cambia: ciò che avete scritto è indiscutibilmente buono.
Adesso, avete due possibilità, anzi, tre:

Prima possibilità: mettere in un cassetto la vostra opera, conservandola gelosamente solo per voi, come antiquari o collezionisti che si crogiolano nel loro museo privato, godendo dell’unicità del privilegio della fruizione delle opere in loro possesso più che dell’opera in se. Un gioiello in cassaforte da tenere per i momenti di depressione, quando vi sembra che nel mondo non si riesca più a scrivere un racconto/romanzo decente, giusto per mantenere in voi viva la consapevolezza che per l’arte non tutto è perduto, fintanto che Voi esistete;

Seconda possibilità: fidandovi del vostro illuminato giudizio, inviare l’Opera a uno/qualche/tutti gli editori presenti sul mercato. Privilegiando, ovviamente, i più grossi: come potrebbe, che ne so, una Mondadori o un’Einaudi lasciarsi sfuggire la vostra opera, senza sentirsi in dovere poi di licenziare l’intero staff di lettori/editor presenti? Se poi, per caso, il vostro racconto horror dovesse finire nelle mani sbagliate, come a esempio il lettore o la redazione di una casa editrice specializzata in ricette di cucina, poco importa. Se un testo è valido, quale motivo dovrebbe avere tale casa editrice per non cambiare genere?

Terza possibilità: dando prova di assennatezza, trovarvi un lettore esterno che possa darvi un giudizio, prima di proseguire ulteriormente.

Allora, nel primo caso siamo al cospetto dello scrittore timido. Chi scrive, a meno che non intenda farsi un diario a futura memoria, solitamente lo fa per raccontare una storia. Una storia che lui, anche se in maniera inconsapevole, già conosce. È tutta lì, nella sua testa. Attende solo che le sinapsi facciano il loro dovere, collegando parola dopo parola in un costrutto che abbia un significato. Ha significato raccontarsi una storia? Probabilmente, a livello psicoanalitico, vi è un senso. A livello letterario, nessuno. Un capolavoro che giace nel cassetto o nella cassaforte (vedi Salinger) al massimo rappresenta una polizza stipulata a favore degli eredi.

Nel secondo caso, abbiamo a che fare con uno scrittore alle prime armi. Non ancora avvezzo ai rifiuti delle case editrici o, ancora peggio, ai loro silenzi. Probabilmente non ascolterà alcun consiglio, soprattutto se sensato. L’unica cosa da farsi, in questo caso, è aspettare che il tempo faccia il suo corso. Parecchie porte sbattute in faccia fanno male, ma servono. C’è poi sempre la possibilità che, per un caso fortuito e che rappresenta la famosa eccezione che conferma la regola, il manoscritto capiti nelle mani giuste al momento giusto. Del resto, anche al Superenalotto la fortuna bacia qualcuno ogni settimana…

Vediamo ora la terza ipotesi: dopo l’ennesima rilettura, e non avendo trovato neppure un virgola da cambiare in quel magico prodotto della vostra penna, cercate qualcuno di esterno che, dopo attenta lettura, possa darvi il proprio spassionato giudizio. Di solito, per ragioni contingenti, questo qualcuno è rappresentato da un familiare, abituato o meno alle vostre pretese artistiche, e che, nella maggior parte dei casi e a meno che non siate dotati di uno spiccato masochismo, vi vuole bene. Ciò lo porterà, inevitabilmente, a darvi un giudizio che nella migliore delle ipotesi sarà solo parzialmente di parte. Dite la verità: pensate davvero che la vostra mamma, abituata alle soap opera nazionali o alle riviste di moda, possa sinceramente pensare e dirvi "Che bello, che bravo che sei" con pertinenza di giudizio dopo avere letto il vostro ultimo racconto che parla di demoni sguscianti dalla pancia in un tripudio di viscere e sangue, senza essere prevenuta? Di solito, dopo avervi detto ciò, si chiuderà in salotto con vostro padre e tenterà di capire, con calma e rassegnazione, dove può aver sbagliato nella sua opera educatrice, e probabilmente si consolerà dicendo "Almeno non si droga". Volete fare questo alla vostra mamma? No? Allora, non vi resta che trovare un lettore esterno "vero". Qualcuno che, per comunanza di gusti e di sensibilità "artistica" possa darvi un giudizio il più possibile razionale, non risparmiandovi le critiche.

Adesso siete fortunati: se state leggendo queste righe, sapete che in Internet ci sono persone che hanno come comune sentire il vostro, e che vi possono aiutare nell’opera di revisione del vostro testo. Sicuramente poi avrete degli amici che leggono horror: fate leggere loro le vostre fatiche letterarie, e ascoltate i consigli. Ascoltate, che non vuol dire accettate: l’ultimo referente del vostro testo siete sempre voi, e nulla di ciò che vi può essere detto deve farvi dimenticare questo. Se poi avete la fortuna di abitare in una città presso la quale si tiene qualche corso di scrittura creativa, non perdetelo. A mio avviso, questi corsi non vi insegneranno mai a scrivere, se non siete portati: sono però ottimi per vedere l’effetto che può fare sulla "gente" il vostro prodotto letterario. Scrivete horror, comunque, tenetelo bene in mente: sarà più facile incontrare facce schifate che folle adoranti, sia ben chiaro. L’horror è un genere che ha uno zoccolo duro di estimatori, ma che viene visto con sospetto dalla maggior parte della gente. È un po’ come la pornografia: fa leva su impulsi oscuri, che la società tenta di esorcizzare, e contiene in sé un binomio di attrazione e ripulsa, che infastidisce e che "spaventa".
A ogni modo, probabilmente il giudizio che riceverete da questo/i lettore/i sarà, nel suo significato ultimo, qualcosa di riassumibile in un "Bello, ma…".
Ragazzi, in quel ma c’è la verità. Sta a voi interpretarlo e sviscerarne il significato recondito. Il vostro testo è buono, deve esserlo se almeno a voi è piaciuto e vi siete presi la briga di farlo valutare a qualcun altro, però c’è quel ma…
Il testo è buono, ma potrebbe essere meglio.
Potrebbe essere più leggibile.
Potrebbe essere più originale, personale.
Potrebbe essere un sacco di cose che invece non è.
Urge rivederlo. Urge una revisione. Ora, per diretta esperienza, capisco che la parola per la maggior parte di voi sembri quasi una bestemmia. Non c’è nulla di più pesante e poco attraente come intraprendere la revisione di un testo. Rivedere significo spesso riscrivere. Riscrivere non a caso, ma perché si è effettuata un’analisi critica di ciò che si è scritto. Se partiamo dal presupposto che ciò che scriviamo, per una legittima pulsione di autorgoglio indotto, ci sembra sempre, e sottolineo il sempre, buono, si capisce come la revisione rappresenti un lavoro che vediamo con il fumo agli occhi.

Ci sono molti modi di procedere alla revisione di un testo.
Bisogna intanto cercare di prendere coscienza di cosa c’è che non va, e dei margini di miglioramento. È in questo caso che il nostro "lettore esterno" ci sarà d’aiuto. Intanto, proprio perché esterno, vedrà nel nostro testo qualcosa che noi neanche ci sogniamo. Qualche volta questo ci farà imbestialire: ci sembrava di essere stati così chiari, nella nostra esposizione, che il fatto che ciò che a noi appare così lampante non sia universalmente condiviso sembra rappresentare una sconfitta per il genere umano tutto. Altre volte, invece, la diversa interpretazione del nostro testo farà nascere in noi quel barlume creativo che, dopo un duro lavoro, darà al nostro testo il sapore letterario che sempre avevamo cercato di ottenere. In entrambi i casi, abbiamo la necessità di prendere le distanze dal nostro lavoro, in modo da poterlo vedere con occhi "disincantati".
Il processo che vi porterà a iniziare la revisione sarà, in ogni caso, un processo lungo e "doloroso", ma coerentemente organico con ciò che voi stessi avete intenzione di dire. Fumosa, come frase, non è vero? La rivedo, tanto per restare in tema: è solo ed esclusivamente vostro, ciò che mettete sulla carta; il resto, sono solo parole.
Qualche volta servono, qualche volta no: l’importante, credetemi, è rimanere umili, e accettare il fatto che spesso gli altri non hanno più ragione di voi, ma ne hanno in modo diverso.

La prossima volta affronteremo "in profondità" e con esempi pratici l’affascinante e spaventoso mondo della revisione.
Nell’attesa, SCRIVETE!

Tecniche in Nero
Copyright © 2003 by Giuliano Fiocco

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta sulle pagine del sito Horror.it, ed è stato riprodotto qui col consenso dell'autore.

Articolo scritto da:
Giuliano Fiocco

Come scrivere un romanzo horror: Tecniche in Nero (Lezione 5)
Articolo pubblicato il 01/01/2004


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