Come scrivere un romanzo horror: Tecniche in Nero (Lezione 4) |
Parte IV del corso di Giuliano Fiocco per imparare a scrivere storie horror…
"Hanno assassinato della gente, qui",
disse. Allora, cari ragazzi e ragazze, benvenuti alla nuova puntata di Tecniche in nero. Abbiamo appena letto assieme un brano del racconto Il Proibito di Clive Barker, tratto dalla raccolta Libro di sangue 2 edito dalla Bompiani per la collana "I Grandi tascabili", scritto utilizzando la modalità della terza persona singolare "attiva", in cui il narratore partecipa attivamente alla storia, e dunque tutto la consequenzialità degli avvenimenti è vista dal lettore avendo come prospettiva quella del narratore, e questa rappresenta sia il pregio che il limite di questa modalità narrativa. Il pregio perché permette di mantenere la suspense a livelli elevati, lasciando alloscuro di alcuni elementi il lettore, mentre ne rappresenta il limite proprio perché al di fuori della visuale del protagonista nulla si può sapere. Lutilizzo della terza persona "attiva" garantisce inoltre un certo distacco tra la voce narrante e lautore, che può evitare di "commentare" facendo sentire la propria voce fatti e persone, lasciandone il compito alle valutazioni soggettive del narratore. Ma perché utilizzare la terza persona singolare quando si potrebbe utilizzare la prima? La ragione è semplice: la prima persona singolare implica fin dallinizio che il protagonista arriverà vivo alla fine della storia, e nel nostro genere non è propriamente il tipo di vantaggio "conoscitivo" che vogliamo lasciare al lettore, non trovate? Del resto, il racconto preso ad esempio, che parla dellincontro funesto tra Helen, una giovane ricercatrice universitaria a caccia di materiale per la propria tesi "Graffiti, la semiotica della disperazione urbana", e Candyman, "luomo dei dolci", lincarnazione del "mostro" delle leggende urbane, si concluderà con un rogo, e lodore della carne bruciata che si spanderà nellaire non sarà davvero quello di Candyman... Esiste poi la terza persona singolare "onnisciente", che mette in gioco un narratore che conosce tutto e che sa tutto. Questa modalità narrativa è lunica che permette di entrare nella mente dei protagonisti, e di conoscere tutto di loro. E una modalità narrativa che si trova spesso nei racconti dei neofiti, o in gran parte della narrativa ottocentesca (pensiamo solo ai Promessi Sposi del Manzoni...). Non cè discriminazione tra i buoni o i cattivi: il narratore conosce quello che passa per la testa di ognuno (un esempio tra i più riusciti è contenuto nel romanzo di McCammon "Tenebre", in cui il narratore conosce i pensieri e le azioni di tutti i protagonista, da Swan, langelo reincarnato purificatore della terra a Friend, "LAmico", lincarnazione del Male che lotta per il trionfo del caos), e viene di solito utilizzato, nella narrativa moderna, quando la complessità della trama richiede più "punti di vista" per avere uno sviluppo coerente. Ovviamente, il passaggio da un punto di vista allaltro, è appena il caso di dirlo, non può essere fatto a metà di un paragrafo o di un capitolo: questo ingenererebbe solo confusione nel lettore, costretto a spostarsi, per così dire, da una mente allaltra. Cambiate punto di vista. se proprio volete o dovete, solo con un operazione di "distacco" dellattenzione, come può essere il passaggio da un paragrafo o da un capitolo allaltro, in modo da mettere "sullavviso" il lettore, che può predisporsi ad una nuova visione degli avvenimenti. Riepilogando brevemente: la forma in terza persona può sinteticamente dividersi in:
Bene. Anche questa è fatta. La suspense Mooolto brevemente, vediamo quali sono le modalità narrative che
portano a "creare" suspense. "Be, suppongo ricordiate tutti come siamo giunti a questo
punto", disse Jaffrey. Come potete vedere, si genera un senso dattesa e di rivelazione fortissimo. Di che strana morte è defunto il povero Edward? Qual è la storia di Eva Galli? Perché nessuno ce lo dice? Il libro merita di essere letto, e pertanto non ve lo dico neppure io. Altra tecnica impiegata é quella di fornire al lettore una messe di
informazioni superiore a quella in possesso dei protagonisti della storia. E chiaro
che in questo caso si riescono ad ottenere effetti di suspense che se ben dosati sono
veramente funzionali al testo: il lettore sa che dietro alla porta o sotto il letto
cè il babau (perché VOI glielo avete detto in precedenza, mostrandogli come se ne
sia strisciato fuori dellarmadio a muro, lasciando dietro di se una bava verdastra
che subito si è seccata allaria, e si sia trascinato sotto la rete metallica che
porta il materasso...), e trattiene il fiato quando il/la protagonista sinchina e
solleva il copriletto per cercare il gatto perso. Qual è il rischio che si corre, in
questo caso? Semplice, quello di farsi prendere la mano e di rivelare troppo, togliendo il
gusto al lettore di "scoprire" con il protagonista se il mostro cè o
meno. Caratterizzare lambiente Ogni storia necessita, prima ancora della definizione di un
personaggio, della creazione di un ambiente in cui lazione si svolge. Questo
ovviamente non è necessario se il nostro racconto si svolge nella forma di monologo
interiore, o di flusso di coscienza, ma diviene elemento indispensabile quando si vuole
saldamente ancorare la storia a qualcosa che avviene "al difuori"
dellanimo umano. Il rischio maggiore che si corre, nella caratterizzazione
dellambiente, è quello che ormai ben conosciamo: descrivere invece che narrare. Una
serie di frasi dichiarative finemente elaborate, assieme alla sospensione
dellintreccio narrativo porta invariabilmente ad una conseguenza: il sonno. "Non cè occhio umano che possa sceverare linfelice coincidenza di linee e di luogo che suggerisce il male di fronte ad una casa, eppure in qualche modo un contatto particolare, un angolo male inserito, qualche casuale incontro del tetto col cielo trasformava Hill House in un luogo di disperazione più spaventoso perché la facciata pareva desta, le finestre vuote parevano occhi che spiassero con un certo cipiglio che veniva dal cornicione simile ad una fronte aggrottata. [...] Ma una casa arrogante, che odia, che sta sempre sul chi vive può essere soltanto malvagia." E un brano tratto dal romanzo La
casa degli invasati di Shirley Jackson, Urania n. 1333. Un libro
capolavoro, che segna la rinascita del gotico americano. Allora, in questa breve
descrizione, che segue quella fulminante dellinizio del libro e che potrete trovare
sviscerata a fondo nel testo Dance Macabre
del buon King, edizioni Theoria (e non vorrete proprio fare a meno di
leggere vero, se volete diventare buoni scrittori?), troviamo una descrizione
dambiente perfetta nella sua essenziale efficacia. Da esattamente lidea di
ciò che vuole narrare. La nostra mente fatica a rintracciare gli elementi
"fisici" che fanno di Hill House una casa "malata", se non ricorrendo
a certe immagini impossibili di Escher, ma nonostante tutto la sensazione che abbiamo,
forte, è che in tutto questo ci sia qualcosa di profondamente sbagliato, di insano. E sì
che la descrizione di una casa "stregata", con linterpretazione quasi
fisiognomica della facciata la ritroviamo già nel racconto di Poe La caduta della casa Usher. Ma in questo brano la
casa non appare come una banale costruzione infestata, o come la rappresentazione
metaforica di un disfacimento morale e fisico dei suoi proprietari, ma bensì come un vero
e proprio organismo vivente, dotato, per sua intima natura, di una
"personalità" malvagia. La casa diventa quindi "arrogante", e capace
di sentimenti come lodio, sempre attenta e sveglia, immersa in una realtà
innaturale. Qui la caratterizzazione dellambiente è spinta allestremo: è
lambiente stesso che diventa protagonista, e da senso alla storia. "Appoggiandosi allindietro, ammirò la casa. Era un miscuglio di stili: pilastri classici si combinavano ad abbaini gotici, finestre ogivali a mura Tudor, ricoperte per metà di legno. Leffetto era, comunque, unitario e imponente. Sebbene fosse rimasta vuota per cinque anni e le tempeste e le stagioni lavessero tristemente rovinata, rimaneva maestosa. Era a tre piani, ampia ed estesa. Recuperare quello che era ancora in buono stato avrebbe voluto dire demolire a mano, e avrebbero impegnato un mese per farlo, o forse di più. Lamar sospirò. Era un crimine, più che un crimine, quasi un peccato, quasi come distruggere una vita...." Vi assicuro che questo è un buon racconto di case stregate, con tutti
gli annessi e connessi che ci si aspetta da un testo del genere, però... però vedete che
cade nella descrizioni, e che non riesce a raggiungere neppure un centesimo
delleffetto che produce il brano della Jackson? Anche qui, la casa è vista, dal
narratore, badate bene, come una "vita da distruggere", eppure continua a
rimanere, per noi lettori, così come la vediamo descritta: un insieme di mura e
particolari architettonici, senza quella traccia di "male" che in maniera così
efficace viene descritta nel brano precedente. Bene, anche per questa puntata è giunto il momento di chiudere: ne approfitto per ringraziare Annalisa, Sonia, e Carla per lapprezzamento del lavoro svolto fin qui, e vi do appuntamento al prossimo numero di IT. Ah, unultima cosa: se avete osservazioni, critiche, commenti da fare, o vostre prove narrative da "analizzare", non fate complimenti: siamo qui per questo, e non vi mangiamo... per il momento! Ciao a tutti. Tecniche in Nero
Articolo scritto da:
Come scrivere un romanzo horror: Tecniche in Nero (Lezione 4) |
Disclaimer e Diritti | Recapiti e Contatti | Questo sito usa i cookie: consulta le nostre privacy policy e cookie policy |