I Consigli di Editoria di Fabio Larcher a un Aspirante Scrittore: i Preliminari (Parte 2)
Caro Aspirante, ho saputo che hai deciso di continuare a scrivere - nonostante (o forse incoraggiato da) i miei consigli. Così sia! Se devo essere sincero non mi aspettavo diversamente. Sai, mi sono fatto un paio d'idee sulla "fascinazione scrittoria" o "libido scribendi" e so che una volta contratta essa è poi durissima da guarire.
Ti chiederai se io consideri sempre e comunque lo scrivere una forma di insania; se non esista per caso un'eccezione che ti permetta di integrare le cose che ho detto finora nel tuo personale schema mentale… così da poterne dimenticare il significato, renderle innocue, esorcizzarle… e continuare "impunemente" a riempire fogli e hard-disk con file di segni alfabetici… come se non fosse successo nulla; come se non avessi mai aperto bocca.
Ebbene, per come la vedo io, la risposta è no! Non esistono eccezioni. La libido scribendi è una forma di grave insania. Lo è perfino e a maggior ragione (so che stavi in cuor tuo per sollevare quest'eccezione) quando parliamo di scrittori affermati. Tutti gli scrittori dal più grande al più piccolo erano, sono e saranno dei matti!
Molto più interessante è invece l'altra domanda che mi stavi per fare (ma che rischiava pudicamente di passare sotto silenzio, dato che conteneva una concessione evidente al mio ragionamento): "Una volta ammesso che scrivere è una forma di pazzia, possiamo trasformarla almeno in una pazzia utile, tale che siamo giustificati nel perseguire il nostro impulso?"
A questo rispondo sì. Senza dubbio nel corso delle epoche il modo di considerare determinate tendenze psichiche è mutato. Spesso è anzi mutato al punto che si è passati dal considerare le "voci" dei Profeti manifestazioni divine, al considerarle dei sintomi di schizofrenia…
Perciò credo possibile trovare delle "giustificazioni" anche per la "grafomania".
Ma bisogna prima aver chiaro il concetto di "scrittore". E fare dei distinguo.
Cos'è anzitutto uno scrittore?
Sono sicuro che te lo sei chiesto molte volte, senza mai arrivare a una soluzione definitiva. Del resto come potevi giungere a una conclusione senza prima ammettere che esiste un'unica risposta alla domanda… l'unica che, se accettata, manderebbe a gambe all'aria il tuo castello di carte mentale? Ti scandalizzerebbe se dicessi di avere un'idea in qualche modo "definitiva" sulla questione? Immagino di sì, ma ormai siamo in ballo; mettiamoci pure in discussione sia io sia tu.
E procediamo.
Scrittore non è, tanto per cominciare, "colui che scrive". Chiunque (a patto di essere minimamente alfabetizzato) può scrivere un racconto, un saggio, una poesia... o almeno cercare di farlo.
Scrittore non è neppure "colui che viene pagato per scrivere".
Lo scrittore non è in fine neanche "colui che pubblica dei libri".
Pubblicare è solo una parte del tutto, carissimo Aspirante.
"Insomma, chi diavolo è questo scrittore?"
È semplice. In realtà molto semplice.
Scrittore è "colui che viene riconosciuto come tale da un pubblico pagante".
Non ho detto: "colui che viene pagato da un editore", hai capito male. Ho detto: "è colui che viene (una volta pubblicato) comprato da un certo numero di anime che la sua arte ha saputo toccare nell'intimo (tanto da indurle a sborsare denaro per leggere le sue opere)".
Il discrimine fra lo "scrivente" e lo "scrittore", insomma, sta a mio avviso solo nel riconoscimento pubblico della propria funzione.
Ti sembra poco?
Caro Aspirante, la bizzarra teoria che ti sto propinando ha come diretta conseguenza la risoluzione di un altro enigma che, molto probabilmente, ti sta assillando da quando hai preso in mano la penna:
"Bisogna per forza scrivere per un pubblico? Mi devo usare la violenza di censurare i miei impulsi a vantaggio di quelli altrui?"
Scommetto che immagini già la mia risposta - ormai credo di averti portato al giusto grado di diffidenza nei miei confronti…
Come come? Bravo! La mia risposta alla domanda è sì!. Non esiste scrivente che possa un giorno diventare scrittore se non accetta la fondamentale constatazione che si scrive sempre per essere letti da qualcuno. Scrivere è un atto di comunicazione… o tale dovrebbe essere. Chi dice il contrario:
1) mente a se stesso (in mala fede);
2) non ha ben chiaro il proprio ruolo (in buona fede).
Ti dirò di più: colui che dichiara di scrivere solo "per se stesso" dichiara sostanzialmente di non Aspirare affatto a diventare scrittore - ergo non potrà più lamentarsi se nessuno lo pubblicherà e non sarà più giustificato nel nutrire vuoti rancori per il mondo editoriale.
Ciò non vuol dire rinunciare alla propria creatività. Significa (come sempre nella vita) trovare un punto d'incontro, una mediazione con l'Altro (il pubblico).
Scrivere in modo "difficile" è troppo "facile". Porsi su un piedistallo di astruserie incomprensibili è vano sfoggio di "muscoli" che attrarrà solo disprezzo e non ammirazione.
Il pubblico esige rispetto. Anela a una catarsi che spesso non coincide con quella dello scrittore. E lo scrittore (che questo lo dovrebbe sapere) porterà rispetto, fornirà gentilmente al lettore ciò di cui ha bisogno: gli parlerà in maniera semplice, "scendendo" al suo livello; eviterà di annoiarlo parlandogli troppo di sé; lo consolerà; lo commuoverà rassicurandolo che i suoi stereotipi sono solidi come granito (magari proprio nel modo più funzionale: facendogli credere che le sue certezze stiano per volare in pezzi… per poi salvarlo in extremis con il lieto fine)… Sono tutti meccanismi imprescindibili.
E nello stesso tempo, fingendo di "azzerare" se stesso, lo scrittore riuscirà a parlare di sé anche con la propria assenza; riuscirà a lasciare quel "retro gusto di sé" che è poi lo stile. Come torno a ripetere: non è necessario mettere "tutto se stesso" in un'opera; basta mettere "quella giusta dose" di se stessi… quella appunto che sarà funzionale alla riuscita della stessa e che ci assicurerà non un vuoto esercizio di stile, ma uno scritto sentito e sincero.
Ti chiedi come posso fare certe affermazioni e io ti risponderò… andando come al solito sul pesante. Ogni Aspirante non dovrebbe mai, mai e dico MAI dimenticare che tra lui e gli Altri ci sono più rassomiglianze che differenze. E questo anche se l'Aspirante vorrebbe invece rimarcare il contrario, utilizzando la scrittura nel modo più sbagliato che esista e finendo per comunicare solo un immotivato disprezzo per il suo prossimo… il quale secondo la strana mentalità dell'Aspirante medesimo dovrebbe essere tanto sciocco pure da pagare per farsi insultare!!!
Che tu ci creda o no il fatto che un libro abbia successo non è sintomo della stupidità delle masse… è segno dell'intelligenza dei singoli lettori (migliaia, milioni, talvolta) che sanno perfettamente di cosa ha bisogno la propria mente per spassarsela leggendo. E sono certo che anche tu, caro Aspirante, se smetterai per un istante i panni dell'Aspirante, e indosserai quelli del Lettore, non potrai che essere d'accordo con me.
Va bene. Anche per oggi ho terminato il mio sproloquio. Ti chiedo scusa per la lunghezza del preambolo che sto costruendo, prima di arrivare a ciò che presumibilmente più ti sta a cuore: capire non la mentalità dell'Aspirante; bensì quella dell'Editore. Non temere. Ti sto portando gradualmente in quella direzione. Ma è proprio perché sono conscio dei meccanismi della libido scribendi che sto agendo con deliberata (e apparentemente inopportuna) cautela. Ti saluto, ti abbraccio e sono certo che vorrai seguirmi nella prossima puntata… anche perché tratteremo di argomenti più pratici, tipo: come scegliere il proprio editore una volta scritto qualcosa di valido.
Articolo scritto da: Fabio Larcher
Consigli di Editoria a un Aspirante Scrittore: i Preliminari (Parte 2)
Articolo pubblicato il 16/09/2005
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