Il Carcharodon carcharias è di fatto il predatore alfa dei mari, la più temuta creatura delle acque...
Che cos'è quella cosa bianca ed enorme, più silenziosa di un puma e più vorace di un lupo, con una bocca larga un metro e traboccante di zanne affilatissime e seghettate, capace di percepire una goccia di sangue diluita in milioni di litri d'acqua?
Esatto, proprio quel che pensate: il Grande Squalo Bianco.
Il predatore perfetto, una tremenda macchina di morte che sembra uscita dagli incubi di un naturalista psicopatico o da qualche testo medioevale, un monstrum mirabilis di quelli che le antiche mappe ponevano in prossimità dello Stretto di Gibilterra, a guardia delle Colonne d'Ercole che si credeva fossero la fine del mondo.
Un animale del quale tutti sanno tutto. O meglio, credono di sapere tutto.
È di certo uno dei grandi carnivori che più catturano l'attenzione, connubio sapiente tra una selvaggia bellezza e l'attrazione morbosa che solo gli spettacoli più terribili e sanguinari sanno suscitare. Lo splendore di un incendio e la maestosità di uno stallone.
Per questo motivo, su di lui sono stati girate migliaia di ore di film e documentari spettacolari, spesso conditi da vere e proprie leggende metropolitane che, passando di bocca in bocca, hanno enfatizzato alcune caratteristiche reali dell'animale e ne hanno aggiunte altre del tutto nuove, creando così una moderna chimera, una creatura che, nella realtà, non esiste. Il killer cieco dei mari.
Buona parte di quest'articolo pubblicato sulle pagine di LaTelaNera.com, dunque, sarà dedicata a sfatare la moderna mitologia nata attorno a questo predatore e a porlo nella giusta prospettiva. Che, tanto per essere chiari, rimane terrorizzante...
Ma partiamo con un po' di fatti.
Nomi comuni: Grande Squalo Bianco, Pescecane.
Nome scientifico: Carcharodon carcharias. Come molti nomi scientifici, ha la sua origine nella lingua greca: l'aggettivo κάρχαρος (kárcharos) significa "aguzzo", il sostantivo cὀδούς, ὀδόντος, (odóus, odóntos) significa "dente"; il termine καρχαρίας (karcharías) indica il "pescecane". Siamo quindi di fronte a un pescecane dai denti aguzzi. Così su due piedi non me ne vengono i mente dai denti smussati, ma direi che i biologi marini hanno reso l'idea...
Classificazione: pesci condroitti (Chondrichthyes), altrimenti noti come pesci cartilaginei. Questo perchè la loro struttura portante non è ossea ma, appunto, composta di cartillagini, strutture leggere e flessibili. L'unico tessuto osseo presente negli squali bianchi è nella loro formidabile dentatura.
Grande Squalo Bianco: distribuzione e habitat
Questo animale é diffuso praticamente in tutto il globo con una prevalenza in acque fredde o temperate, benché sia errore comune credere il contrario. Per chi se lo stesse domandando: sì, é presente anche nelle acque del Mediterraneo, dove addirittura si riproduce e dove ne sono stati censiti circa tremila. Uno dei punti preferiti da questa specie nel Mare Nostrum per la riproduzione è la punta nord occidentale della Sicilia. I trapanesi sono avvisati...
Grande Squalo Bianco: aspetto
Un mostro marino arrivato direttamente dal miocene senza tracce d'evoluzione, lungo tra i quattro e gli otto metri, con inespressivi occhi neri simili a bottoni, una enorme bocca munita di circa trecento denti acuminati e seghettati disposti su tre file parallele, e una pinna dorsale alta anche un metro.
Grande Squalo Bianco: dieta
Potenzialmente, si nutre di qualunque cosa si dibatta nell'acqua, o anche solo vi galleggi. In realtà è abbastanza selettivo nella caccia e predilige animali con abbondante grasso corporeo, visto il grande dispendio di energie che richiedono i suoi attacchi fulminei ed eventuali inseguimenti.
Però si è detto che è selettivo "nella caccia": in condizioni di comoda predabilità, non disdegna di assalire anche corpi inanimati, spesso per esaminarne la natura. Va però distinto tale comportamento da quello del cugino minore, lo squalo tigre, che ha fama di essere onnivoro per il fatto che, nelle sue interiora, è stato rinvenuto ogni genere d'oggetto. A titolo meramente aneddotico, si ricordano targhe d'auto, scarpe da ginnastica, parti di reti da pesca.
Il grande squalo bianco, se capisce che la vittima del suo morso non è una preda nutriente, perde interesse; quello tigre, al contrario, non... ehm, demorde. In realtà, non è perchè sia onnivoro: si tratta di una tecnica d'attacco rapidissima e che, nella ricerca del massimo potenziale letale, prevede che l'animale morda a ripetizione senza mai fermarsi, nemmeno se si accorga che la vittima non è un grasso e nutriente pesce ma una carcassa di legno galleggiante. Per questo lo squalo tigre è ben più pericoloso per l'uomo di quello bianco.
Ma, in questa sede, parliamo del predatore alfa per eccellenza, quindi lasciamo perdere i parenti poveri, per quanto cattivi...
Lo squalo bianco, dunque, pur essendo un predatore, non disdegna di cibarsi di cadaveri, purchè nutrienti. Tra le carogne predilette ci sono in particolare i cetacei morti per cause naturali, che diventano veri e propri impressionanti banchetti per decine di mandibole capaci di asportare centinaia di chili di carne con ogni morso.
Gli squali sono di norma animali individualisti, tuttavia, talvolta, cooperano per raggiungere il risultato, come quando devono predare cetacei agili e veloci.
Sul cannibalismo fra squali, invece, ci sono opinioni contrastanti: c'è chi sostiene si tratti più di una leggenda vista la scarsa rilevanza statistica degli episodi e chi, invece, contesta che tale tesi sarebbe illogica, vista l'impossibilità oggettiva di accertare i casi effettivi.
A sostegno dell'ipotesi di un cannibalismo diffuso nella specie ci sono le opinioni degli operatori dei grandi acquari, che testimoniano come gli squali in genere siano usi a staccarsi vicendevolmente parti e a divorare i cuccioli, che costituiscono gustosissimi e comodi snack del tutto indifesi.
Ora si potrebbe argomentare ancora che il comportamento degli animali in cattività sia falsato e non rispecchi quello dello stato brado (l'esempio delle orche è emblematico: gli unici attacchi all'essere umano si sono registrati in parchi acquatici, dove la costrizione fisica li sottopone a un rilevante livello di stress), però così non se uscirebbe. Quel che è certo è che, nella natura degli squali, il cannibalismo non è per nulla tabù e, se pure non si possa essere del tutto certi della frequenza degli episodi nell'ambiente marino, dove l'abbondanza di prede lo rende tutto sommato superfluo (ma lo stesso si potrebbe dire di un acquario dove gli animali siano regolarmente nutriti e non abbiano problemi di sopravvivenza), si può senza dubbio sostenere che sia un tratto insito negli squali in genere e in quello bianco in particolare.
Prima di procedere, tuttavia, è necessario precisare che, quando si parla di "squali in cattività", in genere non ci si riferisce a quelli bianchi, che non possono essere tenuti in acquari, per quanto grandi, visto che non vi sopravvivono. Si annoverano vari casi di cattività per periodi più o meno brevi, ma sempre limitati nel tempo.
Gli squali bianchi, se costretti in ambiente chiuso, hanno comportamenti anomali tali da renderli ingestibili: si va dal rifiuto del cibo all'autolesionismo (sbattono con forza contro le pareti degli acquari), per arrivare a una prevedibile aggressività verso gli altri pesci. Inoltre, la loro esigenza di ossigeno, che è strettamente connessa alla necessità di rimanere sempre in movimento (a differenza di quanto accade per altre specie di squali), può condurre alla morte dell'animale qualora ne si limiti la possibilità di nuotare liberamente per grandi distanze.
Ciò premesso, partendo dall'ipotesi che i comportamenti di altre specie di squali possano avere riscontro in quelli dei Carcharodontes (cosa, in effetti, tutta da dimostrare), in tema di cannibalismo è interessante ricordare il singolare attacco avvenuto nel 2009 in un acquario della Nuova Zelanda e ha destato parecchio scalpore: un maschio di Galeorhinus galeus, nome comune canesca o cagnesca (da non confondersi con il cagnaccio, appartenente alla famiglia degli squali toro), attaccò una femmina gravida, provocando un involontario e spettacolare parto cesareo: dalla ferita sono uscirono quattro squaletti perfettamente formati e miracolosamente illesi.
La madre e i cuccioli sopravvissero solo grazie all'intervento degli addetti della struttura, che non si erano accorti della gravidanza. A loro dire, se il parto fosse avvenuto di notte e in modo naturale, per i piccoli non ci sarebbe stato scampo: sarebbero stati divorati dai conspecifici adulti.
Ebbene, l'episodio ancora non dimostra il cannibalismo tra gli squali bianchi, però va detto che vi sono altri episodi, anche recenti, che fanno propendere per quest'ipotesi: sempre nel 2009 venne recuperato un esemplare di circa tre metri e mezzo, quasi tranciato a metà da un singolo morso. Con l'esclusione di un'orca, non esiste altro animale in grado di fare una cosa simile se non, appunto, uno squalo bianco più grande...
Per concludere la carrellata "alimentare" sul nostro mostruoso predatore, è troppo gustosa per omettere di menzionarla la credenza diffusa che i piccoli di squalo bianco si nutrano dei fratelli nel grembo materno, mietendo le loro prime vittime fra i congiunti più prossimi. In realtà, si tratta di un falso mito: il fenomeno, noto come adelfofagia (άδελφος, fratello, ϕαγεῖν, mangiare), è esistente in varie specie (le aquile, per esempio) e anche tra gli squali, ma non in quello bianco (avviene nel caso dello squalo toro). I piccoli di squalo bianco che, come vedremo, vengono partoriti dalla madre, si nutrono invece di uova non fecondate. Però il mito dei piccoli cannibali intrauterini, forse, sembrava più appropriato per un predatore perfetto come il nostro...
Grande Squalo Bianco: riproduzione
Gli squali hanno differenti modalità riproduttive a seconda delle famiglie di appartenenza. Gli squali bianchi sono ovovivipari aplacenteali e si riproducono mediante fecondazione interna.
Il che, in parole povere, vuol dire che, a differenza degli altri pesci, copulano in maniera quasi tradizionale e partoriscono esemplari formati, che si sviluppano all'interno dell'utero materno attingendo il nutrimento dal sacco vitellino e dalle uova non fecondate.
L'accoppiamento, molto difficile da documentare per via della sua rarità, è decisamente coerente con il tratto di ferocia predatoria distintivo della specie: il maschio afferra con le fauci la femmina (generalmente di maggiori dimensioni), azzannandola sulla testa, sul tronco o sulle pinne pettorali, causandole delle ferite superficiali chiamate "morsi d'amore", funzionali sia al corteggiamento (valli a capire...), sia al mantenimento della posizione corretta durante il coito.
Tali traumi raramente si rivelano seri, visto che le femmine hanno una pelle più spessa proprio per "sopportare" il rituale di accoppiamento.
Il maschio inserisce quindi uno dei suoi due pterigopodi nella cloaca della femmina e ne feconda le uova. Il tutto dura in media una quarantina di minuti. Nemmeno tanto male, si potrebbe commentare.
In ogni caso, è credenza diffusa che gli organi riproduttivi del maschio siano due per via del rischio non remoto che, vista la violenza del rapporto, uno si spezzi. Che dire: ci sono vantaggi e svantaggi, nell'essere uno squalo bianco...
Ad ogni buon conto, gli esemplari partoriti dopo una gestazione lunga e di certo superiore a un anno, anche se in merito non abbiamo dati certi, sono dei veri e propri adulti in miniatura, perfettamente indipendenti dal momento della nascita, anche nel procacciarsi il cibo. Inoltre sono pochi per ogni gravidanza, almeno per gli standard dei pesci ossei, che fecondano ogni anno migliaia o addirittura milioni di uova: nel caso dello squalo bianco, si va dai due ai quattordici esemplari circa per ogni filiazione.
In merito alla capacità delle femmine di conservare lo sperma del compagno per potersi riprodurre a distanza di tempo anche in mancanza di un maschio, diffusa in mote specie di squali, nello squalo bianco pare essere molto ridotta se non addirittura assente.
Tuttavia, per far comprendere quanto alcune cose conservino ancora un alto livello d'incertezza, va detto che negli squali parrebbe poter esistere una sorta di "piano b" per la prosecuzione della specie. Una femmina di squalo toro ha partorito in un acquario della florida senza aver avuto alcun contato con esemplari maschi, facendo ritenere si sia trattato di un meccanismo riproduttivo per partenogenesi. Il fenomeno, tutto ancora da verificare e studiare, potrebbe essere diffuso in tutte le famiglie di squali e coinvolgere anche il nostro super predatore, che potrebbe così annoverare un'altra freccia appuntita nella sua faretra di vantaggi genetici.
Grande Squalo Bianco: come ti uccide
Tranciandoti di netto in qualunque parte del corpo ti morda. Ciò vale, in particolar modo, quando lo squalo morde per uccidere. Ci sono casi in cui, come vedremo oltre, lo fa anche per una sorta di "attività ispettiva". In quel caso, non è detto che non si possa sopravvivere, perché lo squalo bianco perderà facilmente interesse per la carne umana.
Ma, in questa parte dell'articolo, consideriamo l'ipotesi peggiore: lo squalo ha deciso che sarai la sua cena.
Posto che uno squalo bianco non necessariamente attaccherà un uomo se pure vi venga in contatto, ma ci torneremo oltre, nel caso in cui decida di farlo, lo farà probabilmente perché avrà equivocato l'identità della preda e l'avrà scambiata per una foca.
Un surfista sdraiato che rema con le braccia su una tavola, visto dal basso, appare una sagoma nera ovale con piccole appendici che si muovono e può ricordare una foca. Lo squalo bianco, per tale motivo, potrebbe comportarsi esattamente come se avesse avvistato una delle sue prede predilette, cioè nuotando dal basso a forte velocità e afferrando fra le fauci il corpo della vittima.
A causa dell'elevata velocità che questo tipo di attacchi fulminei raggiunge, non è raro che il predatore schizzi fuori dall'acqua per intero, con effetti decisamente spettacolari (a meno che tu, in quel momento, non sia fra le mandibole dell'animale...).
Che questo sia o meno avvenuto, comunque, lo schema prevede poi che, dopo aver afferrato la preda, lo squalo bianco la strattoni con forza a destra e a sinistra, al fine di aprire tagli più profondi possibile e staccare quanta più carne riesca in un singolo morso.
Dopo di che, se la preda sarà abbastanza grande, la lascerà dissanguarsi attendendo con pazienza, onde evitare di disperdere energie nell'inseguimento di una creatura ancora abbastanza vitale per poter tentare la fuga.
Non é questo il caso di un essere umano, ovviamente, che sarebbe tagliato a metà con grande facilità dalle mascelle di uno squalo bianco, che possono sviluppare una pressione fino a diverse tonnellate.
Per dare un paio di riferimenti, la mandibola umana media può esercitare una pressione di circa ottanta chilogrammi, mentre un leone può arrivare fino a seicento. Uno squalo di cinque metri, in via del tutto teorica, potrebbe superare le quattro tonnellate di forza in un morso!
Insomma, per questo articolo, la sezione "consigli di sopravvivenza?" (tipica on tutti gli articoli sugli animali pericolosi che pubblichiamo qui su LaTelaNera.com) potrebbe essere riassunta in poche parole: non farsi mordere...
Grande Squalo Bianco: consigli di sopravvivenza
Non c'è molto da dire, in effetti. La verità è che uno squalo bianco, anche quando vi dovesse avvistare, non necessariamente attaccherà. Se però decidesse di farlo, le possibilità di poter opporre qualsivoglia resistenza sono, a dir poco, effimere.
Esistono polveri anti squalo repellenti per la maggior parte delle specie e che, disperse nell'acqua, tengono lontani i predatori. La loro efficacia, tuttavia, è limitata nel tempo per via dell'inevitabile dispersione e, comunque, non è molto probabile averne un po' a portata di mano.
In mancanza di questo rimedio, è sconsigliato sbattere braccia e gambe, dimenarsi e, in generale, attrarre l'attenzione.
In caso si disponga di un bastone o un oggetto oblungo qualunque, può essere efficace agitarlo direttamente di fronte al muso dello squalo: ci sono forti possibilità che cambi percorso senza attaccare. Tale tecnica è usata anche dai documentaristi subacquei, però richiede un bel po' di sangue freddo, bisogna ammetterlo.
In mancanza di supporti esterni, lo stesso effetto potrebbe essere ottenuto con un braccio. Potrebbe...
Ultima ratio in caso di assoluta necessità: colpire il predatore con quanta più forza si riesca direttamente sulla punta del muso (il naso, tanto per intenderci). Si dice che funzioni. In caso contrario, ve ne sarete andati con una piccolissima soddisfazione...
Grande Squalo Bianco: perché è un archetipo del terrore?
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, é un animale molto poco pericoloso per l'uomo. Ogni anno ci sono circa sessanta attacchi di squali verso esseri umani in tutto il mondo. Di questi, circa la metà é attribuibile a squali bianchi e la quasi totalità degli avvenimenti é riconducibile a errori d'identificazione da parte dell'animale o a atteggiamenti auto difensivi.
Inoltre, la maggior parte degli incidenti non ha esito fatale. In pratica gli squali, e particolarmente quello bianco, non predano deliberatamente l'uomo, raramente lo attaccano e comunque, una volta assaggiata la sua carne magra e scarsamente nutriente per i loro standard, lasciano perdere.
La comune zanzara, in quanto vettore di svariate malattie, é per la razza umana un flagello incomparabilmente superiore rispetto allo squalo bianco.
Eppure, nell'immaginario collettivo, il cosiddetto "pescecane" é una sorta di mostro degli abissi, una macchina assassina e sadica che uccide anche solo per il gusto di farlo.
In realtà, la percezione dell'animale é talmente distorta da trascendere e trasfigurarsi in uno dei grandi Terrori Ancestrali delle ultime generazioni.
Viene da domandarsi come ciò sia possibile, come possa un pesce, a dispetto delle evidenze dei numeri, incarnare a tal punto un archetipo di terrore primordiale. Si potrebbe ipotizzare che ciò sia dovuto alle caratteristiche che fanno di lui la perfetta macchina predatoria che é, a partire dalle dimensioni, che oscillano fra i quattro e i sei metri, con picchi non ufficialmente riconosciuti di esemplari fino a otto.
Proseguendo nell'esame di questo carnivoro, scopriamo che possiede un numero imprecisato di denti triangolari e seghettati, quantificabile nell'ordine di alcune centinaia. L'ammontare preciso é variabile (siamo attorno ai trecento) in quanto vengono sostituiti frequentemente per mantenere la dentatura, disposta su tre fila, sempre perfettamente affilata e funzionale, pronta a tranciare in due un'otaria con il minimo dello sforzo.
Per quanto riguarda gli occhi, non si può certo dire che i due circoletti completamente neri e inespressivi dello squalo bianco non siano inquietanti. E proprio a riguardo degli occhi s'incontra uno dei falsi miti più diffusi, ovvero che gli squali sarebbero quasi ciechi. Nulla di più falso: ci vedono benissimo e per giunta anche a colori, a differenza di molte altre specie reputate più evolute quali i cani.
La verità é che lo squalo bianco non ha alcun handicap, tanto meno sensoriale. Oltre a una vista acuta e penetrante, dispone di un olfatto molto sviluppato che gli consente di percepire una goccia di sangue in milioni di litri d'acqua, circostanza annoverabile a tutti gli effetti fra i fatti noti circa gli squali in generali e, in questo caso, nella sottospecie di quelli veri.
Il suo udito é molto fine e gli permette di sentire vibrazioni sonore anche deboli a distanze considerevoli, abilità strettamente correlata ai ricettori posti sul muso e sui fianchi. I sensori frontali consentono all'animale di rilevare i campi elettrici degli altri organismi a partire da mezzo miliardesimo di volt, quelli laterali definiscono il senso del tatto dello squalo e lo rendono sensibile alla pressione sulla sua superficie determinata dell'acqua spostata dai movimenti delle prede.
Anche in questo caso, parliamo di una sensibilità molto acuta che, assieme agli organi sensoriali del muso, l'olfatto e l'udito, costituiscono una sorta di radar che permette al suo possessore di conoscere esattamente posizione, distanza, dimensioni e movimenti delle sue prede, consentendogli di cacciare anche in scarse condizioni di visibilità, ad esempio in acque profonde o torbide. Da qui, forse, il mito dello squalo cieco.
Un'altra particolarità di questa razza é il suo perfetto mimetismo cromatico.
Analizzando l'insieme delle caratteristiche che rendono lo squalo bianco il predatore efficiente che é, sembra quasi di scorgere l'opera di un'intelligenza superiore che lo abbia concepito perfetto in ogni sua parte. Divagazioni teologiche a parte, il fatto di avere la parte superiore del corpo scura e quella inferiore bianca, fa sì che il nostro Charcarodon Charcarias risulti praticamente invisibile sia dall'alto che dal basso (visto da sopra si mimetizza con le oscure profondità marine, dal basso con la superficie luminosa del mare), il che gli consente di attuare diverse strategie di attacco, a seconda della preda di volta in volta braccata.
Per lo squalo bianco, infatti, é estremamente importante non sprecare energie in attacchi mal calibrati, che lascino spiragli di salvezza alla sua vittima. Il dispendio di energia necessario per predare un'otaria, guizzando come già detto dal basso verso l'alto a velocità tanto elevata da fuoriuscire per l'intera lunghezza del corpo dall'acqua, é notevole.
Un meccanismo di regolazione interna della temperatura, costituito da un'importante rete mirabile, ovvero un esteso sistema di capillari, assieme all'energia generata dalle importanti masse muscolari dell'animale, gli consente di mantenere una leggera endotermia, condizione che favorisce le prestazioni fisiche. Il tutto, ha un costo in termini energetici, dunque l'economia di risorse é alla base delle tattiche di caccia dagli squali.
Ma ancora non abbiamo dato risposta alla domanda di cui sopra: bastano le dimensioni, l'aspetto e le caratteristiche fisiche dello squalo bianco a farne un archetipo di terrore irrazionale per molti? La risposta non é così semplice ma, in effetti, considerando i fatti, si potrebbe rispondere di no.
Ciò che ha fatto diventare lo squalo bianco ciò che oggi é nell'immaginario collettivo è stato il famoso film di Steven Spielberg del 1975, Jaws (Lo Squalo), nel quale all'animale vengono attribuite caratteristiche umane quali astuzia, autodeterminazione e malvagità. Nella pellicola, il mostruoso esemplare di Charcarodon di otto metri persegue quasi uno scopo preciso, s'incaponisce nel perseguitare i protagonisti e tende agguati insidiosi.
Certo regista e sceneggiatore hanno avuto un ottimo materiale di base su cui lavorare, anche per il fatto che lo squalo bianco vive e caccia in un ambiente che una creatura terrestre non può che percepire come alieno, limitante. Morire sbranati da un leone non é certo una prospettiva allettante ma, in qualche strano modo, potrebbe apparire più "naturale" o "confortante" per la vittima rispetto al dilaniamento marino da parte di uno squalo.
Forse anche per questo motivo il film, innovativo e arricchito di effetti speciali molto convincenti per quei tempi, si é letteralmente radicato nell'immaginario collettivo. Quando si pensa a uno squalo, il collegamento visivo con quello della pellicola é immediato.
Questa caratteristica di "archetipo del terrore" é stata riconosciuta anche da un illustre interprete delle paure della nostra società, quasi un suo moderno cantore: Stephen King, nel suo capolavoro "It", che narra la storia di un gruppo di preadolescenti alle prese con un diabolico mutaforma in grado di carpire le paure più profonde degli animi umani e materializzarle nel mondo fisico, fa assumere al mostro, tra le altre forme iconografiche, proprio quella dello squalo del film di Spielberg.
Non ci si lasci però ingannare dalla precisazione che lo squalo cinematografico e quello reale hanno molto poco in comune perché la bestia vera é, comunque, uno spettacolo di morte e magnificenza quale nessun film potrà mai replicare. Nelle prossime righe, nelle quali si dissiperanno alcuni dei luoghi comuni più accreditati, emergerà anche quanto di vero ci sia nei tratti tremendi rappresentati nel famoso film.
Grande Squalo Bianco: curiosità e falsi miti
Ed è venuta l'ora di andare a elencare e fare chiarezza su alcuni fatti, curiosità e vere e proprie "leggende" legate agli squali bianchi...
1. Gli squali bianchi girano attorno alla preda in cerchi concentrici fino all'attacco finale, con la pinna dorsale ben in vista.
Questa pratica, in realtà, é più che altro ispettiva: lo squalo studia qualcosa che non conosce girandovi attorno, come é evidente dalle riprese effettuate da diversi ricercatori e biologi marini. Possono spingere quest'attività fino al morso, che spesso non é un vero attacco ma il loro modo per conoscere il mondo esterno, al pari di quanto avviene per i neonati, che studiano la natura degli oggetti per loro nuovi infilandoli in bocca. Questi casi sono catalogati, indistintamente, come "attacchi", quand'anche l'intento non fosse aggressivo e pure se, il più delle volte, uno squalo bianco desiste dal divorare una preda ritenuta non sufficientemente nutriente, come l'uomo. Vero é che, per lo sfortunato "assaggiato", potrebbe passare ben poca differenza fra l'essere oggetto di un attacco vero e proprio o di un semplice "morso ispettivo" (o di difesa, nel caso in cui lo squalo si senta minacciato), vista la concreta possibilità di perdere la vita anche con un solo morso. Tra un morso di questa natura e uno finalizzato a uccidere, comunque, passa una certa differenza, come già visto, sia per la forza impressa nel gesto che per gli strattonamenti che, in caso di attacco vero e proprio, seguono alla cattura.
2. Se un uomo incontra uno squalo bianco, verrà di certo attaccato. In quel caso, non c'é nulla da fare.
Ok, se n'è già parlato, ma ricapitoliamo. L'attacco da parte di uno squalo bianco, in caso d'incontro ravvicinato, non è automatico. Lo squalo potrebbe ignorare del tutto l'uomo o essere messo in fuga da movimenti repentini davanti al muso, tecnica usata da sub esperti che, con l'ausilio di un semplice fucile marino, sono in grado di ottenere un minimo di sicurezza pur nuotando in mezzo agli squali bianchi senza protezioni. Anche lo squalo più grande, inoltre, può essere messo in fuga da ciò che non conosce: un assembramento di persone che batta l'acqua e faccia rumore, presentandosi ai suoi sensi come un solo grande organismo, può impensierirlo abbastanza da farlo desistere da un'azione ostile.
Inoltre, ricordiamo una volta di più che molti attacchi veri e propri sono frutto di errore: i surfisti che remano con le braccia per raggiungere il largo, visti dal basso, possono sembrare otarie, prede fra le preferite degli squali bianchi.
Ecco, ciò detto, bisogna anche ricordare che, se ci si mette, lo squalo bianco può essere una discreta carogna; è capitato infatti che anche documentaristi esperti siano caduti nella trappola del "gioco di squadra", o di qualcosa che è sembrato estremamente simile: a un esemplare che affrontava frontalmente il subacqueo e che, in effetti, è stato allontanato con il trucchetto del bastone contro il muso, se n'è qualche volta accompagnato un secondo che, zitto zitto, si è presentato alle spalle del disinvolto cineoperatore. In quei rari casi, l'attacco è sembrato in effetti frutto di una "bastardaggine" tanto umana da avvicinare l'animale all'archetipo di malvagio mostro degli abissi creato da Spielberg. Però sono casi statisticamente irrilevanti. A meno che non siate quel subacqueo...
3. Per sfuggire a uno squalo bianco, bisogna rimanere perfettamente immobili, o raccogliersi "a uovo" per quanto possibile.
Non é vero. Come visto, gli squali sono curiosi e potrebbero decidere d'indagare su un corpo immobile in ammollo nell'unico modo che conoscono: mordendo. Non che dimenarsi come ossessi possa sortire effetti migliori, d'altronde. L'ideale sarebbe "non sembrare una preda", come si sente dire in alcuni documentari. Peccato che, agli occhi di un predatore di più di una tonnellata, quasi qualunque cosa sembri una preda...
4. Gli squali bianchi divorano i loro stessi piccoli.
Su questo si è già detto molto sopra. Ci si limiterà dunque a ricordare come non ci siano dati concludenti a riguardo. Di sicuro, non si fanno problemi a nutrirsi di uova non fecondate, ma è un altro paio di maniche.
5. Gli squali sono insensibili al dolore.
Questa sembra essere una bufala bella e buona. Intorno alla sensibilità al dolore dei pesci in generale, sono tutt'oggi aperti diversi dibattiti scientifici e la recente tendenza é quella di propendere per l'ipotesi che, sì, possano provare sensazioni dolorose. Non potremo mai averne la prova perché non é possibile misurare la coscienza, però gli esperimenti sembrano suggerire che la direzione sia quella.
Di certo, tutti gli squali sono molto sensibili agli stimoli nella zona del muso e, ragionevolmente, in questa parte del corpo proverebbero le maggiori sensazioni dolorose, fatto che, lo ricordiamo, potrebbe risultare utile ricordare in caso si dovesse essere costretti a tentare di deviare un attacco frontale. Se non si muore d'infarto prima, ovviamente.
6. Gli squali bianchi non hanno nemici naturali.
Non è così. Non hanno predatori naturali, ma hanno alcuni nemici. L'unico essere in grado di attaccare un grande squalo bianco per nutrirsene è un'orca, ma l'evento è piuttosto raro e non si può dire che lo squalo sia sul menù fisso di quei grandi mammiferi marini, pertanto non si può dire che il Carcharodon carcharias sia una preda dell'orca. Inoltre, a seconda delle dimensioni degli esemplari, l'esito di eventuali scontri non è sempre scontato. Lo squalo bianco è in cima alla catena alimentare, questo non si discute. Però ci sono alcuni animali che lo possono infastidire. Orche a parte, sono molteplici i casi in cui alcuni esemplari di delfini, pur rientrando a tutti gli effetti tra le specie predate dagli squali bianchi, hanno avuto ragione di uno squalo bianco, a volte per proteggere malcapitati bagnanti dal predatore. I delfini possono nuotare a una velocità massima di circa 45 km/h e, colpendo uno squalo sui fianchi a piena forza con il muso, possono infliggergli danni considerevoli. In effetti, alla sezione "consigli di sopravvivenza", si potrebbe aggiungere la voce "nuotare sempre i mezzo a un branco di delfini"...
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