Che fine fanno i bambini morti senza battesimo? Ogni cultura e folklore europeo ha le sue teorie
Nel folklore italiano assumono le sembianze di folletti e spiritelli, nelle leggende romene si trasformano in briganti, per la teologia tradizionale cattolica sono destinati al Limbo, in Francia si manifestano sotto forma di fuochi fatui, uccelli e cagnolini urlanti.
Stiamo parlando dei bambini morti senza Battesimo a cui ogni cultura attribuisce forme e significati diversi con un comune denominatore: sono morti che tornano.
Andiamo a conoscere meglio tutte le storie che li riguardano.
Cattolicesimo: dove vanno i bambini morti senza Battesimo?
“È dunque giusto dire che i bambini che muoiono senza il battesimo si troveranno nella condanna, benché mitissima a confronto di tutti gli altri. Molto inganna e s’inganna chi insegna che non saranno nella condanna". Sant'Agostino.
Che fine fanno i bambini morti senza battesimo? Nel corso dei secoli numerosi autori si sono interrogati sulla triste sorte dei bimbi defunti non battezzati, figli di Dio su cui grava il peccato originale.
La teologia tradizionale cattolica, a partire dal XIII secolo, escogita la presenza del Limbo, luogo in cui li relega insieme alle anime delle persone buone decedute prima della resurrezione di Gesù Cristo.
Situato ai margini del Paradiso, il Limbo è destinato ai “peccatori senza peccato”, non imputabili di alcuna colpa ma non rinati nell'acqua e nello Spirito Santo attraverso il rituale del Battesimo. Per queste anime non sussistono castighi ma il peccato originale ne impedisce l'accesso al paradiso e il godimento di Dio.
La loro sorte cambia con l'introduzione del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica pubblicato nel 1992: l'eterno Limbo viene rimpiazzato dalla misericordia di Dio che fa ben sperare in una via di salvezza.
A tal proposito Joseph Ratzinger, ancora cardinale, definì l'idea del Limbo “un'ipotesi teologica” e nel documento emanato dalla Commissione Teologica Internazionale che lo vedeva alla presidenza, affermò: “Questa teoria (del Limbo), elaborata da teologi a partire dal Medioevo, non è mai entrata nelle definizioni dogmatiche del Magistero, anche se lo stesso Magistero l’ha menzionata nel suo insegnamento fino al Concilio Vaticano II. Essa rimane quindi un’ipotesi teologica possibile", non un dogma. Da qui la famosa abolizione del luogo ultraterreno.
I bambini morti senza Battesimo nel folklore europeo
Bambini strillanti, piccoli e nudi che a discrezione assumo le sembianze di folletti dal caratteristico berretto rosso. Rapidi nei movimenti, si aggirano di notte presso i luoghi di sepoltura, urlano, ridacchiano, fanno chiasso.
Sono bambini non battezzati, abortiti, uccisi o nati morti, le cui anime vagano nel mondo dei vivi.
Così li descrive il folklore dell'Europa Settentrionale fornendo dettagliate indicazioni sui metodi di allontanamento: armi come acqua benedetta, coltelli, preghiere o veri e propri rituali, dalla sepoltura in terra cristiana all'attribuzione di un nome.
In Francia si tramutano in cagnolini urlanti, fuochi fatui che vagano lungo le rive d'acqua, uccelli dal canto malinconico.
Nel sud-est Europeo sono piccoli vampiri armati di bisaccia e bastone, avidi di denaro.
Nella Grecia peninsulare sono per metà umani e per metà animali o somiglianti a lupi mannari, che a Natale e durante l'Epifania si radunano sui tetti per festeggiare, sghignazzanti.
Nel folklore svedese i bimbi non battezzati, uccisi e nascosti dalle madri, prendono il nome di Myling (ucciso) o Utbörding. Enormi fantasmi costretti a girovagare sulla terra finché non convincono qualcuno a seppellirli.
È per questo, secondo la leggenda, che salgono sulla schiena dei passanti notturni costringendoli ad accompagnarli al cimitero. Se non ci riescono uccidono la vittima e disturbano tutti con i loro infiniti pianti.
Si narra che alcuni di loro urlino a gran voce, “dammi un nome”, per poter passare a migliore vita. Li salva chi ne esaudisce il desiderio o trova una sepoltura al piccolo cadavere nei cimiteri consacrati.
Secondo le leggende risiedono nei luoghi in cui sono stati abbandonati, soprattutto paludi, foreste, tumuli. In Norvegia i myling assumono forme diverse trasformandosi in strani animali o diventando grandi come case.
Folklore italiano: tra angeli, folletti e Municeddhu
Il folklore italiano li vuole folletti o spiritelli indossanti berretti rossi, molto dispettosi. Se di animo mite rimpiazzano gli uomini nei lavori più pesanti e svelano segreti utili alle loro attività.
Tra i più popolari si ricorda il famoso Municeddhu, o Laurieddhu, spiritello dispettoso diffuso in tutto il Salento. Il cristianesimo, non riuscendone a sradicare la credenza, asserì fosse l'anima di un bambino defunto non battezzato.
Triste e capriccioso, alto non più di 40 centimetri, con in testa il berretto rosso chiamato “lu cappiddhuzzu”, vive nei boschi, nelle stalle e nelle case della gente. Si diverte a tormentare le donne addormentate posandosi sul loro seno, solletica i piedi agli uomini, intreccia criniere e code degli animali, spenna oche e galline, di notte sbatte pentole e sposta oggetti facendo impazzire gli abitanti della casa presa di mira.
Per ammansirlo bisogna rubargli il cappello, impresa quasi impossibile: se ci si riesce diventa buono e dolce ma attenzione a restituirglielo prima che abbia tenuto fede alle sue promesse.
Il Municeddhu è infatti noto come custode dei tesori: sa dove si trovano ma lo svela solo ai più astuti. Per ricevere l'oro bisogna chiedergli di portare merda.
Altre leggende, sempre italiane, raccontano di spiriti angelici che vagano alla ricerca delle anime dei bambini non battezzati: gli esseri umani non possono percepirne il passaggio ma i cani, in loro presenza, intonano tristi ululati.
In definitiva, a dispetto delle inevitabili diversità, il folklore europeo attribuisce ai bambini non battezzati tratti bestiali, diabolici, stregoneschi, riconoscendoli come esseri che sfuggono alle leggi di Dio.
Il Battesimo assurge infatti a una funzione rigenerante, ci fa nascere “a sua immagine e somiglianza”, chi non lo riceve è condannato ad altra sorte e il suo spirito triste destinato a tornare tra i vivi.
Non c'è bisogno pertanto di un Limbo celeste, la terra sospesa è qui fra noi.
Il Drekavac: il demone dei bambini morti senza Battesimo
Presso diversi popoli slavi o influenzati da questa cultura si narra che esista un demone chiamato Drekavac o Drek: è l'anima furente dei bambini morti senza Battesimo.
Nelle raffigurazioni antiche ha corpo oblungo e scheletrico, in altre immagini assume le sembianze di un cane nero, di un uccello o di una volpe. Se si presenta in forma di bambino preannuncia la morte di qualcuno, se lo si vede in forma animale preannuncia la morte del bestiame.
Può sostare nei cimiteri degli infanti morti o nelle loro case tormentando gli abitanti.
È più facile incontrarlo fra il Natale e il Battesimo di Cristo perché questi 12 giorni sono detti, nel folklore slavo, “senza battesimo”.
Secondo la tradizione per annientarlo si deve ricorrere ai classici rimedi popolari, spargendo briciole di pane benedetto in casa o bruciando rametti profumati di erbe anti-demoniache.
Immagine: un Drekavac, una terribile creatura del folklore slavo.
Il rito del ritorno alla vita per i bambini morti appena nati
Il timore di negare la salvezza eterna ai figli deceduti senza Battesimo condannandoli a vivere nel limbo o a vagare in cerca di pace sulla Terra, incoraggiò nel corso dei secoli la nascita di rituali riparatori, da svolgersi presso specifici luoghi sacri detti Santuari à Rèpit o “del respiro”, ma anche della “doppia morte” o “della morte sospesa”.
Fu la pietà popolare bisognosa di consolazione a incoraggiare il diffondersi di tali pratiche, offrendo alle anime senza peccato una breve tregua dalla morte.
Lo scopo era riportare in vita per qualche attimo i figli deceduti senza Battesimo per salvarli dalla dannazione.
Stando alle fonti questi rituali iniziarono a diffondersi a partire dal 1300 in Europa estendendosi dalle Fiandre al Tirolo, dalla Provenza alla Svizzera, mentre in Italia se ne ha testimonianza solo nella zona delle Alpi occidentali. I santuari erano localizzati principalmente su alture, nelle valli o nei boschi, vicino a corsi d'acqua.
La pratica proseguì fino al XX secolo pur essendo da sempre osteggiata dalla Chiesa e definitivamente condannata nel 1755 da Benedetto XIV.
Come avveniva il rituale?
Il bambino nato morto veniva condotto dai genitori o dai parenti al santuario più vicino dopo giorni e giorni di viaggio. Una volta giunti in loco, si collocava il corpo del defunto ai piedi dell'immagine della Madonna o di altre figure sacre. Attraverso la preghiera si implorava il miracolo affinché il piccolo rivivesse solo per un attimo, giusto il tempo di consegnarlo a Dio.
Nella maggioranza dei casi ad occuparsi del corretto svolgimento del rituale erano eremiti che vivevano nei pressi dei santuari.
Sangue dal naso o dalla bocca, piccoli movimenti delle labbra, rossori, livori, minuscole contrazioni di muscoli erano considerati tutti segni di vita, accolti con canti di grazia, sorrisi, manifestazioni di gioia, seguiti immediatamente dal Battesimo.
Ricevuta la benedizione il bambino si spegneva per la seconda volta, finalmente pronto per essere accolto nel regno dei Cieli. Il corpo veniva quindi inumato nei cimiteri adiacenti il santuario o meno frequentemente presso altri campisanti.
Se però il miracolo non avveniva il bimbo veniva sotterrato altrove, solitamente in prossimità di scoli d'acqua piovana nei dintorni del santuario. Si riteneva infatti che l'acqua piovana che passava attraverso il luogo sacro potesse liberare i bambini dal limbo, aiutandoli a ottenere la grazia di Dio.
A dispetto della larga diffusione nell'arco di tempo citato, il rito del respiro avrebbe origini ben più antiche: già due secoli prima della sua comparsa nei santuari europei, venne citato da uno storico gallese di nome Giraldus Cambrensis nella sua opera Topographia Hibernica (1188).
Il rito riportato dall'autore ci parla dell'applicazione di un fiore rosso sulla ferita, poi sulla bocca e sul naso del bimbo morto da parte di una donnola, che sollecita al respiro. Il fiore misterioso riporta alla memoria la piuma posta sulle labbra dei fanciulli durante i rituali svolti nei santuari.
O forse il fiore rappresenta un simbolo di vita, il sangue della terra di colore rosso che rivivifica ogni cosa, inclusi i morti. La donnola d'altra parte potrebbe simboleggiare le cosiddette “vergini guerriere”, conoscitrici dei segreti delle erbe medicinali e della natura, che nell'antichità popolavano molti villaggi di campagna.
È bene specificarlo: i bambini ritratti nelle foto a corredo di questo articolo stanno tutti dormendo beatamente.
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