Tutti i dettagli sul simbolismo animale dell'Aquila e dei suoi significati attraverso i secoli, i popoli, le culture, le superstizioni e l'esoterismo
Continua l'approfondimento dei più famosi simboli animali e dei loro significati: oggi sulle pagine di LaTelaNera.com parleremo della maestosa Aquila (Aquila reale, Aquila chrysaetos - Aquila marina testa bianca, Haliaeetus leucocephalus).
Il romanziere Ottavio Bosco porterà alla luce la storia e il simbolismo di questo animale attraverso i secoli e le civiltà più diverse.
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L'Aquila e il suo simbolismo
La maestosità dell'Aquila ha fatto sì che quest’uccello sia stato adottato come simbolo fin dall’antichità dalle più svariate culture.
Due esempi su tutti: l’aquila reale con le ali spiegate fu utilizzata come simbolo dell’Impero Romano e l’aquila calva (o testa bianca) è il simbolo degli Stati Uniti d’America.
Nel terzo millennio a.C., presso i babilonesi, l’aquila bicipite era associata a Ningirsu di Lagash, il dio delle tempeste della guerra e della fertilità.
Presso gli antichi egizi l’aquila rappresentava la materializzazione del dio Mendes, rappresentante del dio sole. In generale, nella mitologia egizia, l’anima veniva spesso rappresentata sotto le sembianze di un uccello simile a un’aquila o a un falco, come uccello-anima (Ba). Tale uccello aveva il compito di accompagnare i defunti nell’aldilà.
Non a caso, all’interno dei sarcofagi di alcune mummie, e in particolare posti tra i bendaggi di quest’ultime, sono stati ritrovati gioielli preziosi rappresentanti gli uccelli-anima. Tali amuleti avevano la funzione di far sì che l’anima si ricongiungesse con il suo corpo mummificato. Il Ba, intesa come anima, assumerà la forma di un uccello e spiccherà il volo al momento della morte.
Nella mitologia greca l’aquila era sacra a Zeus (e successivamente a Giove per i romani) che, spesso, ne assumeva la forma per mostrarsi agli uomini.
L'aquila è presente nel mito greco di Prometeo, il titano che, con atto d’intollerabile ribellione, aveva rubato agli dei il fuoco della conoscenza per donarlo agli uomini. La vendetta di Zeus però non si era fatta attendere, infatti, Prometeo fu incatenato a una rupe del Caucaso, dove ogni notte un'aquila, messaggera di Zeus, andava a mangiargli il fegato che per i greci rappresentava, assieme al cuore, la dimora dei principi vitali. Il fegato di Prometeo però di giorno ricresceva, preparandolo a nuovi supplizi notturni.
Un'illustrazione del mito di Prometeo e dell'aquila mangia fegato...
Aristotele, Platone e Plinio scrissero che le aquile che fossero riuscite a superare l’infanzia avrebbero vissuto per lungo tempo.
Nella mitologia nordica, in particolare quella vichinga, l’aquila ha un ruolo fondamentale e molteplice.
Da evidenziare sicuramente la figura del gigante Thiazzi che assume la forma di un’enorme aquila per mostrarsi al dio Loki e per costringerlo, con la forza, a farsi consegnare la dea Idhuun che possedeva le mele della vita eterna.
L’importanza dell’aquila nella vita dei vichinghi è ben comprensibile anche da alcune pratiche che essi utilizzavano per vendicarsi dei traditori e dei nemici. Prima su tutte la pratica detta “aquila di sangue”, utilizzata come sacrificio al sommo dio Odino, un metodo di tortura che consisteva nell’aprire il dorso della vittima e rompere le costole per farle assomigliare ad ali insanguinate: in seguito dalla ferita venivano estratti i polmoni e sulle ferite veniva posto del sale sulla ferita.
Antiche credenze egizie affermavano che ogni dieci anni un’aquila sorgesse dalle fiamme dell’inferno per immergersi nell’acqua e acquisire così nuova vita.
L’aquila come divinità era utilizzata ampiamente sia dai Greci che dai Romani. Pare che un’aquila sia apparsa alla nascita di Alessandro Magno e, secondo una diffusa tradizione, nel 331 a.C., un veggente che cavalcava accanto ad Alessandro gli predisse che sarebbe stato vittorioso su Dario poiché aveva visto un’aquila: un presagio di sicura gloria.
L’aquila è stata comunemente associata a grandi personalità della storia e a grandi condottieri: pare che Re Artù abbia vissuto in una caverna sorvegliata da aquile e che prima delle battaglie di Napoleone un’aquila volasse nei cieli.
Per che, nell’Ottocento, fu lo stesso Napoleone a sostituire il tradizionale simbolo della Francia rappresentato dal gallo, con quello di un’aquila.
L'Aquila nelle sacre scritture
Numerose anche le citazione bibliche dell’aquila; tra queste vogliamo ricordare Esodo 19:4 e Deuteronomio 32:11,12): pari all’aquila che desta la sua nidiata, si libra a volo sopra i suoi piccini, spiega le sue ali, li prende e li porta sulle penne.
L’aquila quindi come rappresentazione di Dio stesso: Egli nominò l’aquila parlando con Giobbe per insegnargli l’umiltà (Giobbe 39:27): e forse al tuo comando che l’aquila si leva in alto?.
Ezechiele sostenne di aver visto il carro della somma gloria divina condotto da quattro esseri misteriosi ognuno dei quali aveva quattro volti: d’uomo, d’aquila, di leone e di toro. Una metafora che alludeva agli evangelisti.
Lo stesso concetto, seppur semplificato, è ripreso anche da Giovanni nell’Apocalisse (Apocalisse 4,6-7), il quale sostiene che i quattro esseri viventi che conduce il trono divino hanno l’aspetto di un uomo, di un leone, di un toro e di un’aquila. Ognuno di questi esseri è considerato il più forte della propria specie.
L’importanza di quest’animale si evince anche dal fatto che l’aquila (l’occhio che fissa il sole) rappresenti uno dei quattro Apostoli, ossia Giovanni. Non a caso il suo Vangelo (Giovanni 1,1) inizia con l’estasi-ammirazione nei confronti di Dio: “In principio era il Verbo”.
Per i cristiani, infatti, l’aquila simboleggia la resurrezione perché è l’unico uccello che possa guardare fisso il sole.
Anche Dante Alighieri nella Divina Commedia, nomina spesso l’aquila: in particolare nel verso 48 del Primo canto del Paradiso, egli scrive: Aquila sì non gli s'affisse unquanco. Il sommo poeta utilizza l’allegoria dell’aquila riferendosi alla sua guida nel Paradiso, Beatrice, capace di contemplare il sole con profondità e immobilità.
Un’altra tradizione sostiene che Adamo ed Eva non perirono, ma furono trasformati in aquile per poter vivere in eterno su un’isola al largo della costa irlandese.
L'Aquila come Totem nelle culture indiane d'America
Presso le tribù native americane l’aquila era un importante animale totemico, infatti, le sue penne, erano utilizzate come indumenti, copricapo e altri oggetti cerimoniali. Solo i più meritevoli, fieri e coraggiosi delle tribù potevano adornare il capo con le penne di quest’uccello.
A tal proposito è necessario comprender cosa sia un totem: la parola totem deriva dagli indiani Algonchini e, tradotto, assume il significato di spirito protettore.
Gli spiriti totem, dal punto di vista mistica, rappresentano il destino comune che unisce gli animali agli uomini. L’animale totem assume le sembianze di antenato e alter ego animale (che ognuno di noi ha) e, in quanto tale, deve essere protetto e non può essere mangiato.
Gli spiriti totem proteggono l’uomo che si affida a loro, che li onora e venera. Non a caso nel palo totem, avente funzione protettiva per le popolazioni indiane, l’animale seduto nella parte sommitale del palo era proprio un’aquila.
Sempre secondo i popoli della prateria e dell’America del Nord gli animali forti come l’aquila vivono nell’aldilà e la loro presenza, percepibile nella nostra quotidianità, influisce favorevolmente sulla nostra vita.
Secondo la tradizione Cherokee, compito arduo era considerato andare a cercare le penne dell’aquila necessarie per la sacra danza dell’aquila. Il cacciatore doveva recarsi da solo sulle montagne per quattro giorni, senza mangiare e pregando. Per attirare l’aquila si poteva utilizzare una carcassa di cervo e, tramite canti magici, una volta uccisa, l’aquila veniva lasciata sul luogo della morte in modo da poter celebrare successivamente sacri riti.
Presso i nativi dell’America del Nord (per esempio Navajo) era credenza diffusa che l’aquila del Sud-Ovest fosse un messaggero inviato dagli dèi. Gli Hopi a febbraio prendevano alcune piccole aquile dai loro nidi per portarle nei villaggi e allevarle con cura, viziarle e regalandole anche piccoli doni. In estate poi, durante il periodo delle cerimonie, erano condotte nelle grotte rituali e lì sacrificate assieme ai giocattoli regalati. Scopo di questo sacrificio era di far raccontare alle aquile degli uomini agli dèi e chiederne aiuto e grazia.
Similmente alle popolazioni indiane delle regioni meridionali, quelle del Nord-Ovest pensano che l’aquila sia l’uccello che si trova a diretto contatto con il Grande Spirito e che possa volare fino alle sfere celesti: questo perché il coraggio spirituale di quest’animale è molto forte e rasenta il divino.
I guerrieri che indossavano piume di aquila s’identificavano con la potenza del dio aquila che infondeva in loro forza e coraggio, e le cuffie di piume simboleggiavano l’uccello e il tuono mentre, le singole piume, erano la trasposizione dei raggi di sole.
Nella tradizione indiana si ritrova una similitudine con quanto già detto circa il concetto espresso da Giovanni Apostolo, in altre parole che l’aquila è in grado di guardare direttamente il sole: essa è in grado di avvicinarci al Grande Spirito e, quindi, a farci unire alla nostra anima.
Aquila come talismano, amuleto, in massoneria e nei sogni
Secondo la tradizione indiana, l’aquila come talismano aiuta ad avere visioni ed essere illuminato, a sviluppare le capacità tipiche di quest’uccello come la capacità di difendere, la costanza, la forza, l’agilità, la velocità, la capacità visiva di osservazione e la percettività, di raggiungere un livello di comprensione elevato, di farci sentire uniti al Grande Spirito, di affidare i nostri problemi agli spiriti celesti per trovare soluzioni.
Come amuleto ha lo scopo di proteggere dalla paura, dalle crisi di fede e, dal punto di vista materiale, di proteggerci dai fulmini.
Nella tradizione e nella superstizione europea centro-meridionale si dice che per allontanare gli spiriti maligni da una stalla, è sufficiente inchiodare un’aquila alla porta e che se un uomo mangia il suo cervello quando è ancora caldo, egli sarà in grado di avere visioni straordinarie.
E ancora, se un uovo di aquila viene mangiato da due persone, certamente i demoni si allontaneranno senza fare più ritorno.
Un’altra tradizione gallese asserisce che non si deve mai rubare un uovo da un nido d’aquila, altrimenti non si troverà mai pace fino alla morte.
L’aquila bicipite infine, utilizzata da tempi remoti dalle più svariate popolazioni e rappresentante il principio della dualità, rappresenta uno dei simboli più importanti della massoneria e di varie società segrete.
Nella massoneria scozzese essa rappresenta il trentaduesimo e il trentatreesimo grado del rito scozzese: entrambi numeri dal profondo significato cabalistico dal punto di vista massonico (trentadue, per esempio, sono i sentieri dell’Albero della vita). Solitamente, nel rito scozzese, l’aquila bicipite è rappresentata con il numero trentadue inserito all’interno di un triangolo e che tiene negli artigli un cartiglio con la scritta latina “Spes mea in Deo” est, ossia “la mia speranza è in Dio”: un Dio differente dalla concezione biblica. Ultima curiosità degna di nota è che sulle banconote da un dollaro americano sia raffigurata un’aquila ad ali spiegate che ha esattamente trentadue piume.
Le caratteristiche di forza e coraggio dell’aquila si ritrovano anche nell’interpretazione dei sogni. Sognare un’aquila in volo indica ambizione ed è di buon auspicio, sognarla ferita indica invece una grossa perdita di denaro e vederla morta presagisce rovina.
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