Elvis Presley è vivo! ...e altre leggende sul Re del Rock dal 1977 a oggi
Mirko Giacchetti ci racconta alcune delle ipotesi più incredibili (o no?) sulla fine di The Pelvis
Il rock non è una democrazia, ma una monarchia ed Elvis Presley è il Re. Certo, non stiamo parlando di un regno “normale”, ma di uno simile al Paese delle Meraviglie, solo con più droghe e molte meno regole.
Un paese dove l’eccesso è la regola e la follia saggezza.
E in merito a eccessi e follie Mr. Presley non è secondo a nessuno. Sul conto del Re del rock’n’roll si raccontano storie talmente esagerate da sembrare inventate, delle vere e proprie leggende metropolitane, ma che ci crediate o meno sono quasi tutte vere.
A Graceland, la sua dimora, c’era davvero una fontana di Coca-Cola e un pianoforte placcato oro per intrattenere gli ospiti. Dilapidava fortune in gioielli tempestati di diamanti, per poi disfarsene regalandoli anche a perfetti sconosciuti.
Pur possedendo due aeroplani allestiti con più sfarzo dell’Air Force One, nel 1976 affittò un aereo a Memphis per raggiungere Denver e sedersi al tavolo dell’unico locale che preparava il Fool’s Gold, il suo panino preferito farcito con marmellata alla fragola, burro d’arachidi e pancetta.
Eppure, c’è qualcosa in più.
Elvis non è solo The Pelvis. Non lo si ricorda soltanto per la dipendenza dai farmaci, i gusti pacchiani, l’obesità, le passioni per le armi e le montagne di soldi spesi senza una ragione.
In 23 anni ha inciso 61 dischi, vendendo più di un miliardo di copie. Nella sua carriera ha collezionato 148 dischi d’oro, 82 di platino e 32 di multiplatino. 380 esibizioni consecutive “sold out” e il concerto Aloha from Hawaii che fu trasmesso sul satellite raggiunse oltre un miliardo di telespettatori in tutto il mondo.
Con la sua voce ha reso immortali brani come Jailhouse rock, Hound dog, Blue suede shoes, Always on my mind, Suspicious minds, senza contare quelli reinterpretati da artisti del calibro di Bruce Springsteen, ZZ Top, U2 e moltissimi altri.
È l’unico artista a essere inserito in ben quattro Hall of Fame: rock, gospel, country e rockabilly.
John Lennon disse: "prima di Elvis non c’era niente". Non credo sia del tutto vero: prima di lui esistevano pionieri come Robert Johnson, John Lee Hooker, Hank Snow, Chuck Berry, solo per citarne alcuni, che lasciarono una traccia indelebile nella musica, ma la sua grandezza fu la capacità di accogliere nella sua arte tutta l’energia di una cultura dirompente sino a renderla il rock’n’roll che tutti conosciamo.
Ma non fu solo rock’n’roll, riuscì a raggiungere grandi risultati anche in altri generi e, pur non avendo mai scritto i testi delle canzoni, il suo contributo si rivelò fondamentale per scalare le classifiche con brani inediti o già interpretati da altri con scarso successo.
Il 16 agosto del 1977 morì a Graceland.
Il Re è morto, lunga vita al Re. Lo spettacolo deve andare avanti, ma c’è una nota stonata che arresta l’orchestra: Elvis è morto oppure ha interpretato l’ultimo spettacolo prima di uscire di scena?
Facciamo due calcoli. Nel 2015 dovrebbe compiere 80 anni, le probabilità anagrafiche non escludono del tutto la possibilità che sia ancora tra noi. Pur essendo passati quarant’anni, non sono mai mancate le testimonianze più o meno attendibili di avvistamenti e incontri ravvicinati… del terzo tipo e non solo.
Alcuni fan non credono sia morto, esistono delle “prove” che sia ancora vivo ed è così che Elvis è diventato l’equivalente rock del gatto di Schrödinger: come il felino del paradosso non si può sapere se sia vivo o morto sino a quando non lo incontri.
Se pensate che incontrare un morto non sia un evento così probabile, dovrete ricredervi perché per il Re nulla sembra essere impossibile.
Allora, dov’è possibile incontrarlo? Con un viaggio e una buona conoscenza dello spagnolo potreste anche riuscirci, ma se siete in grado di perdervi dietro casa e non ve la cavate con la lingua ispanica, allora dovete solo aspettare che compaia davanti ai vostri occhi.
Elvis è entrato a far parte dell’immaginario collettivo ed è comparso in opere di autori e generi molto diversi tra loro, così lo si può avvistare ovunque.
Con una esposizione semi seria, cercherò di fare un breviario ragionato degli avvistamenti. Breviario perché elencherò i principali indizi e le sue apparizioni più famose per l’uso e il consumo dell’avvistatore professionale, ma che risulti essere di facile consultazione per i neofiti.
Ragionato è un aggettivo pretenzioso, me ne rendo conto, ma serve a predisporvi positivamente nei confronti di taluni deliri che incontrerete nella lettura e alla scelta di separare gli eventi a seconda del piano dell’esistenza.
Iniziamo.
Elvis Presley è oltre il concetto di esistenza
Siamo sinceri, Elvis è morto. Dal 16 agosto del ’77 lo si può incontrare solo a Graceland, sotto un paio di metri di terra, steso tra Gladys Love e Vernon Presley, i suoi genitori.
Ma c’è vita dopo la morte? Se così fosse il Re avrebbe solo l’imbarazzo della scelta…
Per schiodare le fan più agguerrite, alla fine di ogni concerto uno speaker annunciava: "Elvis has left the building" (Elvis ha lasciato l’edificio). Nel Tennessee esiste l’unico edificio che non ha mai abbandonato, non del tutto almeno.
Grazie all’insistenza e a qualche trucco del suo manager, il famigerato Colonnello Tom Parker, nel ’56 Elvis fu strappato a Sam Phillips e alla Sun Records per approdare alla Rca Records.
Con questo cambio di scuderia sparirono molti limiti della gestione dell’artista. I mezzi e le maggiori possibilità economiche della casa discografica ampliarono i confini delle esibizioni e ne accelerarono la carriera. I concerti non si sarebbero svolti solo nel sud degli Stati Uniti ma su tutto il territorio e vennero aperte le porte della televisione con l’apparizione allo Stage Show e al Milton Berle Show.
Il 10 gennaio iniziò l’incisione del nuovo album Elvis Presley al The Row, studio di registrazione al 1525 di McGavock Street a Nashville.
Alcuni anni dopo la sua morte, scoprirono che pronunciando il nome del Re all’interno dell’edificio le luci e le strumentazioni elettroniche smettevano di funzionare, gli altoparlanti riproducevano strani rumori e moltissimi oggetti cadevano a terra.
Se non siete propensi a incontrare un poltergeist e disturbare le attività dello studio, ma volete comunque incontrare il fantasma di Elvis, nessun problema, mettetevi comodi sul divano e leggetevi il racconto E hanno una band dell’altro mondo, contenuto nella raccolta Incubi e deliri di Stephen King.
Non vi piacciono i fantasmi, preferite gli zombie? Bene, tutti a Liberty City oppure aspettate l’arrivo di Dead Elvis.
Accendete la consolle, iniziate una partita a Grand Theft Auto III, tra un reato e l’altro potreste imbattervi in alcuni giornali che danno la notizia del ritrovamento di Elvis zombie.
Un incontro troppo asettico? Volete vedere uno zombie vero? Se preferite ascoltare della buona musica, allora potreste consultare i calendari dei concerti in città e comprarvi il biglietto per una esibizione di Dead Elvis and His one man grave. Si tratta di un artista che indossa una maschera con le fattezze di Elvis zombie e veste i con gli abiti tipici dei sosia. Scrive pezzi semi seri sulla morte ed è un one-man band, suona tutti gli strumenti nelle sessioni live.
Cercate i suoi video su Youtube, ne vale la pena.
Gli zombie hanno rotto con The Walking Dead?
La serie televisiva True Blood è tratta da un ciclo di romanzi scritta da Charlaine Harris. Protagonisti assoluti sono Sookie Stackhouse e Bill Compton, una coppia fissa che risiede nell’immaginaria città di Bon Temps, Louisiana. I due sono rispettivamente una telepate e un vampiro e vivono una storia d’amore in una comunità in cui esseri umani e creature sovrannaturali coesistono più o meno pacificamente. Tra i personaggi secondari c’è un certo Buba, l’uomo di Memphis. Secondo voi chi è?
Avete ragione, dopo Twilight dei vampiri non se ne può più.
Fantasmi, zombie, mummie e simili non esistono?
Basta perdere tempo, è morto e basta.
Anche Matt Groening sembra pensarla così. Nella sigla di uno dei tanti speciale halloween dei Simpson si vede una lapide in cui appare la scritta “Elvis: fatevene una ragione” e nello sketch della lavagna Bart scrive “Non ho visto Elvis”, perché sarebbe morto e sepolto.
Elvis Presley has left the Earth
Proprio non riuscite a credere che sia morto o tramutato in qualche mostro? Siete sicuri che la sua stella non si sia spenta e che non sia umano? Il 16 agosto del ’77 è partito per raggiungere il suo pianeta natale.
“No, Elvis non è morto. È solo tornato a casa.” come sostiene Tommy Lee Jones nei panni dell’Agente K nel film Men in Black. Alien Elvis è vivo, ma non lo si può incontrare perché se la suona e se la canta su un altro pianeta.
Invece non è impossibile, potrebbe sempre ritornare e farsi un giro, magari per reincarnarsi.
Yukon, Canada. Una terra al confine con l’Alaska occupata per lo più da altopiani. In quella landa, dove l’estate è torrida e l’inverno rigido, un cittadino, tal Gilbert Nelles, viene colpito da un raggio sparato da un UFO.
Non di dissolve in un mucchietto di cenere, né viene rapito e trasportato a bordo. La sua biologia non viene stravolta e non acquisisce nemmeno dei super poteri come Lanterna Verde o Ralph Super Maxi Eroe, l’unico cambiamento che interviene in lui è la necessità di cambiare legalmente il suo nome in Elvis Presley e affermare di essere la reincarnazione del Re.
Visto, è vivo e ancora tra noi, quindi è certamente possibile incontrarlo!
Spesso si pensa che Elvis non tenne concerti fuori dagli States per via di alcuni problemi del Colonnello con l’immigrazione. Nel 1926, all’età di 17 anni, Andreas Cornelis Van Kuiijk abbandonò la nave su cui lavorava e scese illegalmente negli Stati Uniti. Si arruolò nell’esercito con il nome di Tom Parker, ma dopo un breve periodo come artigliere alle Hawaii disertò, perdendo ogni speranza di diventare americano.
A causa dei precedenti, nel ’40 non aderì nemmeno all’Alien Registration Act che, in cambio dell’arruolamento per combattere nella seconda guerra mondiale, concedeva la cittadinanza a tutti i clandestini.
Il titolo di Colonnello non ha nulla di marziale quando è associato ad Andreas: si tratta di un’onorificenza concessagli nel ’48 dal governatore della Louisiana Jimmie Davies per l’impegno e il lavoro che svolse durante la campagna elettorale.
Nonostante il controllo e l’ingerenza del Colonello sulla vita di Elvis, nell’aprile del ’57 il Re si esibì in Canada senza essere accompagnato, per ovvi motivi, dal Colonnello.
Non mi sembra che si sia esibito anche nello Yukon, ma tutto torna: Elvis è tornato tra i canadesi!
L’attenzione però non va rivolta alla reincarnazione, ma sull’astronave. Già, perché con questa testimonianza prende corpo da quanto scritto da Douglas Adams nel ciclo di romanzi Guida galattica per gli autostoppisti. Dopo la distruzione della Terra, i due protagonisti acquistano una navicella spaziale targata EP, che non sia la stessa da cui è partito il “raggio reincarnante”?
Non vi piace il Canada perché anni e anni di South Park sono pur serviti a qualcosa? Altipiani, estati torride e inverni rigidi non fanno per voi? Preferite le zone tropicali e rimanete affascinati dai misteri? Il Re possiede un’astronave, ma non spara raggi e non scorrazza per l’universo.
Recuperate un vecchio Commodore 64, installate Zack McKracken and the Alien Mindbenders e scegliete di avventurarvi in volo sul triangolo delle Bermuda. Verrete catturati da un’astronave rosa con una linea aerodinamica che ricorda la Cadillac Fleetwood, l’automobile che Elvis adorava e lo stesso modello che acquistò nel ’55 con i primi guadagni. L’alieno con cui dovrete trattare la liberazione si chiama il Re e indossa il costume di scena in pelle bianca.
Elvis un alieno? Non vi sembra credibile? Tranquilli, non è uno di loro, è stato rapito. L’agente K, Douglas Adams e i programmatori di Zack McKraken si sbagliavano.
Secondo Brian Michael Bendis sono stati gli Skrull. Sono degli extraterrestri creati da Stan Lee e Jack Kirby. Nel dettaglio, sono mutaforma provenienti dalla Galassia di Andromeda che, non sapendo come occupare il tempo, si dedicano all’invasione del pianeta Terra e alla assidua frequentazione di molte testate Marvel Comics.
Nel ciclo Secret Invasion tentano di infiltrarsi nelle squadre di pronto intervento de I Vendicatori, sia nella formazione dei “nuovi” che in quella classica dei “potenti”, sostituendosi ai super eroi che le compongono per sabotare ed eliminare le difese terrestri. Quando l’ennesimo tentativo di impossessarsi della Terra fallisce, si scopre che gli originali sono rinchiusi a bordo di un’astronave e nel gruppo appare anche Elvis.
Secondo il mio modesto parere, gli Skrull non lo hanno rapito per sostituirlo con una copia, ma per avere una colonna sonora in grado di apportare un contributo positivo ai loro piani fallimentari.
Elvis Presley is still on Earth
Troppa fantasia? Elvis non è un mostro, un alieno o via dicendo? Il 16 agosto ’77 ha organizzato l’ultimo grande spettacolo per uscire di scena.
In questo caso, ognuno di noi può incontrarlo. Il Re è vivo, lunga vita al Re.
La verità è là fuori e come l’agente Mulder di X-Files, alias David Duchovny, siete convinti che “solo una persona è riuscita a fingere la propria morte con successo: Elvis.”
Ma siamo sicuri che sia stata davvero organizzata bene?
La sua morte sembra essere plausibile, ma quando si scende nei dettagli acquisisce i contorni di una leggenda metropolitana. Esistono linee guida ma ci sono troppi contorni sfocati e molti dettagli cambiano a seconda di chi la racconta.
Molti dei testimoni oculari fornirono versioni contrastanti in merito a quel giorno, soprattutto sull’abbigliamento e la posizione del corpo al momento del ritrovamento.
Inoltre, a meno che non sia morto tre volte in pochi minuti, non concordano nemmeno sul luogo del decesso. Non è chiaro se sia avvenuto nel bagno, nel trasporto in ambulanza oppure al suo arrivo in ospedale.
Inoltre, furono avanzate diverse cause della morte. Sin dal ’74 diversi medici cercarono di convincere Elvis ad abbandonare il suo regime alimentare, a smetterla di restare sveglio ogni notte, ripristinando il corretto ciclo sonno-veglia, e a vincere la sua dipendenza, nonché abuso, di farmaci.
In quegli anni la sua vena artistica sembrava essersi esaurita. I proventi furono dimezzati dalle esose richieste del suo manager - a Parker andava il 50% di ogni entrata - e fu costretto a cedere i diritti del catalogo musicale alla Rca nel tentativo di porre rimedio alla disastrosa situazione economica in cui versava.
Ovviamente non fece nulla di quanto gli consigliarono e proseguì a vivere recluso a Graceland, cercando conforto nel cibo.
Lo stress e la paranoia tenevano prigioniera la sua psiche, mentre i farmaci e diete improvvisate devastavano il corpo. Era spesso vittima di violenti attacchi d’ira che sfogava puntando molte delle pistole in suo possesso contro amici e parenti oppure si rinchiudeva nella camera da letto e sprofondava nella malinconia più nera.
Il quadro complessivo della salute di Elvis era quello di una persona obesa e in preda a squilibri psichici.
Come prima causa della morte fu indicato l’arresto cardiaco, poi uno shock anafilattico e infine la malattia di Hirschsprung, una costipazione cronica.
Qualunque sia stata la causa, tutte e tre comunque conducono all’infarto.
Ma il sospetto non è sulla molteplicità delle cause, ma sull’autopsia.
Per anni il referto è stato coperto dal segreto e quando fu resa pubblica presentò alcune incongruenze.
Venne indicato un peso diverso da quello di Elvis. Due mesi prima pesava 112 Kg, poi grazie a una dieta in vista di alcuni concerti arrivò a 92 kg. Secondo il referto, il peso del cadavere era di 120 Kg, circa trenta chili in più.
In vita non aveva mai subito operazioni, ma sul referto autoptico era segnalata una cicatrice che partiva dal collo e terminava all’altezza dello stomaco.
Esistono altre prove ma credo siano piuttosto deboli e facilmente contestualizzabili.
Il National Inquirer pagò un cugino di Elvis per rubare alcuni scatti dalla camera ardente. Le foto mostravano incongruenze con i tratti somatici del Re e questa anomalia venne spiegata con altre argomentazioni.
Secondo alcuni nella bara fu deposto un manichino di cera, un refrigeratore nel doppio fondo che fece aumentare notevolmente il peso del feretro e la climatizzazione della stanza era a livelli polari, proprio per evitare inconvenienti.
Un paio di considerazioni. In agosto a Memphis la temperatura durante il giorno arriva ai 35° e lasciare un cadavere a quelle temperature non credo sia consigliato. Il fatto che la salma potesse apparire simile a un manichino di cera, potrebbe essere dovuto al lavoro delle pompe funebri. Elvis era sovrappeso, quindi i lineamenti potrebbero essere stati stravolti per questo motivo. Il peso della bara non credo sia dovuto alla presenza di un condizionatore, potrebbe essere il frutto di una pesante personalizzazione dell’ultima dimora.
“Elvis non è morto. È morto il suo corpo. Noi manterremo vivo il suo spirito. Manterremo vivo Elvis. Ho parlato con lui questa mattina e mi ha detto andate avanti.” Questo parole furono l’addio del Colonnello Parker nel giorno del funerale, tenutosi il 18 agosto.
Le cronache di quel giorno riportano un atteggiamento indifferente del manager e, considerato il suo amore per il guadagno, appare incredibile come non sia stato colpito da una tale tragedia. C’è una reazione standard per i funerali? Per partecipare a una sepoltura e necessario esibire abiti consoni all’occasione e una serie di lacrime, piagnistei vari e grida a modulazioni varie, altrimenti non si è a norma? Si può considerare equivoco l’impegno a mantenere vivo lo spirito, e soprattutto la vendita degli album, del proprio cliente?
Il fatto che non ordinò nuovi costumi di scena per il concerto, licenziò alcuni collaboratori ed escluse alcuni parenti dal testamento possono essere degli indizi, ma per ognuno di questi fatti è possibile trovare almeno una decina di spiegazioni.
Un altro sospetto della messa in scena è la foto con Nixon. Il Re del rock’n’roll si recò alla Casa Bianca, ma non si trattò di una semplice visita di cortesia. La versione ufficiale si collega alla collezione di distintivi di Elvis. Negli anni settanta in ogni città in cui ha tenuto un concerto, ha fatto il possibile per incontrare i rappresentanti delle forze dell’ordine che, per non presentarsi a mani vuote, lo omaggiavano sempre con cariche onorarie.
Vi fu però chi si rifiutò di consegnare il distintivo: la DEA.
Per aggirare l’ostacolo si recò a Washington e lo chiese direttamente al presidente degli Stati Uniti. Questa la versione ufficiale per coprire l’inserimento forzato di Elvis nel programma di protezione dei testimoni. Abusava di farmaci e ne era dipendente, a conti fatti era un drogato, ma disprezzava le sostanze stupefacenti. Si impegnò attivamente nella lotta contro i narcotrafficanti e questo lo rese un bersaglio.
Prima che venisse eliminato, l’F.B.I. intervenne.
Ultima incongruenza. Di norma, un padre dovrebbe conoscere il nome del figlio e qualora fosse anche analfabeta, e Vernon Presley non lo era, di norma si affida a chi sa leggere e scrivere per apporre l’esatta grafia sulla sua lapide. Nel caso di Elvis, sapendo che il luogo di sepoltura sarebbe stato meta di pellegrinaggio, è difficile pensare che si tratti di una svista.
Il nome completo era Elvis Aaron Presley o Elvis Aron Presley?
Nel certificato di nascita all’anagrafe di Tupelo, nei documenti per l’arruolamento nell’esercito e nella firma per esteso fatta dallo stesso Elvis appare sempre Aron, mai Aaron come è riportato sulla lapide.
Ma se è vivo, dov’è?
Un avvistamento confermato è quello della cisterna acquedotto che svetta sugli Studios della Warner Bros. Elvis sarebbe stato ospitato dei tre surreali e un po’ svitati fratelli Yakko, Wakko e Dot Warmer, conosciuti come Animaniacs. Sono degli animali matti più che sani e protagonisti di cartoni animati che, assieme alla complicità di altri ospiti fissi, mettono a soqquadro la vita persone comuni, ma anche personaggi pubblici come politici, attori e cantati. Fedele alla propria natura, al termine di un episodio Yakko augura la buonanotte al Re, obbligandolo a rispondere. Dietro al semplice gesto di educazione del protagonista c’è l’intenzione di svelare la presenza del Re e compromettere il suo nascondiglio.
Soffrite di claustrofobia e vertigini? Non siete inclini a visitare luoghi chiusi a molti metri da terra? Niente viaggi a Los Angeles, ma potreste provare a Cuba.
All’epoca del ricovero di Fidel Castro all’ospedale Gregorio Maron, il foto reporter Matt Frost si travestì da infermiere per riuscire ad avvicinare e immortalare su pellicola lo stato di salute de il Lider màximo, sbagliò stanza e si imbatté in un settantenne che ammise, molto candidamente, Yes, it’s me, Elvis (sì, sono io, Elvis).
Se ci siete già stati in vacanza e non lo avete incontrato, allora la prossima estate recatevi a Buenos Aires dove è stato registrato il più alto numero di avvistamenti.
Il giorno dopo la presunta morte, senza nemmeno stazionare un po’ di tempo nella bara, si recò al Memphis International Airport e usò il nome John Burrows, lo stesso utilizzato per organizzare i suoi spostamenti in incognito, per comprare un biglietto per la capitale argentina. In seguito spedì diverse lettere agli amici e diverse perizie calligrafiche le accertarono come scritte da Elvis.
A suon di vacanze avete già girato tutto il pianeta e non lo avete mai avvistato? Allora, tornate a Las Vegas e potreste individuarlo tra i molti sosia a sulla Strip. Come dire, si è nascosto sotto gli occhi di tutti. Un consiglio pratico, dato che ha ottanta anni, concentratevi su quelli più stagionati e forniti di bastoni o deambulatori.
Volete avvistamenti comodi, di quelli che non prevedono bagagli, partenze, voli aerei ma solo una poltrona e un telecomando?
Elvis amava il cinema e i suoi attori preferiti erano Marlon Brandon e James Dean. Nel tentativo di emularli, iniziò una carriera cinematografica ma rimase intrappolato nel suo ruolo di cantante: sempre a caccia di parti serie e pellicole di un certo livello fu dirottato, specialmente da Parker, verso film a basso costo e con trame scadenti.
Al manager interessavano gli incassi e i film di un certo livello non assicuravano un successo economico, senza trascurare che la presenza di star di Hollywood sullo schermo avrebbe potuto danneggiarlo, offuscando la sua performance o relegandolo a ruoli secondari.
Dopo la sua sparizione, in una sorta di riscatto, ha interpretato se stesso sul grande schermo assumendo le sembianze di altri attori. Questa scelta gli ha permesso di dimostrare di saper recitare, anche senza cantare, ma preservando la sua decisione di vivere lontano dai riflettori.
In Bubba-Ho Tep, tratto dal racconto omonimo di Joe R. Lansdale, con le sembianze di Bruce Campbell va a caccia di una mummia in un ospizio.
Nel biopic Elvis the Early Years, si nasconde assumendo le fattezze di Jonathan Rhys-Meyers, e ripercorre gli anni dall’adolescenza al ’68.
In Una vita al massimo, pur non mostrando mai il trucco da Val kilmer, è se stesso e consiglia ed esorta il protagonista.
In 300 Miles to Graceland ha interpretato contemporaneamente tre sosia di se stesso impegnati in una rapina di un casinò di Las Vegas durante un raduno di Elvis Impersonator. Con buoni risultati è riuscito a spacciarsi per Kurt Russel, Kevin Costner e Christian Slater.
Come è possibile pensare che Elvis viva senza contraddirsi?
Per uno come me, Elvis è l’equivalente di uno Jedi per un Padawan o, se preferite i cattivi, un Sith per un apprendista. Nell’articolo ho volontariamente dato lo stesso peso a realtà e finzione, perché credo che le prove di Elvis vivo discusse siano tutte fantasie.
Come fan di Elvis per quello che ho appena scritto mi sono guadagnato l’esilio dai sudditi del Re.
Io credo che sia sopravvissuto a quel giorno, ma solo grazie all’intervento di due entità… ma questa è tutta un’altra storia, una Scommessa a Memphis.
L'Autore
Mirko Giacchetti è uno dei tanti nomi con cui è indicato il paziente della stanza 333. Rinvenuto presso la città di *** mentre deambulava in stato confusionale senza documenti. Attualmente ospitato presso il manicomio di ***.
Il paziente è spesso in stato catatonico. Questa condizione è interrotta da brevi momenti di lucidità e il soggetto impiega questo tempo online cercando news, in maniera ossessiva, sul cinema e sui libri di genere thriller, horror e noir.
Sostiene di essere William Munny e con lo stesso nome scrive anche brevi racconti che, stando a quanto dichiara il paziente, sono ricordi della sua vita fuori da queste mura. Soggetto da non avvicinare senza le dovute precauzioni.
(Estratto dalla cartella clinica del paziente ospitato nella stanza 333).
Collabora con diverse redazioni on line tra cui Nero Cafè, Milano Nera, Skan Magazine. Pubblica i suoi deliri con Dunwich Edizioni.
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