Anche un uomo può leccare una mano
Quando il migliore amico dell'uomo è un altro uomo
Una sera, in un piccolo paese di campagna, una ragazza resta da sola a casa perché i suoi genitori sono andati in città per assistere una parente che ha avuto un incidente.
Fuori c’è un forte temporale e la giovane trascorre la serata guardando la televisione in compagnia del suo fidato cane, che le lecca la mano ogni volta che lei la fa scivolare giù dal divano.
Al momento di prepararsi per andare a letto, la ragazza si accinge a chiudere tutte le finestre, ma una di esse è difettosa e resta socchiusa.
Incoraggiata dalla presenza dell’animale, la fanciulla sale comunque di sopra nella sua stanza, si infila il pigiama alla svelta e si butta sotto le coperte.
Il sonno tarda però a venire. Spaventata dalla solitudine e dalla tempesta che infuria sulla casa, la ragazza allunga la mano nel buio e incontra il muso del cane che le dà una leccata forte e ruvida con la lingua.
Tranquillizzata, finalmente comincia a sentire arrivare il primo sonno.
Tuttavia, nel corso della notte, per due volte dei tuoni forti e rimbombanti fanno svegliare la giovane di soprassalto. Impaurita dall’isolamento, di nuovo cerca la leccata confortante del cane, che non tarda ad arrivare.
La prima cosa che farò domattina sarà di lavarmi la mano, pensa. Il resto della notte trascorre tranquillamente.
L’indomani il chiarore del mattino comincia a filtrare dalla tapparella. La ragazza si alza, ancora intontita, e sente qualcosa di viscido sul tappeto.
Per verificare di cosa si tratti si avvicina alla finestra, la apre e lascia che la luce del giorno entri nella stanza.
Si volta per cercare il suo cane e nota una scritta rossastra sul muro. Poi vede il suo animale a terra, in una pozza di sangue. Comincia a singhiozzare e infine mette a fuoco la scritta sul muro: “Anche un uomo può leccare una mano”.
Questa leggenda, diffusa negli Stati Uniti fin dagli anni Sessanta, con il tempo è stata trasmessa in versioni sempre più ricche e varie: in una di esse, la protagonista non è in casa da sola ma insieme ad altre ragazze. Sentendo il cane leccarle la mano, si tranquillizza senza accendere la luce; al mattino troverà però morte tutte le compagne e il cane, e la scritta sul muro che le farà intuire la macabra verità.
In un’altra versione, la ragazza durante la notte è svegliata da un gocciolio che non riesce a spiegarsi, ma viene, come negli altri casi, rassicurata dalla leccata del cane. Al mattino troverà il cane sgozzato, appeso alla doccia: lo stillicidio da lei udito di notte non era altro che quello provocato del sangue dell’amato quattrozampe sul pavimento.
Infine, in altre versioni, il raccapricciante messaggio campeggia sullo specchio del bagno con la domanda: “Sei contenta di non aver acceso la luce stanotte?”, mettendo in correlazione la leggenda a quella celeberrima relativa alla “morte della compagna di stanza”, diffusissima nei college americani.
Una versione particolarmente terrificante della leggenda è narrata da Danilo Arona in La stazione del dio del suono:
«Urla ancora una volta: «Aiuuuuto» e, senza aspettare improbabili risposte, si lancia giù per la stradina.
Laggiù un maschio, bianco e ansimante, nascosto dietro un cumulo di spazzatura sente la sua invocazione e si lecca le labbra, ancora sporche di sangue di cane».
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