Libri > Recensioni > Il Libro di Renfield, di Tim Lucas, edito da Gargoyle Books nel 2011 al prezzo di 14 euro. Leggi la trama.
Personalmente non ho mai avuto dubbi: il personaggio più inquietante, complesso, rotondo,
potente e moderno del Dracula di Bram Stoker è Renfield, il suo evangelista-annunciatore,
il pazzo entomofago morbosamente eccitabile, l'aspirante succube-famiglio del fascinoso vampiro transilvano.
D'altronde non credo sia un caso se la sindrome psicopatologica di cui soffrono coloro
che sentono il bisogno incontrollabile di assumere sangue per via orale si chiami sindrome di Renfield, e non sindrome di Dracula.
E proprio l'approccio psicologico è quello che - con un certo coraggio, retto da una
profonda conoscenza della materia - sceglie Tim Lucas (intervistato di recente da LaTelaNera.com) per costruire il suo spin-off:
Il libro di Renfield, pubblicato da Gargoyle a proseguire un percorso di
valorizzazione del mito di Dracula - e in generale della vera figura-archetipo del Vampiro - molto intelligente.
L'editore romano, infatti, piuttosto che adagiarsi su facilissimi vampirate derivative da quattro soldi,
prosegue il lavoro iniziato l'anno scorso con l'interessante prequel Gli archivi di Dracula di Raymond Rudorff, che andava a scavare nelle radici della famosa vicenda. Allo stesso modo, Il libro di Renfield è un arricchimento estremamente rispettoso e armonico del mito originale di Dracula, che ne scava, potremmo dire, quello che è probabilmente il più suggestivo e disturbante "retroscena", lontano da ogni spettacolarizzazione. Segreto, rinchiuso, nascosto.
Come la follia.
Operazione che in qualche modo oggi, in tempi d'invasione di ben altri vampiri,
che certo non si fanno annunciare da mangiatori d'insetti sporchi di sangue e sperma
incatenati e chiusi in una camicia di forza, ma al massimo da un po' di brillantini
e da una canzone emo, va senz'altro lodata e premiata.
Perché l'immagine e la dignità del vampiro, davvero, meritano di essere ristabilite e difese.
Tornando al libro, e all'approccio psicologico, troviamo così un Renfield profondamente
esplorato nella sua umanità dissociata, tarlata alle vere fondamenta da una situazione drammatica
infantile, ne seguiamo la formazione distorta che lo predispone a essere il perfetto combustibile del Male. Combustibile è
a mio avviso il termine giusto, poiché Renfield alimenta il Male, gli permette di manifestarsi, destinato a consumarsi nel processo. Renfield è benzina.
Leggere Il libro di Renfield, in questo senso, non si discosta molto dalla lettura delle biografie
di alcuni serial killer che la criminologia di settore
classificherebbe come succubi. Ovvero quei criminali, come diversi di quelli descritti da Giuseppe Pastore
e Stefano Valbonesi nel saggio In due si uccide meglio, che di per sé probabilmente non avrebbero ucciso,
ma che il substrato sociale e familiare in cui erano cresciuti aveva reso prontissimi a farsi pedina di qualcun altro
- spesso di un partner amoroso - per compiere i più orribili delitti. E l'identificazione con un partner amoroso si ritrova
peraltro anche nel romanzo di Lucas, laddove Renfield identifica Dracula quale figura materna evidentemente distorta da una visione edipica.
Renfield è quindi pronto, reso tale dal lato oscuro della società vittoriana in cui è cresciuto, a farsi appunto combustibile,
guardiano della soglia che permette a un male mitico, lontano, esotico, legato a una terra che ha connotati esoterici e fantastici
come la Transilvania, di penetrare nel concreto e perbenista posticcio qui-e-ora della società vittoriana. Deflagrandola in segreto,
per poi tornare da dov'è venuto.
Ma davvero non si è lasciato nulla alle spalle?
È davvero una figura complessa, affascinante, quella di questo "Guardia di Porta", giustamente descritto come un Giovanni Battista blasfemo.
Una figura che, attenzione ché è questo il punto esplosivo, attraverso la sua percezione malata della Realtà,
permette a una Realtà Altra di irrompere nel mondo. Sì, perché senza Renfield Dracula a Londra non ci potrebbe arrivare.
L'operazione di raccontare una storia estremamente nota attraverso un punto di vista nuovo, quello di un personaggio "secondario",
non è nuova in letteratura (basti pensare alla domestica del Dr. Jekyll interpretata da Julia Roberts in Mary Reilly),
ma resta operazione molto rara, difficile e che può dare risultati davvero notevoli.
Lucas sa allestire la sua operazione con buona strategia, fin da subito non limitandosi
allo spin-off di per sé, ma inserendolo in un contesto metaletterario fatto di cornici ben intrecciate,
che agganciano i due libri (Dracula e Il libro di Renfield) alle vicende "reali"
da cui sono tratti. Quindi - accordandosi con garbo alla struttura epistolare dell'originale,
aggiungendo le trascrizioni dei cilindri fonografici - narrando la storia di Renfield e
la storia del libro stesso, e dei personaggi già noti che a tutto questo ruotano attorno, a partire naturalmente dal dottor Seward.
Molto interessanti le valenze simboliche, sociali e religiose che Lucas dissemina lungo il libro,
così come lo sguardo sui risvolti più cupi della medicina ottocentesca, ma senza dubbio il tema più
approfondito e caratterizzante è proprio quello della follia del personaggio.
Il libro di Renfield si connota insomma come una descrizione senza squarci ottimisti
della realtà del Male, della necessità di prenderne coscienza e di accettarlo come parte del Reale,
un Male più che mai concreto e presente (non è certo un caso il riferimento all'11 settembre nella postfazione del bis-nipote di Seward, autore fittizio del libro)
di cui il Folle è spesso semplicemente la carne da macello, lo strumento da utilizzare,
ma è un Folle che non è colpevole della sua condizione: tale è soltanto la società che l'ha condotto alla follia. Che l'ha reso benzina del Male.
Come dice il dottor Seward nella parte iniziale del romanzo: "Troppo spesso ho notato
che molti degli uomini e delle donne rinchiusi nel mio manicomio erano innocenti,
mentre quelli che li avevano infettati con il seme della follia erano ancora a piede libero". Guardiamoci attorno, accendete la TV, e ditemi: non è forse orribilmente vero?
E altre volte il Folle non è nient'altro che un profeta, in attesa di essere compreso.
Splendida la nota finale di Alessandro Defilippi, che da sola varrebbe l'acquisto del libro.
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