Libri > Recensioni > Ho appena ucciso mia moglie, di Emmanuel Pons, edito da Barbès nel 2011 al prezzo di 14,00 euro. Leggi la trama.
Sappiamo cos’ha fatto Emmanuel, lo sappiamo fin dal titolo: non sappiamo cosa farà.
È fiero di sé, questo artista di provincia: per dirla con le sue stesse parole, “da giovane ho avuto tutto: amore, denaro, una buona educazione. Ne sono uscito da solo.”
Aver trucidato Sylvie lo riempe d’orgoglio, è la sua grande impresa, compiuta senza l’aiuto di nessuno. In fondo lei, Sylvie, dovrebbe ringraziarlo: le ha risparmiato anni di fatica e sudore che l’avrebbero condotta a una vecchiaia squallida.
Ancora nessuno sa cosa sia successo, non i vicini, non i suoceri, non la sorella di Sylvie. E Emmanuel ha deciso di confessare, di presentare al mondo, con sommessa eleganza, la propria opera: ma a chi farà questo dono della confessione, con chi condividerà il lustro della propria bravura assegnandogli il ruolo di testimone principe, lasciandogli in eredità l’attenzione delle telecamere?
Il primo cui pensa è Derangon, l’anziano vicino con cui spesso si era intrattenuto in conversazioni affascinanti: ma le cose non vanno esattamente come lui si aspettava, e Derangon e sua moglie finiscono sgozzati anche loro, mentre Emmanuel sperimenta questa nuova forma di libertà.
Questo è il primo di una serie di delitti, o quasi-delitti appena sfiorati, che Emmanuel inizia a seminare sulla propria strada: ed è solo naturale, per lui, condividere quelle esperienze nuove ed esaltanti con la persona con cui ha sempre cercato di dividere tutto... la sua Sylvie, che riposa nel congelatore, che lui va a trovare devotamente, con cui finalmente può aprirsi senza sentirsi giudicato, senza che ne nasca una lite... quasi mai.
Ci sono molti registri in questo piccolo libro intitolato Ho appena ucciso mia moglie.
C’è la follia, in cui il protagonista si tuffa, più che sprofondare.
C'è il brivido che regala al lettore di una mente che si va perdendo.
C’è il modo surreale e ilare in cui Pons non riesce a comunicare a nessuno il proprio delitto e farsi prendere sul serio.
C’è la malinconia dietro le sue parole, in cui si scopre che Sylvie dopotutto non era esattamente una povera vittima... senza negarci, sia pure per un solo istante, un pensiero: “hai fatto proprio bene, al tuo posto avrei fatto lo stesso”, salvo poi riportarci alla realtà di un delitto squallido e vigliacco.
E per ultimo non manca neppure il calore, la tenerezza che quest’uomo non riesce a provare per i propri simili, per nessuno che non sia Emmanuel Pons, ma che riversa malinconicamente sul paesaggio, sui panorami magnifici e tristi che lo circondano, e che non fa che acuire la sua solitudine.
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