Libri > Recensioni > Il divoratore, di Lorenza Ghinelli, edito da Newton Compton nel 2011 al prezzo di 9,90 euro. Leggi la trama.
Interessante esordio, quello di Lorenza Ghinelli, che con Il Divoratore firma una favola nera dalle atmosfere classiche che sembra pronta per una riduzione cinematografica.
Ed è proprio al cinema che lei si ispira, almeno quanto ai modelli letterari. Se in molti hanno voluto accomunare questo suo romanzo horror a It di Stephen King, non si può negare che l’immaginario da cui ha attinto sia molto più vasto. Quindi il Nightmare on Elm Street di Wes Craven, il The Ring cinematografico di Hideo Nakata (più ancora del libro di Koji Suzuki), l’intera serie cult de I Segreti di Twin Peaks.
E non solo, parecchie sono le influenze culturali e letterarie che sono alla base di questo libro.
Influenze, beninteso, non sto parlando di scopiazzature, perché l’autrice ha saputo modellare il suo bagaglio letterario in una storia originale, che forse non è riuscita a centrare del tutto l’obiettivo, ma che resta comunque una prova d’esordio di gran rispetto.
La prima parte è senz’altro la più riuscita. La più vera, la più sentita, la più curata. Finché l'autrice esplora il mondo dell’infanzia, anzi dell’adolescenza, con i suoi incubi e le sue ossessioni, il libro pare scritto in stato di grazia. Si tratta anche della parte più kinghiana, perché è evidente l’influenza del maestro.
La seconda parte, quella della ricerca-indagine, ricalca invece un modello più ispirato a The Ring, soprattutto nella costruzione. Qui la storia diventa più astratta, le atmosfere alla Twin Peaks si moltiplicano, e anche se è presente un finale funzionante, che spiega e risolve tutto, resta comunque l’impressione che la storia sia andata via via diluendosi, perdendo molta dell’ispirazione iniziale.
Il personaggio del Divoratore, incarnazione dei timori dell’infanzia, non riesce a essere originale come vorrebbe, in quanto è debitore a molte figure dell’immaginario fantastico-letterario, a partire dall’Uomo Nero fino ad arrivare al Pennywise di King. La parte onirica e surreale, che lo differenzia dai suoi predecessori, è allo stesso tempo il punto più originale ma anche più discutibile del libro.
La scrittura è semplice, essenziale. Troppo spesso minimalista. In alcuni punti diventa pure fastidiosa nella brevità delle frasi.
In compenso il romanzo non annoia mai, scivola via come acqua e invoglia a continuare a leggere.
Il Divoratore non è un capolavoro, ma senz’altro un ottimo romanzo. Dovendogli dare un voto, usando le classiche cinque stelle, direi che si merita un quattro pieno e abbondante.
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