Libri > Recensioni > Freddo nell'anima, di Joe R. Lansdale, edito da Fanucci nel 2007 al prezzo di 12.50 euro. Leggi la trama.
Sarà che il male ha un fascino particolare, nel suo ricco universo di rigogliose parolacce, comportamenti sibillini e meschini, atmosfere moleste e, perché no, un bel circo di mostri deformi e schifezze deambulanti, ma questa volta Joe R. Lansdale ha davvero esagerato, con la sua penna cinicamente volgare.
Il problema di Freddo nell’anima sta infatti in una prima parte che sì, cattura l’attenzione, ma più che altro per cercare di capire come sia possibile che un romanzo (seppur breve come il qui presente) possa avere, come protagonista, un reietto razzista e squilibrato, che non fa alcunché per nascondere le sue virtù caratteriali. La sua è una strada di redenzione e pentimento, lungi da me tentare di mentire, ma ai nastri di partenza, Freddo nell’anima, si presenta zoppo, gobbo, e con il valore morale di uno sputo di un occhio.
Lansdale è fatto così, e lui stesso dice che i suoi romanzi sono paragonabili a un invitato a cena che – parafrasando lo scrittore texano con parole non sue – risulta essere molto maleducato. Ma il suo ultimo romanzo (ri)pubblicato in Italia, vive di un inizio davvero sgradevole e poco invitante.
Non c’è nessun slancio emotivo nei confronti dello scalcagnato ladruncolo protagonista, né si può trovare una riserva di buoni sentimenti verso il l’esercito di freaks che lo accolgono. Ma è solo questione di tempo, basta un minimo di immedesimazione, poi il gioco è fatto.
Poi, appunto, gradualmente si cambia marcia, assieme al carattere di Bill. Inevitabilmente, si potrebbe dire. La trama muta in noir semplice e diretto, come tanti altri parti letterari di mr Lansdale, straripante escoriazioni offensive e rozzezze sessuali.
Ma si riserva, attraverso una virata equivalente a un pugno nello stomaco per via della sorpresa ricevuta, di un sincero spunto di riflessione sul modo di vedere le cose. Sempre e comunque scorretto, sia mai vestire il cowboy scrittore da chierichetto, ma che centra lo stesso il bersaglio sentimentale. E resta impresso (scoprire la vera identità di IceMan è un inaspettato passo da gigante verso il giudizio generale più che positivo).
Badate che, a scanso di equivoci, qui non si tratta del famigerato, ambiguo binomio uomo uguale mostro, come si potrebbe pensare spulciando la sinossi. Niente di superficiale, ci mancherebbe.
La penna, questa volta, è di quelle più taglienti e umoristiche, non alla stregua della serie di "Hap & Leonard" – ai protagonisti manca quel lato smaccatamente sfacciato e super carismatico che contraddistingue la coppia più male assortita della letteratura noir – ma la vena goliardica è sempre partecipe, ed è attenta a intervenire nei momenti più opportuni, con descrizioni sgangherate e metafore bizzarre ma indovinate.
La genesi iniziale dei personaggi è dunque accettabile grazie a quello stile maleducatamente sarcastico, che permette loro di sputare battute al vetriolo e di renderli interpreti di comportamenti comunque buffi e impropriamente ridicoli. Sviscerare poi, poco a poco, i loro caratteri, è una cascata di risate, ma i palati più schizzinosi potrebbero rimpiangere i soldi sborsati, vista la marea dei sconcezze lessicali.
Non è il miglior Lansdale questo, sicuramente, visto che qui espone il suo carattere più estremo e marcio, ma il suo irriverente omaggio ai freaks risulta lo stesso un piacevole e godurioso (e malato, concedetemi il francesismo) viaggio letterario. E il biglietto per il baraccone dei mostri vale la pena acquistarlo.
Recensione originale reperibile su Bunker, l'ex blog ufficiale di Simone Corà.
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