Libri > Recensioni > Le stanze delle ombre, di Stefano Cucinotta, edito da Weird Book nel 2022 al prezzo di 16,90 euro. Leggi la trama.
Undici racconti horror che colpiscono, scritti con maestria, destinati agli appassionati del genere.
L’autore, Stefano Cucinotta, è di Como, classe 1985. Nel 2021 dà alle stampe Epistassi, la sua prima raccolta di storie brevi, per i tipi di Bibliotheka Edizioni.
Le Stanze delle Ombre è la sua seconda antologia, pubblicata nel 2022 da Weird Book, nella collana I narratori del buio, curata da Luigi Boccia e Nicola Lombardi.
L’antologia è composta da racconti di un horror per lo più esistenziale, capace di colpire in profondità il lettore, sottolineando i lati più cupi e patetici della vita umana, amplificando quel male di vivere che ognuno di noi, a suo modo, ha conosciuto, ma anche rivisitando e reinventando abilmente i topoi del genere (licantropi, vampiri, mutaforma…).
Le Stanze delle Ombre non è per tutti: in alcuni racconti ci sono scene forti e disturbanti, che non si stemperano nel grottesco. Inoltre, l’intera raccolta è pervasa da un’atmosfera opprimente, come se qualcosa fosse sempre in agguato, in attesa di afferrare il lettore incauto, come una trappola letteraria pronta a scattare.
Non piacerà, quindi, a chi non apprezza il genere, a chi può essere legittimamente turbato dai contenuti di alcuni racconti. E nemmeno a chi, per assurdo, si rifiuta di ammettere che quello tra horror e letteratura “alta” è un connubio possibile, perché, a prescindere dai gusti personali relativi al contenuto, la scrittura di Stefano Cucinotta è eccellente.
Sono possibili vari accostamenti con opere di altri autori, primo fra tutti il grande Dino Buzzati, citato espressamente in epigrafe e poi in modo indiretto all’interno del racconto Le ultime parole, che fa riferimento a Gli amici, contenuto nell’imperdibile raccolta Sessanta racconti (Mondadori, 1958).
C’è poi molto dello straordinario Clive Barker dei sei volumi antologici intitolati Libri di Sangue (Sonzogno, 1984-85) e anche di una particolare scena del romanzo Imagica (Sonzogno, 1991), che vede due amanti compenetrarsi l’un l’altro in modo del tutto peculiare; scena già ripresa da Tiziano Sclavi in un vecchio albo di Dylan Dog e qui riproposta da Stefano Cucinotta nel racconto Abbraccio, che risulta comunque originale e sorprendente.
C’è anche molto della novella di Stephen King La vita di Chuck, contenuto nell’antologia Se scorre il sangue (Sperling & Kupfer 2020), all’interno del racconto La serratura. In alcune storie dell’antologia, poi, la prosa si fa lirica, quasi canzone; in particolare, in uno dei passaggi finali di Quello che portò via il diluvio ho trovato un’eco del brano L’ultima volta di Francesco Guccini, contenuto nell’album L’ultima Thule (Capitol/EMI, 2012).
I racconti, lunghi ciascuno tra le dieci e le venti pagine circa, si dipanano in 154 pagine totali, legati dal filo conduttore dell’ambientazione in strutture ricettive di vario genere, in quelle stanze a cui fa riferimento il titolo della raccolta.
La narrazione spazia, a seconda delle esigenze narrative dei singoli racconti, dalla prima persona, col protagonista che racconta al lettore la propria vicenda, alla terza persona e, in un caso, anche alla seconda, piuttosto rara e qui ben utilizzata.
I protagonisti delle varie storie sono caratterizzati in modo spesso diretto e completo, mostrandoci quasi sempre, almeno a grandi linee, aspetto fisico, psicologia, appartenenza socio-economica e ideologia. I personaggi secondari ci vengono di solito presentati attraverso il filtro degli occhi dei protagonisti, quindi dal loro punto di vista soggettivo, salvo poi rivelarsi essere qualcosa di totalmente diverso, con un voluto effetto spiazzante sul lettore.
I dialoghi sono di norma brevi e realistici, le descrizioni di luoghi e personaggi spesso dettagliate, ma mai ridondanti, le metafore originali.
L’ambientazione è sempre convincente, così come le dinamiche delle vicende personali dei vari personaggi. Ci sono colpi di scena quasi sempre del tutto imprevedibili e agghiaccianti, che in molti racconti danno alla narrazione un ritmo in crescendo, dove la tensione sale più o meno rapidamente, fino ad esplodere in situazioni estreme.
Ciò non toglie che la raccolta sia disseminata di riflessioni filosofiche ed esistenziali anche profonde, toccanti, che non rallentano minimamente la narrazione, ma anzi le danno un valore aggiunto di maggior spessore.
Lo stile è ricercato, il lessico raffinato.
La veste editoriale del libro è scarna, ma curata. L’impaginazione presenta un testo un po’ sbilanciato verso il lato basso della pagina, con caratteri che avrei preferito di dimensione maggiore, a favore di una migliore leggibilità.
La legatura è in brossura, con copertina flessibile, senza risvolti, illustrata dall’ottimo Alessandro Amoruso, con un fantasma avvolto in quello che sembra un lenzuolo (di un letto di camera d’albergo, ovvio) macchiato di sangue, sullo sfondo di una parete di carne viva.
Pochi e trascurabili i refusi nel testo. Avrei gradito trovare due righe sull’autore, oltre alla quarta di copertina in cui si presenta efficacemente l’opera.
In conclusione, i racconti della raccolta Le Stanze delle Ombre colpiscono il lettore come pugni allo stomaco, inferti coi guanti di velluto di un autore che sa perfettamente ciò che sta facendo, ha un’idea precisa di come dosare le parole per ottenere il massimo effetto dalla sua narrazione, di cui rivela una padronanza pressoché assoluta.
La ricetta di Dio è il più lungo dei racconti e anche il più disturbante: impossibile dimenticare la figura di Guglielmo Sarti e digerire il modo in cui il suo essere aberrante e folle incarnazione del Male diventa contagioso, facendo presa sull’inconfessabile fascinazione che fin troppo spesso le persone hanno nei confronti del mostruoso, del sadico e del perverso, della sofferenza e della morte (basti pensare a quanti si soffermano ad osservare i resti di un incidente mortale, nel trovarsi a passare là dov’è avvenuto).
Così, il già citato La ricetta di Dio, insieme ad Abbraccio e Le cose sporche, costituisce il nucleo e il culmine più orrorifico e cupo della raccolta, mentre, da Ricordo di fumo in poi, tra la disperazione e il tormento imperanti sembra emergere a fatica un'illusione di speranza, alla quale soltanto l’ultima riga dell’ultimo racconto concede un flebile spiraglio di possibilità.
Forse, dopo tutto e nonostante tutto, si può riemergere dall’orrore, tornare alla vita e provare ad essere felici, almeno per un po’.
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Nato a Torino nel 1980, laureato in legge, Enrico Graglia vive in Piemonte, sulle colline del Monferrato astigiano. Il Cerchio di Pietre (goWare, 2020) è il suo primo romanzo. Vincitore dell’edizione 61 del NeroPremio e di vari altri concorsi letterari italiani, ha pubblicato racconti nelle raccolte Il Crono Emozionale (Amazon, 2020), Horror Academy vol.1 (Independet Legions Publishing, 2021), Figlio del Tuono, Storie dal NeroPremio (Silele Edizioni, 2022), New Italian Horror (Independent Legions Publishing, 2022) e sul quarto volume della rivista Molotov Magazine (Indepent Legions Publishing, 2022).
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