Libri > Recensioni > La Contessa Nera, di Rebecca Johns, edito da Garzanti Libri nel 2011 al prezzo di 18,60 euro. Leggi la trama.
Il romanzo La Contessa Nera di Rebecca Johns è incentrato sulla controversa figura di Erzsébet Báthory, la contessa ungherese che all'inizio del XVII secolo venne accusata di aver torturato, mutilato e ucciso centinaia di giovani donne (650 secondo il mito, 300 per gli storici) appartenenti a diversi ceti sociali e per questo condannata a trascorrere il resto dei suoi giorni murata viva, finendo annoverata tra i più feroci serial killer che la storia abbia mai conosciuto.
Il libro si presenta come un fascicolo di memorie scritte dalla stessa contessa per il figlio Pál, nell'arco di tempo che va dal 1611 al 1614, nel tentativo di preservare, alla luce delle orribili accuse rivoltele dalla Chiesa Cattolica e dall'imperatore Mattia II, la propria immagine di donna e madre. Si apre così una strenua difesa di Erzsébet per Erzsébet.
Dall'infanzia alla giovinezza sino all'età adulta la vita della protagonista viene scandagliata: si scopre l'importanza della sensuale figura materna nella formazione della futura contessa Nádasdy. L'amore per lo studio della filosofia e della scienza diventano i cardini sui quali ruota lo scorrere del tempo infantile. L'interesse per le arti della guerra rendono evidente che colei che si ha dinanzi non sarà una donna convenzionale.
Testimone già all'età di sei anni di un'atroce punizione riservata dal padre a uno zingaro, Erzsébet cresce nella solida convinzione che ambizione, potere e protezione rappresentino i pilastri fondamentali della vita, da garantire a qualunque costo.
Perennemente affiancata dalla domestica Anna Darvulia, sensitiva e guaritrice, le si affida per qualsiasi questione.
Rigida e determinata, dopo una strenua opera di seduzione, trova nel consorte Ferenc Nádasdy – uomo crudele e spietato tanto sul campo di battaglia quanto tra le mura domestiche – un eccellente maestro in grado di erudirla sulle più efficaci pratiche "educative" da adottare nei riguardi dei servi irrispettosi.
Ed è proprio in questa inquietante alchimia coniugale che inizia a fondersi il lecito con l'inumano. L'autrice calca la figura di una donna dominata dall'orgoglio fino a divenirne ossessionata: tutto quello che non coincide con le pretese e le aspettative della padrona deve essere punito nel compulsivo bisogno di rigore ed ordine.
La violenza bagna i muri del castello Nádasdy in un crescendo tanto graduale che il senso del limite svanisce progressivamente nella mente della protagonista: l'esito sempre più frequente delle punizioni è l'omicidio.
Le morti dapprima accidentali divengono nel corso degli anni quasi ricercate, in un'aggressiva cecità della ragione perfettamente resa nel totale distacco con cui la Johns fa approcciare Erzsébet alla realtà: il rango è sufficiente a giustificare azioni di qualsiasi entità. E il peso della morte è direttamente proporzionale al peso sociale.
Guardando a questa figura lacerata dalla dicotomia realtà-folklore viene da chiedersi quanto ci sia del carnefice e quanto della vittima. Rebecca Johns vuole rispondere a questo interrogativo e con La Contessa Nera mostra ambizione nelle intenzioni di offrire un poliedrico ritratto della sua protagonista.
Camminare sul filo sospeso tra mito e realtà è rischioso ma l'autrice riesce nell'impresa con l'equilibrio di un funambolo. Il risultato è un'oscura indagine psicologica realisticamente agghiacciante di una donna figlia e martire della propria epoca storica.
Il lettore accompagna Erzsébet nei meandri della sua memoria, vive con lei gli attimi salienti che hanno forgiato la sua psiche rendendola una donna a tal punto ferrea da sgretolarsi sotto il peso della sua stessa forza. Ma è anche spettatore di incantevoli ritratti familiari dove a primeggiare è l'istinto materno fatto di tenerezze e gesti amorevoli. Ed è proprio l'amore per il figlio Pál il filo conduttore del tutto.
Il ritmo della narrazione è lineare, scorrevole anche nella descrizione dei turbinanti attimi più oscuri. La lucida consapevolezza con cui l'Erzsébet della Johns si estranea dal proprio buio interiore per descrivere le azione e le intenzioni che ad esse hanno portato è congruente in modo disarmante con il quadro psicologico di una persona vittima del proprio "Io" e della sua epoca.
La contessa Báthory non viene mitizzata né giustificata né difesa o accusata. È semplicemente descritta attraverso lo specchio di sé stessa.
Le incrinature narrative non mancano. In alcuni punti i repentini salti temporali danno un sapore discontinuo e disarmonico alla lettura, risultando quasi disorientanti. Sono presenti anche piccole incongruenze che possono disturbare i lettori più attenti, soprattutto perché il lavoro dell'autrice è fin troppo magistrale per poter avere cedimenti simili.
Tuttavia, complessivamente Rebecca Johns ha realizzato con La Contessa Nera un'opera seducente e amara, forse altalenante nell'introspezione ma sicuramente empatica in modo clinico. Una porta, dietro un sipario di leggende, che si apre sul volto di una donna la quale ha nel tutelare il proprio mondo l'unico desiderio.
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