Avete mai fatto caso che alcuni tratti del carattere passano di genitore in figlio, allo stesso modo del colore degli occhi? Non è merito del DNA. È la mano dell’Ancestrarca.
L’Ancestrarca è un’entità saggia e invisibile, che dal mondo dello Spirito custodisce la famiglia attraverso i secoli influenzando le azioni e le emozioni dei membri della sua stirpe. Ma non tutti gli Ancestrarchi hanno per obiettivo il benessere della propria stirpe: per qualcuno gli umani non sono altro che pedine in un gioco di potere ultraterreno, che comprende anche Tristi mietitori, demoni e Santi patroni.
Siamo nella seconda metà del Duecento,nella Firenze di Dante e della Divina Commedia. Il partito guelfo ha appena subito una pesante sconfitta per mano dei ghibellini a Montaperti, e la famiglia Cavalcanti viene quasi spazzata via.
Kabal, l’astuto Ancestrarca di questa stirpe in disgrazia, deve ingegnarsi per risollevarne le sorti: tutta la sua virtù spirituale si concentrata sul giovane e geniale Guido Cavalcanti.
Kabal spera di fare di Guido un uomo di successo, un capofamiglia che ricostruisca la sua perduta fortuna economica; non sa che il destino è in agguato sotto le sembianze dell’Amore.
Nello Spirito, questo costringerà Kabal a confrontarsi con il suo peggior nemico, mentre nella Materia ispirerà alcune delle più famose poesie del medioevo italiano.
La narrazione corre su due binari paralleli: c’è un cast di personaggi nella Materia e uno nello Spirito - i paragrafi di quest’ultimo sono scritti in corsivo, per enfatizzare la suddivisione - i fatti narrati sono però gli stessi.
L’azione è unitaria: è come mettere e togliere un paio di occhiali a raggi X, attraverso cui sbirciare le invisibili motivazioni che si celano dietro la Storia che abbiamo studiato a scuola e che ha dato forma alla nostra identità nazionale...
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