Simone Barcelli torna a investigare nelle pieghe della Storia, offrendo ai lettori una ricerca unica nel suo genere. In Italia non esisteva ancora un volume dedicato in maniera esclusiva a questi oggetti "impossibili" del mondo antico: autori anche molto noti avevano affrontato l’argomento marginalmente, senza peraltro approfondire adeguatamente le fonti.
Un libro che può essere di conforto ad appassionati e ricercatori, un punto di partenza per proseguire nella ricerca. Passando al setaccio ogni informazione disponibile, ciascun manufatto è presentato nel modo più genuino possibile, ripulito dalle scorie accumulate nel corso degli anni da una pubblicistica che doveva solo stupire. Scopriremo clamorosi falsi, inattese conferme e possibili cospirazioni.
L’evidenza dei fatti diventerà schiacciante, il ragionamento serrato e la prova evidente.
Il fascino innegabile degli OOPArt provoca un’attrazione fatale: di fronte alla lastra di Palenque e al vaso di Donchester la mente può vacillare. Le lampade di Dendera e la pila di Bagdad aprono uno spiraglio in cui affiora un incredibile passato, in cui i nostri antenati riemergono, ancora una volta, con conoscenze che non dovrebbero possedere.
La colonna di Ashoka poteva richiedere conoscenze metallurgiche non comuni, mentre la macchina di Anticitera e il disco di Festo, pur con ogni possibile prudenza, inducono a considerare conoscenze astronomiche notevoli che si perdono nella notte dei tempi.
L’aliante di Saqqara e il jet della Colombia ci istillano almeno il dubbio che nell’antichità qualcuno abbia avuto a che fare con il volo, pur nell’assurdità di quest’assunto. Le statuette di Acambaro e le pietre di Ica testimoniano una realtà assurda e sembrano avvolte nelle più subdole cospirazioni.
Spesso la realtà dei fatti prevale e la propensione a fantasticare s’infrange inevitabilmente su dati obiettivi che non ammettono repliche. Alcuni manufatti sono messi all’angolo con giudizi severi, per altri il responso è rimandato solo perché le informazioni sono ancora frammentarie.
Dopo una dolorosa ma necessaria cernita, gli artefatti che rimangono costituiscono una bella sfida per il raziocinio, quel qualcosa d’inesplicabile che si trasforma in fascinazione per chi ha ancora voglia, e coraggio, di fantasticare.
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