I tre racconti di Black Tea and other tales rappresentano una fotografia della narrativa di Samuel Marolla, che riprende molti dei suoi tòpoi più classici e distintivi: la sua spettrale Milano, location preferita per materializzare incubi e realtà parallele, sia come dimensione fantastica che come alienante ritratto sociale, il soprannaturale che parla una "doppia lingua", esprimendo con incisività temi psicologici e claustrofobici, la narrazione di storie e tradizioni scaturite dalla realtà, dalla fantasia e dalle esperienze emotive personali, l’ambientazione italiana, lo scorrimento di immagini veriste e deformanti che fa emergere i racconti dai soliti cliché della narrativa di genere.
Il collante dei racconti di Black Tea and other tales non è solo la sintesi della narrativa di Marolla, del pantheon di ombre del suo immaginario. I tre racconti sono connessi attraverso la scelta "sotterranea" di una esperienza anche sensoriale del Male, che dalle esperienze dei personaggi si proietta nelle papille gustative dei lettori.
In Black Tea and other tales si assaggia il "sapore" de Male, non solo le sue esteriori e classiche proiezioni visive e emotive. Dall’arcano tè nero di Black Tea, Samuel Marolla ci offre su un immaginario vassoio l’internale e onirico vino dei malnatt di Crocodiles, fino a spingerci verso un alchemica, magica e disgustosa miscela di latte e sangue che in The Janara sottolinea e rafforza la componente archetipale del racconto, che si dipana nella storia attraverso i mille volti delle tradizioni e superstizioni delle nostre terre.
Black Tea trasporta il lettore in un malsano labirinto, nascosto nel cuore di Milano, che per Marolla sembra non avere segreti. Un labirinto che in apparenza ha l’aspetto rassicurante di una casa borghese e di una vecchia signora. Il gioco è proprio questo, la trasformazione del quotidiano in una realtà soffocante e imprevedibile, nella quale il lato oscuro della realtà è libero dalle costrizioni della logica. Un incubo che i personaggi del racconto dovranno vivere a piccole dosi, fino ad arrivare al parossismo di una dimensione estranea e demoniaca. In questo racconto, nei suoi aspetti decadenti, dietro le sbarre dell’assurdo che serrano le finestre, emerge un inferno alternativo e terribile. Forse è così che lo immagina Samuel Marolla, e noi dobbiamo solo sperare che l’autore abbia torto.
Crocodiles rappresenta una delle migliori esplorazioni della Milano marolliana: i dettagli, le strade, i personaggi scolpiti con vividi dettagli, proprietari di una vera “voce” Il tenore del racconto passa velocemente dalla dimensione fantastica, delirante e deformante a piccoli spaccati di realtà, dove l’autore si sofferma volentieri per presentarci le vene oscure della sua città, che dirigono sangue guasto verso il cuore di un corpo apparentemente sano. Oltre al protagonista e agli intensi personaggi che gli ruotano intorno, sono le comparse a mettersi in forte evidenza: i quartieri, i piccoli bar, le prostitute, i criminali di professione e i semplici truffatori, le anime senza pietà e i pavidi. Crocodiles in fondo parla dell’uomo, delle sue paure, della "signora solitudine" che sa trasformarsi in una immaginaria creatura tentacolare. Il vero elemento soprannaturale, se leggiamo tra le righe, non è altro che lo spettro di noi stessi, ben oltre il realismo magico che accompagna le rapide sequenze del racconto.
The Janara è una originale "zolla magica" del nostro territorio, abilmente scavata dall’autore per presentarcela con un sorriso maligno. L’Italia possiede una straordinaria ricchezza e eterogeneità di leggende, superstizioni, tradizioni. La figura della strega è senz’altro dominante in queste storie popolari, nei canti e venti trasversali che dalle piccole realtà contadine riescono ad arrivare fino alle gelide e logiche metropoli. Marolla tesse insieme archetipi e immaginazione; l’arazzo di The Janara mostra colori cangianti, forme scolpite nella memoria sovrapposte da nuove leve soprannaturali costruite e manovrate con sapienza dall’autore. Molto affascinante l’idea dell’ereditarietà di una maledizione, del poter diventare in qualsiasi momento preda dell’ignoto, delle paure più ancestrali. Ma non sono semplici ombre nel buio quelle che presenta l’autore: sono braccia, mani e denti, vera materia infernale, tangibile, che tenta di raggiungerci, in un inseguimento senza fine. Una splendida metafora dello sconosciuto.
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