Libri > Notizie > Il vero Carnevale è sempre più vicino, e gli autori della raccolta omonima di Edizioni XII continuano a raccontarsi. Oggi è il turno della misteriosa Zefiro Mesvell
Fabrizio Vercelli ha incontrato per noi la seconda delle due donne che compongono la rosa dei dodici autori di Carnevale. Un disponibile e ispirata Zefiro Mesvell ha così svelato la Venezia che si nasconde dietro il suo racconto Il sipario stappato.
[La Tela Nera]: Zefiro, Marica Petrolati nel suo contributo ci ha raccontato come Venezia si presenta agli occhi del visitatore, sia questi un turista o uno scrittore in cerca di ispirazione. A te desidero fare la domanda opposta: come si pone Venezia nei confronti di chi, come te, la conosce in maniera approfondita?
[Zefiro Mesvell]: Ho sempre pensato che le città non fossero materia morta. Anche i luoghi hanno uno spirito.
Quello di Venezia lo sento sempre in due elementi: la luce e il silenzio.
Il primo è stato espresso bene da un viaggiatore, Michele Prisco:
(…) per Venezia non si può non ricorrere all’iridescenza della madreperla: ch’è una tinta cangiante e ben esprime con i suoi riflessi quel tono sfioccato e un po’ magico suggerito da un campiello deserto, dall’improvviso e mutevole riverbero di qualche palazzo a specchio sul canale.
Questo colore è all’origine della nostalgia che si prova quando si è lontani: la mente si abitua a vedere la realtà attraverso la luce descritta, e in sua assenza tutto appare grigio.
Generazioni di artisti ne sono stati ispirati.
(…) Ma è un colore che, nei mesi estivi, affiora soltanto in alcuni momenti della giornata: il mattino presto, ad esempio, quando la città è ancora avvolta nel sonno del primo albore e sul selciato risuonano i passi di chi cammina verso le piazze. Oppure si coglie al tramonto, quando i gridi dei colombi sopra i tetti di piazza San Marco interrompono con festosi svolazzi il cielo intenerito da un rosa assorto e lontano.
La luce e il silenzio: nessuna delle due cose si può afferrare.
Svaniscono in un istante.
Il secondo aspetto aiuta a capire i veneziani, che vivono in un mondo a sé, con un sistema temporale scandito dal lento ondeggiare dell’acqua che attutisce ogni suono.
È come se il fluido che scorre nei canali fosse una voce trasparente che può essere udita solo nel dormiveglia. A volte i sussurri giungono alla soglia della coscienza e allora ci si sente guariti.
Venezia è il nome che diamo a uno stato di grazia, ma il suo influsso opera solo su chi ci vive. Al di fuori, i suoi abitanti somigliano ai ritagli di una cartolina dell’Ottocento incollati su una rivista di arte contemporanea.
Lo spirito del luogo somiglia a una bolla di cristallo che si frantuma in mille pezzi quando si prova a lasciare la città. C’è più distanza tra Venezia e Mestre che tra Milano e Stoccolma.
Un dettaglio della tavola all'interno della raccolta Carnevale dedicata al racconto Il sipario strappato:
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