Libri > Notizie > Fabrizio Vercelli continua ad analizzare il fenomeno del fantastico apocalittico assieme ai principali esponenti del fantastico italiano: tocca a Gianfranco Manfredi
Nel suo viaggio alla scoperta del fantastico apocalittico, Fabrizio Vercelli ha incontrato per noi lo scrittore e sceneggiatore Gianfranco Manfredi.
Nonostante l'annuncio dello slittamento della pubblicazione, cresce l'attesa per l'uscita della versione italiana di The Conqueror Worms, di Brian Keene, a cura di Edizioni XII. Fabrizio Vercelli continua il suo viaggio nel fantastico assieme ai principali autori del genere, indagando sul perché del successo dei temi più apocalittici. Oggi pubblichiamo la risposta di Gianfranco Manfredi.
[La Tela Nera]: Considerando il carattere principalmente horror, ma soprattutto apocalittico de I vermi conquistatori, quali ritieni siano le motivazioni che portano il pubblico e gli stessi autori, negli ultimi tempi, ad avvicinarsi così tanto a opere di questo taglio, non solo di narrativa e cinematografia, ma anche inchieste e documentari? Concordi ci sia una maggiore attenzione, e una maggiore profondità, per questi temi? Se sì: pensi che gli autori horror e di fantascienza stiano in qualche modo - com'è proprio di questi generi - cogliendo segnali d'allarme reali, oppure si tratta semplicemente di una tendenza del momento?
[Gianfranco Manfredi]: Devo ammettere che l'horror apocalittico non mi interessa molto, fin dal terzo film zombesco di George A. Romero. Quando entrano in scena i militari, si perde fatalmente la gente comune che è, o dovrebbe essere, la vera protagonista della narrativa horror. Inoltre va considerato che le paure apocalittiche, nella Storia, hanno sempre fatto disastri, accompagnandosi a razzismo, sessismo, stragismo, superstizioni, insomma il peggio che la Storia Umana abbia proposto.
A me piace l'orrore che si sprigiona dall'apparente normalità, non quello, piuttosto facile, che si alimenta degli orrori che conosciamo benissimo, soprattutto quelli frutto delle paure scatenate dalla propaganda. Il documentarismo è altra cosa. È frutto di un bisogno di informazione libera, di riflessione critica su quanto accade, e si nutre di realismo. Ma la letteratura (e il cinema) possono dare di più, o quanto meno qualcosa di diverso, esplorando il difficile territorio del simbolico.
Viviamo in una Società dello Spettacolo che non riesce più a livello sociale a decifrare i simboli e i segni che ci circondano e ci assediano, e questo ci conduce a una sorta di indifferenza, a ingurgitare di tutto, senza porci domande. La grande narrativa horror ha sempre posto domande inquietanti sulla vita e sulla morte, sul sogno e sull'incubo, sulla malattia, sulla follia, e ancora: sull'adolescenza, sui rapporti famigliari, sulla ferocia degli esseri umani, inclusa quella delle Istituzioni politiche, religiose, finanziarie e militari. Non c'è alcun bisogno di minacce apocalittiche per indagare questo Lato Oscuro che da sempre fa parte di noi e della nostra esperienza. Anzi, le Apocalissi sono in genere ideologiche e dunque ci distraggono non poco da un atteggiamento critico e da una vera partecipazione emotiva al nostro vissuto quotidiano. Infine, diffido in Letteratura, dell'Attualismo, che in genere non si nutre di consapevolezza storica, ma di cronaca. C'è chi lo fa benissimo il lavoro di cronaca, e non c'è bisogno di autori di horror e di fantascienza per questo.
Per uno scrittore del fantastico, il presente non esiste se non come incrocio occasionale di passato e futuro. Senza senso del passato e senza capacità di anticipazione, la Letteratura horror in particolare, ma anche quella fantascientifica,è come se rinunciassero alla loro natura di letteratura di tendenza. Con questo non voglio criticare a priori il libro di Keene, che non ho ancora letto, né i suoi precedenti romanzi zombeschi di cui peraltro ho sentito parlare molto bene. Non nego nemmeno che certi romanzi apocalittici, primo fra tutti quel capolavoro che è Novilunio di Fritz Leiber, siano stati importanti, innovativi e ricchi di stimoli. In questi romanzi, apprezzo più che la tematica in sé, il fatto che la catastrofe porti in luce i comportamenti delle persone, che il Protagonista unico ceda la scena alla coralità, che in condizioni estreme tutto il meglio e tutto il peggio venga a galla. Quando questo accade però, l'horror viene incorporato dall'epico e dunque si passa a un tipo di scrittura assai diverso. Io dell'horror apprezzo soprattutto la radice gotica.
Le cattedrali gotiche sono piene di mostri, ma sono pur sempre cattedrali e indicano il cielo, cioè mettono capo a una tensione di tipo spirituale. L'horror non-gotico invece tende allo splatter, alla pura dinamica dell'azione, degli agguati, delle cacce e delle fughe, cioè tende ad appiattire tutto nel materialmente sensibile, nello scontro fisico, nella mera lotta per la sopravvivenza, punto di vista troppo parziale per i miei gusti.
Gianfranco Manfedi è nato a Senigallia (AN) nel 1948. Scrittore, sceneggiatore, autore teatrale, attore, cantautore, è attivo in quasi ogni campo della creatività umana fin dagli anni '70. Ha scritto storie per mostri sacri del fumetto italiano, quali Magico Vento, Dylan Dog, Gordon Link. Come romanziere ha pubblicato, tra gli altri Magia rossa (Feltrinelli, 1983; nuova edizione Gargoyle Books, 2008), Cromantica (Feltrinelli, 1985), Ultimi vampiri (Feltrinelli, 1987; Nuova Edizione ampliata Gargoyle Books, 2009), Trainspotter (Feltrinelli, 1989), Il peggio deve venire (Mondadori, 1992), Una fortuna d'annata (Tropea, 2000), Il piccolo diavolo nero (Tropea, 2001), Ho Freddo (Gargoyle Books, 2008), Tecniche di Resurrezione (Gargoyle Books, 2010).
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