Libri > Interviste > L'autore alessandrino racconta a LaTelaNera.com di sè e del suo imminente Ritorno a Bassavilla
Danilo Arona, del quale sta per essere pubblicato Ritorno a Bassavilla nella collana Eclissi delle Edizioni XII, è stato intervistato per LaTelaNera.com da Daniele Bonfanti, editor del libro.
[LaTelaNera]: Credo che chi legge queste pagine difficilmente non lo sappia, ma per quei pochi, ci spiegheresti cos’è Bassavilla? (e come mai hai deciso di tornare tra le sue nebbie).
[Danilo Arona]: La città in cui sono nato e lavoro. La città per la quale ho deciso di non emigrare a Milano negli anni settanta, quando volevo esprimere al meglio le mie due componenti “artistiche” (la musica e la letteratura) per farne professione di vita. Ho scelto di rimanere qui, perché amo la provincia, le nebbie, lo spleen di una città “grigia” lambita e attraversata da due fiumi (e impregnata per questo di cultura “fluviale”) e quella dimensione zeppa di amici e riferimenti che, temo, avrei sempre rimpianto. Ho fatto bene? Non lo so. Qui mi sono professionalmente realizzato e non me la passo male, ma la città nella quale vivo la riconosco sempre di meno... Colpa della lenta ma implacabile mutazione operata dal tempo che passa. Entrando nei miei territori narrativi, Alessandria assume il nome di Bassavilla, nome un po' sfottò che è venuto fuori una notte durante una cena un po' alcolica con Remo Guerrini e Rudi Bargioni. Con tale “nom de plume” riesco a operare tradimenti coscienti rispetto anche alla sua topografia o a certe sue zone... La faccio diventare un luogo immaginario, pur se modellato su una città reale. Mi pare un'operazione divertente e interessante. Peggiorativa o migliorativa, non lo so... Di sicuro, più suggestiva. Perché ci torno? Non me ne vado mai in realtà. Persino quando scrivo Santanta ambientato a Marina Del Rey, California, non mi allontano da Bassavilla... Fateci caso.
[LTN]: Ma cos’ha questa città di così speciale, tanto da essere ricorrente da tanti anni nei tuoi lavori e vedersi ora, addirittura, interamente dedicato un libro?
[DA]: E' un contenitore perfetto per storie moderne di fantasmi. Per colpa del Tanaro che l'attraversa, la nebbia d'inverno invade il centro città e alle cinque del pomeriggio i passanti paiono spettri frettolosi e guardinghi. E' bellissimo. Per uno scrittore dotato di un po' d'immaginazione è il massimo. E poi Alessandria possiede delle belle storie nere, custodite gelosamente come scomodi scheletri dentro un armadio a sua volta nascosto. Ma questo è un atteggiamento tipicamente piemontese, non esclusivo di Alessandria.
[LTN]: Qual è il tuo rapporto, che dal libro traspare complesso, con Alessandria?
[DA]: Odi et amo. Come sempre capita nelle relazioni viscerali tra un uomo e una donna. Innamoramento, amore, gelosia, possesso... Alessandria è femmina. E un po' puttana, di sicuro. Non a caso gli alessandrini d.o.c. hanno fama, non so fino a che punto leggendaria, di essere dei grandissimi “figli di...”, un po' antipatici e supponenti
[LTN]: Parliamo del libro. Rispetto a Cronache di Bassavilla (edito da Dario Flaccovio Editore nel 2006), trovo che Ritorno a Bassavilla sia maggiormente incentrato proprio su Bassavilla città-entità, che non è più sfondo (per quanto fondamentale) alle vicende, ma diventa essa stessa protagonista assoluta delle storie che narri. Sei d’accordo o dico cazzate come al solito?
[DA]: No, dici il vero. Ma tanto le Cronache che questo Ritorno sono derivativi di una rubrica che ha conteggiato 100 puntate e che per 100 puntate ha cercato, spesso a fatica, la sua identità. Un conflitto perpetuo tra la Forma (Bassavilla, la città, il contenitore) e la Sostanza (il fantasma di nome Melissa che agisce in nome di tutti i fantasmi, della mente o meno, rimossi o presenti) all'interno di una recherche che genera tensione. E che, forse, non arriva – giustamente – da nessuna parte.
[LTN]: Leggendo Ritorno a Bassavilla personalmente ho avuto la sensazione di avere tra le mani – per il tono e per la peculiare impostazione e struttura – una raccolta di “Bustine di Minerva” in versione horror. Ti riconosci in questa definizione? E se sì: è un caso, secondo te, che l’artefice delle Bustine e tu siate entrambi di Bassavilla?
[DA]: Grazie dell'indegno paragone. Eco però è di Alessandria e non di Bassavilla... Per me fra Tanaro e Bormida ci sono stati sin troppi clamori. Oggi non so... Si ode solo più un leggerissimo brusìo.
[LTN]: Parlaci della Grande Unione Telepatica di Bassavilla…
[DA]: La Grande Unione Telepatica fu un autentico progetto di mobilitazione psichica contro il nemico teutonico alla vigilia della Grande Guerra del 15-18. Lo preciso, un progetto su scala nazionale, di cui possiedo autentica e preziosissima documentazione, ovviamente finito a tarallucci senza vino. A Bassavilla per alcuni, appartenenti alle famiglie Prigione e Albanese, fu una vera catastrofe... Perché, giocando - senza sapere bene quel che stavano combinando – con lo psichismo collettivo, risvegliarono il genius fluminis del Tanaro, indirizzando così il futuro e tragico destino di Melissa Prigione. Qui, però, mi devo interrompere...
[LTN]: Senti, ma tu oltre che scrittore (e musicista, e critico, e giornalista, e molte altre cose innominabili) sei pure una specie di nostrano Dylan Dog, o Ghostbuster, o Van Helsing, o Fox Moulder (okay, la pianto). Nel libro, quando offri resoconti di tue esperienze dirette, un paio di volte accenni a cose o particolari su cui “non puoi” scendere nel dettaglio. Ma possiamo sperare che col tempo ti lasci vincere dalla tentazione di sbottonarti, e che prima o poi ce le racconterai? (O forse ce le hai già raccontate, travestite da fiction nei tuoi racconti e romanzi?)
[DA]: Le racconto sempre sotto forma di fiction. E' che nessuno ci crede, o meglio si suppone che siano invenzioni di sana pianta. Mi va bene così. Almeno sto tranquillo... e quegli “altri” non mi rompono troppo le palle.
[LTN]: In una delle Cronache di Ritorno dici che Bassavilla “sotto è piena di gallerie che conducono in strani posti con strani altari”… Tu ci sei stato?
[DA]: Assolutamente sì. La prima volta mi capitò negli anni settanta. Facevo le prove con un gruppo rock che si chiamava come un racconto di Poe, Il pozzo e il pendolo, in un vecchio casolare in via Lumelli, nota strada del centro storico, all'interno di una zona oggi solo più abitata da islamici e albanesi. A un certo punto il tastierista smise di colpo di suonare – ricordo così bene quel momento che ti posso testimoniare persino il nome del pezzo che stavamo provando, Death Walk Behind You degli Atomic Rooster, vedi tu la coincidenza sincronica... - per urlare: “Ehi, gente, lo sapete che dalla porticina alle mie spalle si scende come in uno scantinato e si arriva in Piazzetta della Lega?”, e noi a rispondergli: “Ma non rompere i marroni!...” Perché Piazzetta della Lega (Lombarda) è il cuore elegante di Alessandria e in linea d'aria da via Lumelli è quasi un chilometro. Ebbene, Marco – così si chiamava quello straordinario tastierista e amico che purtroppo non è più con noi da molto tempo – si alzò dallo sgabellino e ci fece un cenno con il dito, come a dire “Seguitemi”. E così facemmo. Andammo giù e all'inizio fu proprio come scendere in una qualsiasi cantina. Ma da lì, tramite una semidistrutta porta di legno, si accedeva in un cunicolo che si estendeva a perdita d'occhio. Andammo avanti per un po', ma non eravamo così ben attrezzati per fare gli speleologi e quindi desistemmo. Ma sopra di noi udivamo il rumore delle gomme delle macchine e degli autobus... Ci stavamo avvicinando al centro città, non sussisteva dubbio. Gallerie così ne esistevano parecchie prima dell'alluvione del '94... Adesso nessuno sa veramente se c'è rimasto qualcosa, perchè l'acqua alluvionale si è incanalata nel sottosuolo in qualsiasi interstizio cavo ha trovato sul suo furioso cammino... al punto che interi quartieri della città mai raggiunti dalle acque in superficie hanno avuto tutte le cantine puntualmente allagate. In ogni caso la presenza di molte gallerie sotterranee in una città che nacque come cittadella militare non deve stupire. Era normale e faceva parte della cultura topografica militare dei tempi andati. Per il discorso degli “altari strani”, ho ricevuto diverse testimonianze ancora in anni più o meno recenti. Una, straordinaria (sulla quale non vorrei allargarmi), è finita in un racconto di Gian Maria Panizza, La decima arcata, che ospito nella futura antologia di Mondadori Black Prisma, prevista per luglio, un “collective project” di tanti scrittori amici che si sono uniti in un'invincibile armata nel nome di Melissa (perciò ancora Bassavilla alla ribalta)... Qualche nome per solleticare la curiosità: Altieri, Di Marino, Barbara Baraldi, Claudia Salvatori, Nerozzi, Cacciatore... Ma mi fermo. Sono 400 pagine e 20 racconti, tutti incentrati sul fantasma femminile nato in rete e sviluppato nelle Cronache di Bassavilla. Un'opera che Sergio Altieri ha definito “unica al mondo” per intenti e sperimentalismo. E fammelo sottolineare: Horror a 360°, senza “se” e senza “ma”...
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