L’unica intervista mai rilasciata da Jo Lancaster Reno

Libri > Interviste > Domenico Nigro e Gianfranco Nerozzi hanno incontrato il creatore della serie spy-story HIDRA CRISIS

L’unica intervista mai rilasciata da Jo Lancaster Reno Penso di aver capito che non si trattava di uno scherzo solo quando, all’ingresso dell’albergo svizzero dove si sarebbe tenuto il party, ho trovato ad attendermi Gianfranco Nerozzi, traduttore ufficiale italiano del misterioso scrittore, “papà” dell’Agente Nemo.
Ho ancora ben impressa nella mente la telefonata che il Nero mi aveva fatto solo tre giorni prima: “Ciao Dom, sono Gianfranco. Tra qualche giorno Jo Lancaster Reno tiene un party privato a Montreaux, per festeggiare l’uscita di Lo Spettro Corre Nell’Acqua, il nuovo capitolo della serie Mondadori – Segretissimo Hydra Crisis. La sua agente non sarà presente, per cui ho pensato che forse ti avrebbe fatto piacere intrufolarti alla festa e intervistarlo. Saresti il primo al mondo a farlo, e comunque gli ho già parlato di te e si è mostrato molto disponibile...”
Sono rimasto inebetito per buona parte della giornata, ma due giorni dopo, riempito al volo il mio borsone da viaggio, mi sono infilato in macchina e sono partito per la Svizzera.
L’albergo (di cui non menziono il nome per precisa volontà dell’autore) si trova nei paraggi del Casinò di Montreaux, proprio quello semi-distrutto, negli anni ’70 del secolo scorso, da quell’incendio a cui i Deep Purple si ispirarono per la celeberrima Smoke on the water.
Arrivo trafelato con due ore di ritardo e per fortuna trovo un posticino dove parcheggiare. Nerozzi è incazzato nero! “Il party è iniziato da un pezzo! Dove diavolo eri finito?”
Balbetto qualche scusa mentre ci avviamo nel salone principale. C’è un sacco di gente importante, scrittori di fama mondiale. Riconosco subito, tra gli altri, Clive Cussler, Stephen Gunn e Alan D. Altieri. E anche il regista Ridley Scott e il mitico vocalist Ian Gillan. E poi le donne! Da infarto! Mai viste tante gnocche tutte insieme, in vita mia... Mi piacerebbe approfittare e conoscere tutti, ma il Nero mi dice che non c’è tempo, che Reno mi sta aspettando nella sua camera e mi affida subito a un ‘gorilla’ di colore con le treccine rasta e totalmente abbigliato in nero.
Senza dire una parola, questi mi spinge in un ascensore. Mi giro un’ultima volta indietro ma il Nero è sparito, fagocitato dalla folla festante, alticcia e sovreccitata.
Giunti al quarto piano del lussuosissimo albergo, il bestione nero mi indirizza con decisione verso la stanza contrassegnata da una targhetta in ottone recante il numero 24. Busso alla porta. Nessuna risposta. Dall’interno provengono risatine femminili. Il gorilla apre la porta con decisione e un intenso profumo di sandalo ed ebano investe le mie narici.
Lo scrittore è seduto sul letto e indossa una vestaglia di raso celeste. Ha i capelli lunghi e una barba piuttosto lunga gli ricopre il volto. Io me lo immaginavo un tipo alla Marc Ange, invece sembra un santone. Anche se dalla vestaglia leggermente aperta si intravedono addominali ben definiti, da atleta. Sul letto, accovacciate di fianco a lui, ci sono due creole mezze nude, stupende, una gli sta massaggiando il collo e l’altra gli sta porgendo un bicchiere pieno di un liquore denso e rossastro, un Bloody Mary, intuisco.
Vedendomi entrare, Reno sorride. “Monsieur Dom? Si accomodi prego.” mi dice in italiano, con un marcato accento parigino. “Vuole bere qualcosa?”
Io mi sento lo stomaco stretto in una morsa. Sono emozionatissimo e non ho voglia di nulla. Biascico un “no grazie”. Poi aggiungo, quasi in un sussurro: “Sono spiacente di aver disturbato il suo...emh...relax. Cercherò di rubarle meno tempo possibile.”
Lui sorride ancora. “Nessuno problema”. Poi batte con la mano aperta sul bordo del letto. Alla sua destra. “Venga, sieda qui, accanto a me.”
Io mi avvicino sentendomi imbarazzato per quella strana situazione.
Le creole mi guardano e lanciano una risatina. Reno dice loro di farsi da parte e da un bacio fuggevole sulla mano di quella che lo stava massaggiando sul collo. Poi si rivolge di nuovo a me, senza smettere di sorridere. C’è qualcosa di famigliare nel suo volto. Quel poco di lineamenti che emergono dalla barbona che gli ricopre le guance e il mento, mi ricordano qualcuno, ma non riesco a focalizzare bene chi. Gli porgo la mano. Lui me la stringe, e si avverte della forza sotto. Calli nelle dita, dure. Non ha una mano da scrittore.
Smetto di fissarlo e mi siedo sul bordo del letto. Stringo il mio registratorino da intervista e spingo il tasto rosso.
Reno sta dicendo “Possiamo cominciare quando vuole mon amì.”
E io mi schiarisco la voce e parto con la prima domanda.

Lei è un personaggio misteriosissimo. Si sono dette tante cose sul suo conto: che colleziona auto sportive e armi. Che vive a Parigi in un’antica e lussuosa villa. Che sia stato lei stesso un’agente segreto. Che abbia fatto servizio nella Legione Straniera. Che sia un mercenario, un “soldier of fortune”. E anche un rubacuori e un ‘cacciatore di doti’. Vogliamo fare un pò di luce sul suo conto?
C’è qualcosa di vero e qualcosa di falso, come sempre in questi casi. Sai come succede. Da una notizia, la gente ne ricava altre, ingigantisce le cose e le romanza. Fa parte della natura umana… Io sono misterioso perché mi piace esserlo. Non solo per scelta commerciale d’immagine. Mi piacciono le identità segrete. Mi hanno sempre affascinato. Da piccolo leggevo molto i fumetti dei supereroi. Quindi se io adesso rivelassi queste parti della mia vita, contraddirei al codice del cavaliere. Quindi non ti confermo nulla in un senso e nell’altro. Forse anche adesso, davanti a te, sto indossando una maschera. Magari porto una barba posticcia. Ti dico solo che nel mio passato c’è stato qualcosa che adesso mi costringe all’anonimato. Niente di terribile e di non superato. Ma diciamo che mi serve continuare a restare nell’ombra ancora per un poco.

Come è nata l’idea per la serie ‘Hydra Crisis’?
I primi romanzi che ho letto in vita mia sono stati quelli di Jan Fleming. Ne possiedo una collezione con almeno una decina di edizioni provenenti da nazionalità differenti. Su quelle storie ho sognato di mondi lontani e di avventure mozza fiato. In una prima parte della mia vita ho cercato di viverle sul serio quelle situazioni. Poi ho preso strade più tranquille e ho pensato solo di scriverle. Era meno pericoloso. I secondi libri che ho amato sono stati quelli di Stephen King, che non c’entrano nulla con lo spionaggio. Ma sono molto coinvolgenti sul piano della narrazione, introspettivi, viscerali. Da qui la voglia di inventare qualcosa che fosse una mezza via fra i due generi, l’horror e la spy story. Poi sono un fan sfegatato di John Woo, le sue scene di azione sono insuperabili e poetiche e mi piaceva l’idea di mescolare queste pulsioni creative per crearne una sola che fosse solo mia. Da qui la scelta dello stile di narrazione e il tipo di trame da affrontare.
L’idea di base, quella dell’Hydra in particolare, cioè del mostro vero e proprio che sta alla base di tutto, metaforico e presente come se fosse vero, mi è venuta sfogliando un libro sui miti dell’antica Grecia e vedendo una raffigurazione di Ercole che uccide il mostro delle tante teste. Subito ho capito che quello sarebbe stato perfetto. Una testa tagli e altre se ne formano, troppo efficace e terribile, il simbolo di un certo tipo di potere che tutto ingloba e distrugge e rinasce da sé stesso ogni volta più forte.

Infatti le sue spy-story sono sempre alquanto anomale, in quanto a contenuti. Nei suoi romanzi c’è sempre tanto sangue, crudeltà ed efferatezze, mostruosità ai confini con l’horror puro e sesso esplicito. Perché una scelta di campo così… estrema?
Mi piace vivere al confine delle cose, solo per poter andare al di là. Quindi faccio così anche con la scrittura. Entrare dentro in modo viscerale alle cose che faccio e cercare di estrarre la maggiore intensità: voglio emozionare a tutti i livelli, profondamente, senza pormi freni o inibizioni. E non a caso ho scelto Gianfranco Nerozzi come mio traduttore italiano. Siamo molto in sintonia io e lui. E amiamo le stesse cose, coltiviamo le stesse passioni.

A proposito di passioni, le donne, dai suoi romanzi, non escono quasi mai bene. Prendiamo a esempio le donne presenti in quest’ultimo ‘Lo Spettro Corre Sull’Acqua’: Jamaka sembra quasi un oggetto sessuale nelle mani dell’Agente Nemo; l’agente del Diesis Sonia “Sonny” Palmer, personaggio dalle interessanti e ambigue peculiarità, muore orribilmente sbranata da uno squalo mutante proprio nel momento in cui stava diventando...emh...sessualmente più interessante per il lettore; Marc Ange ha un rocambolesco rapporto sessuale su un natante abissale con la straordinaria, bellissima Sirène e dopo il coito...non riesce neanche a sorriderle, se non con una smorfia, quasi di disgusto. Ma lei le donne le ama o le odia?
Le amo. Profondamente. Sono per me quasi un oggetto di culto. La femminilità è armonia, equilibrio estetico. Certe bellezze arrivano persino a commuovermi. Mi fanno stare male. Io sono innamorato di tutte le mie donne. Un poco come Marc. Lui se ne fa tante. Ma tutte le volte si innamora di quella sbagliata. In lui c’è una sorta di desiderio recondito di redenzione. Lui vorrebbe liberarle, renderle diverse. Ma poi non ci riesce. E allora le uccide. Jamaka è la sua ancora di salvezza. Da lei torna sempre. Marc è un inguaribile misogino, un poco come me. Ma uno di quelli che potrebbero morire per una donna, per salvarla. Una sorta di moderno cavaliere che mette in gioco spada e mantello. Ma poi alla fine: scopa come un matto. Dire che le donne dei miei libri non ne escono bene, mi pare non esatto. Nei miei libri non ne esce bene nessuno. Sono tutti esseri perduti in partenza che lottano contro le loro impossibilità.

‘Colombo viaggiatore’, misterioso hacker, geniale collaboratore di Marc Ange, agente segreto free-lance. E paraplegico! Spesso, nel cinema e nella letteratura, le risposte alla soluzione a enigmi apparentemente indecifrabili le si fa risiedere nella mente di persone invalide. Cosa fa pensare che il genio e l’handicap fisico possano andare così spesso a braccetto?
Nel mio caso era funzionale un personaggio del genere perché era l’unico modo per avere a disposizione un tipo che si dedicava completamente al lavoro d’indagine in rete. Colombo è il più bravo di tutti. E solo dentro all’universo virtuale ritrova il movimento che nella vita reale non possiede più. Lui lì può addirittura volare. Diventa libero come un uccello. Non mi sono mai soffermato a pensare a come altri autori abbiano usato personaggi invalidi e geniali: e anche adesso, se provo a pensarci, mi viene in mente solo l’investigatore inventato da Deaver.

Lo squalo albino “Goblin” è una delle trovate più spaventose di questo suo ultimo romanzo. Esistono davvero, secondo lei, programmi di sperimentazione atti a trasformare animali marini (più o meno innocui...) in spietate macchine da guerra o terrorismo?
Sono esistiti ed esistono eccome. L’esperimento con i delfini e i rostri montati sul muso è stato fatto davvero, non l’ho inventato io.

Se lei fosse un regista cinematografico e le venisse commissionato il prossimo ‘007’, quale attore sceglierebbe?
Daniel Craig mi piace molto e direi che è perfetto. Quindi continuerei con lui.

Grazie per il tempo prezioso che mi ha dedicato, monsieur Reno, e in bocca al lupo per il proseguimento di ‘Hidra Crisis’...

Lo scrittore non risponde. Fa un cenno alle due massaggiatrici che mi si avventano addosso, cominciando a spogliarmi.
“Ma dove va? La notte è ancora giovane...” mi sussurra Jo Lancaster Reno, scoppiando subito dopo in una risata satanica, mentre io mi sento avvampare dalla vergogna...


L’unica intervista mai rilasciata da Jo Lancaster Reno
Intervista realizzata da: Domenico Nigro
Pubblicata il 17/02/2007

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