Luigi Musolino intervistato da Matteo Poropat

Libri > Interviste > Matteo Poropat ha incontrato il curatore della raccolta Rivelazioni in Nero

Luigi Musolino intervistato da Matteo Poropat Matteo Poropat ha incontrato e intervistato per LaTelaNera.com lo scrittore Luigi Musolino, recentemente curatore del volume Rivelazioni in Nero, una raccolta di racconti scelti di Carl Jacobi.


[La Tela Nera]: Ciao Luigi e benvenuto. Tu hai recentemente curato per la Dagon Press, piccola ma tenace realtà italiana dedita alla divulgazione della narrativa weird, una raccolta di racconti di Carl Jacobi. Quali sono le ragioni che vi hanno spinto a scegliere questo autore per inaugurare la collana "I Giganti del Weird"?
[Luigi Musolino]: Ciao Matteo, e grazie. Be’, l’idea di realizzare un volume dedicato a Carl Jacobi è nata un paio d’anni fa; avevo acquistato la sua ultima antologia edita dalla Arkham House, Disclosures in Scarlet, contenente un racconto di ispirazione lovecraftiana davvero notevole, The Aquarium. Tradussi il testo nel tempo libero, poi lo inviai a Pietro Guarriello, direttore della Dagon Press, con cui corrispondo da tempo; Pietro mi comunicò la sua intenzione di dar vita a una nuova collana dedicata ai maestri del fantastico e Jacobi ci parve subito perfetto per questo tipo di iniziativa.
La nostra volontà è stata quella di rendere giustizia a un grande scrittore finito nel dimenticatoio, colui che alcuni critici americani hanno definito “il quarto moschettiere di Weird Tales” insieme a Lovecraft, Howard e Smith.

[LTN]: Nella tua introduzione all’antologia lo chiami “maestro dimenticato del fantastico”. Come mai, secondo te, Jacobi non ha avuto una diffusione pari a quella di altri suoi contemporanei come R. E. Howard e Lovecraft, per citare i più noti?
[LM]: Jacobi ebbe un grande successo durante i primi anni della sua carriera, grazie a due racconti strepitosi – Mive e Revelations in Black – che fecero "il botto", come si suol dire. Forse, dopo, non è mai più riuscito ad assestarsi a quei livelli, pur avendo scritto veri e propri gioiellini di narrativa fantastica. Questo potrebbe aver influenzato la sua carriera e la successiva diffusione della sua opera.
Inoltre la narrativa di Jacobi era piuttosto "pacata", sottile, priva di iperboli. Nei suoi racconti non si agitano divinità colossali capaci di smantellare universi, né eroici personaggi alla Howard. Il suo è uno stile molto particolare, spesso legato al gotico, di certo non destinato alle grandi masse.
Anche la sua personalità schiva e un’esistenza da recluso, trascorsa ad accudire i genitori, non gli furono d’aiuto.
Difficile comunque dire quali siano i meccanismi che regolano il successo letterario degli autori appartenenti a quel periodo. Tanto per fare degli esempi: Jacobi in Italia è uno sconosciuto, in Giappone la sua opera è stata tradotta per intero, riscuotendo un certo successo. Oppure pensiamo a Donald Wandrei: scrittore immenso, ma qui da noi chi se lo fila?
Speriamo che la collana “I Giganti del Weird” serva a far riscoprire una certa narrativa di genere.

[LTN]: Puoi illustrarci brevemente le caratteristiche salienti della narrativa di Jacobi?
[LM]: Jacobi era un autore decisamente poliedrico: poteva scrivere racconti di avventura, testi ispirati ai miti di Cthulhu, spy-stories, fantascienza. Non c’è sfaccettatura della narrativa weird con la quale non si sia confrontato. Il tutto con uno stile asciutto, quasi minimalista.
Uno dei punti di volta della narrativa di Jacobi è la semplicità. Periodi brevi, concisi, ridotti all’osso. In questo senso lo reputo un autore davvero in anticipo sui tempi.
Filo conduttore della sua opera è comunque la quotidianità dell’orrore – spesso incarnato da oggetti, libri e dall’ambiente stesso – che irrompe nella vita di tutti i giorni.
E poi grande attenzione per l’atmosfera e, immancabile, la presenza di un tomo maledetto, The Restitution of Decayed Intelligence, che ricorre in numerosi racconti.

[LTN]: Il primo numero della collana “I Giganti del Weird” è anche la prima parte della raccolta antologica del suo lavoro, segno che di materiale da pubblicare ce n’è molto. Qual è stato l’iter necessario a portare da noi i suoi racconti?
[LM]: Per procedere alla traduzione dei racconti di Jacobi abbiamo contattato Dixon Smith, biografo ed esecutore testamentario dell’opera dell’autore, nonché detentore dei diritti sui testi, che ci ha dato pieno supporto, scrivendo anche una breve introduzione al volume.
Fondamentale è stato l’aiuto dell’Università del Minnesota, dove sono raccolti i manoscritti originali di Carl; abbiamo avuto la possibilità di mettere le mani su corrispondenza originale e testi inediti, tradurli e inserirli nel volume. Un’esperienza entusiasmante.
Carl Jacobi fu un autore molto prolifico, esistono centinaia di suoi scritti inediti. E con questa domanda tocchi una nota dolente, poiché io e Guarriello avevamo contattato anche la Bowling Green University, cui l’autore aveva donato la sua raccolta di pulp-magazine e diversi manoscritti. Laggiù ci sono scatoloni interi di materiale originale e mai pubblicato, tra racconti, diari personali, lettere e fotografie. Purtroppo l’università non ha acconsentito a inviarci delle scansioni; l’unica soluzione sarebbe stata prendere un aereo e andare laggiù, chiudersi in una stanza con quel ben di Dio e cominciare a spulciare negli scatoloni. Ma, ahimè, per ovvie ragioni non è stato possibile.

[LTN]: Ricordo, dalle mie letture delle versioni originali dei lavori di Lovecraft, che il suo inglese spesso era un ostacolo, involuto e denso di arcaismi. Com’è stato affrontare il lavoro di traduzione dei racconti di Jacobi?
[LM]: Innanzitutto tengo a dire che non sono un traduttore professionista; ho uno buona conoscenza dell’inglese e prendo costantemente lezioni, ma mi dedico a questo tipo di lavori per diletto. Ho cominciato a tradurre alcuni anni fa con dei racconti di Ramsey Campbell, mosso dalla passione e dalla soddisfazione che mi dava trasporre in italiano testi originali.
Tradurre Jacobi è stata un’ottima esperienza formativa; nel lavoro di traduzione la parte più complicata non è tanto la traduzione in sé, ma riuscire a rendere nella tua lingua lo stile dall’autore. Tuttavia l’autore di Minneapolis aveva una scrittura molto “pulita” e non ho incontrato particolari difficoltà interpretative. Concordo con te su H.P. Lovecraft: chiunque si sia confrontato con uno scritto in lingua del solitario di Providence sa quanto sia incredibilmente complicata, barocca e arcaica la sua scrittura. Niente a che vedere con la prosa lineare di Jacobi.
Diciamo che il mio problema principale è stato il tempo: quando lavori otto, nove ore al giorno, devi sacrificare sonno e vita sociale per portare avanti un impegno simile! Ma ne è valsa la pena.

[LTN]: All’inizio del ‘900 un gruppo di autori, collaboratori della rivista Weird Tales, era legato da una fitta rete di corrispondenza, che in alcuni casi sfociò anche in incontri (e nella creazione di piccoli “club” di letterati come il Kalem, di cui fece parte lo stesso Lovecraft). Leggendo la biografia di Carl Jacobi non si scorge segno di questi legami, a parte lo scambio con Hugh Cave. Jacobi fu in qualche modo in contatto con altri scrittori?
[LM]: In realtà Jacobi intrattenne per un breve periodo, all’inizio della sua carriera di scrittore, un rapporto di corrispondenza con Howard, Lovecraft e Smith. I tre maestri di Weird Tales gli inviarono lettere entusiastiche, sostenendo che Mive era uno dei racconti più belli che avessero mai letto. Queste tre missive sono inserite nel volume.
I veri "amici di penna" di Carl Jacobi furono Clifford Simak, Donald Wandrei e August Derleth. Con quest’ultimo in particolare c’era un rapporto molto solido e la morte del patron dell’Arkham House fu per lui un vero colpo.
Jacobi fu molto attivo anche per quanto riguarda i "club" sul modello del Kalem, che giustamente citi. Insieme a Simak fondò la Minneapolis Fantasy Society, costituita da un gruppo di appassionati che s’incontrava periodicamente per parlare di narrativa e ascoltare musica classica.

[LTN]: Il weird e molti dei suoi autori sono poco noti da noi, se non nelle strette cerchie degli appassionati. Se Lovecraft si può trovare abbastanza facilmente in libreria e qualcosa di R. E. Howard lo si riesce a rintracciare (già con maggiore difficoltà e spesso solo i romanzi del ciclo di Conan) altri autori come Clark Ashton Smith, Robert Bloch o Frank Belknap Long non compaiono ormai da tempo sugli scaffali. Come mai, al contrario del gotico che ha generato figure archetipiche per l’orrore, il weird e i suoi autori non riescono a radicarsi nel nostro concetto di fantastico, di orrore?
[LM]: Quello che dici è vero; però non dimentichiamo che anche l’Italia, a inizio ‘900, conobbe un periodo “weird” per alcuni versi paragonabile all’epopea americana del pulp-magazine. Mi riferisco alla nascita di riviste di narrativa popolare come Per terra e per mare o La Biblioteca Fantastica dei giovani italiani, che ottennero un buon successo. Segno che il weird, anche da noi, poteva avere un seguito. Con la scomparsa di queste pubblicazioni si è perso qualcosa e gli editori non sono stati in grado di “subentrare” in maniera adeguata.
Credo che il problema principale, in Italia, sia sempre stato una questione di diffusione, di scarsa importanza data a opere di questo tipo. Semplicemente le case editrici italiche non sono mai state interessate al genere, se non per la compilazione di antologie usa e getta, zeppe di traduzioni monche.
Oggi il weird continua a essere considerato letteratura di serie B, desueta o poco commerciabile. E ricordiamoci che la forma racconto, in Italia, non piace alle grandi case editrici.
Eppure sono fermamente convinto che i vecchi, buoni weird tales degli anni ’30 siano le solide fondamenta su cui si basa la moderna letteratura fantastica. Autori importantissimi come Bloch e Bradbury vengono da lì.

[LTN]: Legandomi alla domanda precedente, quanto vediamo accadere nel nostro paese è vero anche all’estero oppure oltre oceano c’è un mercato maggiore per questi autori?
[LM]: La situazione negli States è sicuramente migliore, appunto perché il genere è riconosciuto e ha una sua dignità. Autori come Lovecraft e Bradbury vengono insegnati negli atenei, ci sono professori e ricercatori che dedicano la loro vita allo studio della narrativa fantastica.
Senza contare tante piccole e valide realtà editoriali che si "sbattono" per il genere. Penso alla Hippocampus Press che continua a sfornare saggi, romanzi e antologie eccellenti, senza trascurare gli autori weird moderni.
Tuttavia sono ottimista, in Italia qualcosa si sta muovendo: ci sono sempre più blog, fanzines e autori che fanno riferimento al genere, nonché piccole case editrici che non guardano unicamente alla commerciabilità del prodotto. Pensiamo a riviste come Studi Lovecraftiani, Hypnos e (la defunta) Necro, portate avanti da una schiera di appassionati volenterosi. Segno che esiste interesse per il weird e il fantastico in generale. La rivoluzione digitale degli ebook e l’incredibile diffusione dei blog, inoltre, potrebbero essere un supporto importantissimo per il genere. E non mancano gli autori, spesso operanti nell’underground.
Una piacevole sorpresa, parlando di narrativa fantastica italiana, è stata l’antologia Malarazza di Samuel Marolla.
Forse mi sbaglierò, ma sono convinto che Marolla conosca molto bene una certa narrativa di genere e che sia riuscito a rinnovarla senza snaturarla. Trovo sia un autore molto weird, ecco!

[LTN]: Un’ultima domanda, a Luigi Musolino su Luigi Musolino, argomento del quale dovresti saperne parecchio. Il tuo blog personale si chiama Weirdiana e da questo e altri sottili indizi si può desumere la tua passione per gli scritti di quel periodo. Ci racconti qualcosa di questo tuo rapporto con la narrativa weird, quando è nato, come si è sviluppato e quali progetti futuri hai, che lo coinvolgono?
[LM]: In realtà questo è l’argomento su cui sono meno ferrato!
La "colpa" di questa passione è tutta di mio padre, che lasciava per casa antologie di racconti, libri di King e VHS horror. Ho incontrato Lovecraft, Bierce e Poe in tenera età – dieci anni, suppergiù – ed è stato amore a prima lettura. Da allora non sono più riuscito a fermarmi. Leggo di tutto, beninteso, ma la narrativa weird ha un certo fascino retrò che ritengo ineguagliabile.
Aver incontrato Pietro Guarriello è stata un’ulteriore spinta ad approfondire il genere e affrontare autori di cui prima non conoscevo nemmeno l’esistenza. Il papà della Dagon Press è una miniera di informazioni, in questo senso.
Programmi? Al momento ho appena concluso la traduzione di una sinossi inedita di Lovecraft che potrete leggere sul prossimo numero di Studi Lovecraftiani. Per quanto riguarda il futuro ci sono diversi progetti in corso inerenti la collana I Giganti del Weird, non posso fare nomi, ma rimanete sintonizzati su quelle frequenze. L’intenzione è di concentrarsi sui grandi autori degli anni ’30 e vi assicuro che ne vedrete delle belle.
I progetti, come vedi, non mancano: mancano giornate da 48 ore!

[LTN]: Grazie per aver risposto alle domande e buon lavoro!
[LM]: Grazie a te per la bella intervista. Alla prossima!


Luigi Musolino intervistato da Matteo Poropat
Intervista realizzata da: Matteo Poropat
Pubblicata il 27/04/2010

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