Libri > Interviste > LaTelaNera.com ha fatto due chiacchiere con l'autore di cciderò Mefisto
Marilù Oliva ha incontrato Valter Binaghi, autore tra gli altri di Robinia Blues, La Porta degli Innocenti e del recente Ucciderò Mefisto (Perdisa Pop, 2010), per fare due chiacchiere intorno alla sua ultima (e alla sua prossima) produzione letteraria. Le sue, più che domande col classico punto interrogativo, sono frasi lanciate nel vuoto perché lo scrittore possa aiutarla a tessere una ragnatela attorno alla sua opera...
[La Tela Nera]: Fausto Blangé paragona la propria storia al Faust di Goethe e chiama col nome di Mefisto il suo psicanalista, dottor Collinaro. Ti chiedo di parlarci dei nomi, in quest’opera, e della loro valenza metaforica.
[Valter Binaghi]: Per quanto riguarda Faust e Margherita, è facile capire che ho voluto riscrivere alla mia maniera la leggenda medioevale resa celebre da Goethe. Là, come qui, una donna innamorata e innocente è stata sacrificata al narcisismo del protagonista. Qui però non c’è redenzione né riscatto nella pura autenticità del desiderio inteso come realizzazione di sè, come sembra suggerire Goethe. Qui il riscatto è nella scoperta di un amore vero, di una dedizione assoluta che giunge a inseguire la traccia dell’amata fino all’oltretomba. L’amore senza condizioni è l’unica forma di trascendenza che conosco, e l’unico uso compiuto della propria libertà. Prima di questo c’è solo l’infantilismo dell’emozione, magari autorizzato da cattivi terapeuti che pretendono di essere guaritori dell’anima perché la sbarazzano dei sensi di colpa e invece risultano solo demagoghi di uno psichismo involuto. Come Giacomo Collinaro, traduzione letterale di un celebre (presunto) guru della psicoterapia americano.
[LTN]: La dimensione della follia e la sua trasposizione nel quotidiano.
[VB]: Nella letteratura moderna, le uniche vesti che la sapienza può indossare in pubblico sono quelle della follia. Da Don Chisciotte all’Idiota di Dostoevskij, chi è portatore di una sapienza che questo mondo rifiuta appare ai più come un folle. Senza paragonarmi a questi mostri sacri, mi lusingo di pensare che il protagonista della mia storia si muova su questo sentiero. L’uomo che ama per sempre, che offre sé stesso a una donna per sempre e senza condizioni, non è forse oggi una figura del folle?
[LTN]: La più grande difficoltà e la più grande facilità nella stesura di quest’opera.
[VB]: La cosa più facile è stata ritrovare la storia che volevo raccontare nel solco di un mito, quello del Faust. I miti contengono forme archetipiche della condizione umana, a cui le nostre biografie prima ancora che le nostre opere attingono continuamente, che ne siamo consapevoli o meno. La cosa più difficile è stato costruire dei personaggi femminili che rappresentassero le “tentazioni” di Faust, senza farne delle caricature moralistiche. Il più delle volte la seduzione è nella debolezza e nell’ambiguità di chi è sedotto, più che nella volontà di chi seduce.
[LTN]: Le descrizioni, in Ucciderò Mefisto, sono istantanee che si sedimentano nella mente del lettore, pagina 38: «L’agente Simona Merisio è uno scricciolo di ragazza, magrina e silenziosa, ti arriva davanti senza che tu te ne accorga e resta lì, coi suoi fogli in mano, aspettando che ti degni di alzare lo sguardo.» Descrivi te stesso come se ti guardassi dall’esterno in un momento che ti caratterizza.
[VB]: Da giovane era un tipo smilzo e dinoccolato. Cogli anni si è fatto più massiccio ma resta uno che preferisce tenere le cose a distanza, come se temesse di dover sostenere l’urto della vita con un corpo troppo fragile. Vista l’irruenza e il calore con cui si esprime non lo si direbbe un pigro, e invece lo è. La verità è che lo spettacolo delle forme lo ha sempre attratto più della volontà di plasmarle. Neanche lui sa bene perché scrive. Si sente più che altro un filosofo prestato alla narrativa.
[LTN]: Il tuo tempo e la scrittura (quando scrivi, dove, se in silenzio).
[VB]: Scrivo in uno studietto piccolo ma molto luminoso, un’ora nel pomeriggio per inventare, un’ora a notte tarda per riguardare e correggere ciò che ho scritto prima. Spesso ascolto musica, facendo attenzione a scegliere bene in base all’umore e alla materia che tratto.
[LTN]: Le tecniche e l’irrazionale (scaletta cartacea o mentale/dall’idea alla stesura).
[VB]: Un paio di settimane per dare forma all’idea del romanzo nella mia testa, una settimana per una scaletta piuttosto circostanziata, e poi una settimana per scrivere ogni capitolo, interrompendo quando sento che scrivo senza entusiasmo e ho bisogno di altri stimoli (leggere, fare un giro, vedere gente). Finita la prima stesura, lasciare tutto per almeno un mese e poi riprendere per la rifinitura.
[LTN]: I maestri e i modelli. L’originalità e la contaminazione.
[VB]: I maestri devono essere comunque anime gemelle, scrittori che ti hanno svelato a te stesso e da cui tu possa veramente apprendere perché comunque sei ritagliato in quella stoffa. Io ho letto e leggo parecchio ma credo che per il tono della mia voce narrante l’unico maestro che ho veramente accolto è John Fante, mentre per come si racconta vivendo in questo tempo e in questo paese, con tutte le contaminazioni del caso, ho imparato molto da Tullio Avoledo, che è anche un caro amico.
[LTN]: La prossima tela che tesserai (progetti).
[VB]: Un mio romanzo storico, I custodi del Talismano, uscirà in maggio per Eumeswil, mentre un giallo che ha per protagonista un giocatore d’azzardo uscirà per Newton Compton a fine 2010 o nei primi mesi del 2011. Attualmente sono a metà di un romanzo d’ambiente familiare e molto italiano, con un padre che vive con la figlia adolescente e stenta a decifrarne i cambiamenti. E’ una storia tratteggiata con una certa ironia, ma lascia trasparire la mia preoccupazione per la condizione giovanile in questo paese, che considero drammatica.
[LTN]: Un saluto con una citazione da “Ucciderò Mefisto”.
[VB]: “Una volta il mondo non era fatto di cose, ma di parole. Gli antichi ascoltavano il vento, guardavano le figure nel volo degli uccelli, ed erano parole di Dio. E’ perchè avevano il cuore puro. Dopo, tutto si è confuso, le cose hanno smesso di parlare e gli uomini hanno cominciato a misurarle. Ma qualcosa è rimasto. Ognuno ha diritto al suo angelo.”
“Cosa vuol dire?”
“Un angelo. La pagina che Dio gli ha affidato per leggervi il proprio nome segreto, quello che solo Dio conosce, e per scrivervi la propria preghiera, l’unica che sarà esaudita. Mi creda commissario. Ognuno ha il proprio angelo in questo mondo, purchè sappia riconoscerlo. Ma il mondo è diventato un casino, la gente anzichè incontrarsi sbatte contro i muri come fosse ubriaca. Perchè c’è chi spaccia veleni, sa? Droghe che creano allucinazioni, specchi deformanti che ci fanno inorridire di noi stessi e fuggire la verità.”
“Ma che c’entra con ciò che ha fatto oggi?”
“Al bar c’erano due ragazzi, lei a un tavolo, lui a un altro. Ho visto la luce che avevano intorno, era la stessa, lo stesso colore rosato, la stessa vibrazione, capisce? Ma lei era curva su un libro con l’Y-Pod nelle orecchie, lui guardava dappertutto tranne che da quella parte, poi si è messo a fare l’occhietto alla cameriera, una brunetta con le tettine a punta, alla fine l’hanno chiamato al cellulare, ha pagato e se n’è andato. Quei due venivano dallo stesso pianeta, erano naufraghi della stessa nave, se si fossero incontrati sarebbero stati la salvezza l’uno per l’altro. Ma non è andata così.”
“Dunque?”
“Ho pensato a me e Margherita. Noi ci siamo riconosciuti, ma poi qualcosa ha spezzato il cerchio, e adesso la mia vita è finita. Per me non c’è rimedio, ma altri hanno ancora speranza, come quei due ragazzi. Domattina, al bar, forse sapranno incontrarsi. Ma bisogna togliere i veleni dal mondo, tutta la musica cattiva, quella che confonde le anime, e anch’io devo fare la mia parte. Ucciderò Mefisto, ho pensato, e questo è quanto.”
Marilù Oliva vive a Bologna, insegnante lettere alle superiori, scrive per diversi web magazine tra cui ThrillerMagazine.it. Ha pubblicato brevi saggi storici e letterari, oltre a racconti apparsi su Carmilla e Sugarpulp e su antologie cartacee (tra cui Pink in noir, ed. Zona e Lama e Trama 2009, Perdisa Pop).
Il suo primo romanzo si intitola Repetita (Perdisa Pop, 2009) ed è la storia, narrata in prima persona, e basata su riscontri criminologici, di Lorenzo Cerè, un omicida metodico e inflessibile. Uno psicopatico con un’infazia di abusi che ricorre in continui flashback. Uno studioso ossessionato dalla Storia. Lorenzo Cerè conosce gli uomini e i crimini, il sesso è l’unico lenitivo di un’esistenza che brucia per un passato che lo devasta ancora sotto forma di terribili mal di testa e altre nevrosi. Uccide senza esitare ma non calcola le eccezioni. E la più grande eccezione, la dottoressa Malaspina Marcella, lo aspetta in uno studio psichiatrico...
|