Libri > Interviste > Abbiamo fatto quattro chiacchiere con l'autrice di Repetita (Perdisa Pop)
Marilù Oliva (www.mariluoliva.net) vive a Bologna, insegnante di lettere alle superiori, scrive per diversi web magazine tra cui Thriller Magazine. Ha pubblicato brevi saggi storici e letterari, oltre a racconti apparsi su Carmilla e Sugarpulp e su antologie cartacee (tra cui Pink in noir, ed. Zona e Lama e Trama 2009, Perdisa Pop).
Il suo primo romanzo si intitola Repetita (Perdisa Pop, 2009) ed è la storia, narrata in prima persona e basata su riscontri criminologici, di Lorenzo Cerè, un omicida metodico e inflessibile. Uno psicopatico con un’infanzia di abusi che ricorre in continui flashback. Uno studioso ossessionato dalla Storia. Lorenzo Cerè conosce gli uomini e i crimini, il sesso è l’unico lenitivo di un’esistenza che brucia per un passato che lo devasta ancora sotto forma di terribili mal di testa e altre nevrosi. Uccide senza esitare ma non calcola le eccezioni. E la più grande eccezione, la dottoressa Malaspina Marcella, lo aspetta in uno studio psichiatrico...
Abbiamo fatto due chiacchiere con lei riguardo Repetita e tanto altro.
[La Tela Nera]: Hai costruito un libro interamente sulla figura di un serial killer che, agli occhi del lettore, viene quasi compreso. Non c’è il rischio di un’esaltazione del male?
[Marilù Oliva]: Prima di scrivere il libro mi son posta degli interrogativi sulla questione etica. É inutile girarci attorno: leggendo Repetita si finisce col provare, non dico comprensione, ma una sorta di empatia-compassione con Lorenzo, quindi con un criminale. Qui c’è molta violenza, sia quella che il protagonista subisce da piccolo sia quella che infligge da grande. Violenza senza sconti. Si rischia di fomentarla? No, io credo che il primo passo per distaccarci dalla violenza e dall’ingiustizia sia conoscerle, capirle, parlarne, accettare che esistono, non cambiare canale quando le immagini del telegiornale ci sbattono davanti agli occhi notizie scioccanti. Poi non importa che si tratti di violenza quotidiana o eccezionale. C’è in sottofondo anche un discroso sulla consequenzialità tra male subìto e male inflitto. Lorenzo non diventa cattivo perché nasce così ma perché cresce solo e maltrattato. Questo non significa che io lo difenda: purtroppo credo che, a questi livelli, una persona non sia recuperabile.
[LTN]: Cosa ne pensi del fatto che ci siano delle preclusioni ai libri costruiti sui serial killer?
[MO]: Penso che, a meno che non si abbia una particolare avversione verso un autore già testato e bocciato, sia una sciocchezza precludersi un libro su un particolare pregiudiziale. Si considera il fenomeno dell’omicidio seriale poco realistico: è vero che la più ampia diffusione è negli Stati Uniti, ma noi in una classifica stilata dal noto criminologo Ruben De Luca eravamo già nel 2001 al secondo posto come vittime mietute, addirittura prima di Inghilterra e Francia (cfr. Mastronardi-De Luca, I serial Killer, p.104: 1291 vittime in totale fino al 2001 negli USA, 123 vittime in Italia, 104 in Inghilterra e 102 in Francia. C’è un bello sbalzo di circa 1:10 tra noi e l’America, ma siamo comunque al secondo posto.). E poi, a parte questo, mettiamo anche che non si sia mai visto un omicida seriale in Italia e che i vari Donato Bilancia, Gianfranco Stevanin, Natalini & company non siamo mai esistiti, a questi punto la domanda è: perché il realismo a tutti i costi? A me piace leggere libri di realismo, ma non condivido che critica quelli che descrivono un mondo a non immediata fruizione. É come se io dicessi: non amo i polenta-western e non li leggo. E così mi priverei del piacere di leggere, ad esempio, un’opera originale e bella come Savana Padana di Matteo Righetto. Un libro è bello o brutto, puntare i riflettori sui protagonisti ed escluderlo a priori solo perché ci sono serial killer credo sia una grande forma di ottusità.
[LTN]: Come hai inventato il personaggio principale, ovvero Lorenzo Cerè?
[MO]: Ho cercato di costruire un criminale verosimile sulla base della letteratura scientifica criminologica. Lui si differenzia dalla maggior parte degli altri per il suo livello culturale e per la consapevolezza che questo comporta. La maggior parte degli assassini seriali schedati in letteratura criminologica provengono infatti da ambienti molto bassi e, pur avendo un quoziente intellettivo in generale medio-alto, presentano indici culturali che in molti casi rasentano l’analfabetismo, basti pensare ai nostrani “compagni di merende”, ovvero quelli che gli atti processuali hanno individuato come esecutori materiali dei delitti facenti capo al così detto Mostro di Firenze. In realtà vi sono alcuni serial killer colti ma sono un’esigua minoranza, cito Ted Bundy menzionato anche nel romanzo.
[LTN]: E la sua psichiatra dottoressa Malaspina?
[MO]: Questo personaggio esiste, non è una psichiatra e non indossa sempre stivaletti da rockstar ma è la sovrapposizione di due meravigliose donne che conosco, della loro curiosità, del loro ottimismo, della loro bellezza castana. La dottoressa Marcella Malaspina è una psichiatra che ha scelto di rapportarsi quotidianamente al male. Certo, la sua missione sarebbe debellarlo e lei si impegna con l’entusiasmo della neofita. É giovane, non troppo esperta ma talentuosa. É anche un po’ ingenua e c’è qualcosa che la attrae irresistibilmente nella psicosi di Lorenzo. C’è da aggiungere che lei è affascinata da questo personaggio erudito, intrigante, che si differenzia dalla maggior parte degli altri serial killer per il suo livello culturale e per la consapevolezza che questo comporta. La dottoressa Marcella Malaspina collabora con la giustizia e per questo, apparentemente, rappresenterebbe il bene, ma la sua calamitazione verso il male è un’eclatante dimostrazione della concatenazione tra i due poli.
[LTN]: É vero che, oltre allo psicopatico Lorenzo Cerè, il protagonista di Repetita è il male?
[MO]: Mentre progettavo il romanzo non pensavo in questi termini, volevo solo scrivere una storia su un personaggio sofferente, volevo tentare un esperimento: un viaggio nella follia in prima persona. Sono partita da casi di omicidi seriali realmente esistiti e ho reinventato uno psicopatico cercando di renderlo verosimile. Al di là della finzione narrativa resta l’enigma della sussistenza del male. É da molto tempo che ci ragionavo sopra in chiave laica, prima della stesura del romanzo. Mi interessava la storia dal particolare al generale, in senso diacronico, ovvero gli atti nefandi di Lorenzo Cerè come proiezione di quelli perpetrati dagli uomini, nei secoli dei secoli. La sua devozione per la storia ha qualcosa di morboso e di pessimistico. Il titolo stesso è un omaggio alla storia infatti “Repetita” significa, alla lettera: le cose ripetute. Quello che la storia rappresenta per Lorenzo: una serie ininterrotta di misfatti, di guerre, di eventi ripetuti. In questo senso, il marchio dei suoi omicidi è una metafora del delitto che viene eternato: lui uccide riproponendo delle morti del passato, da Cleopatra a Lucrezia Borgia a Concino Concini.
[LTN]: Come hai fatto a pubblicare? É facile?
[MO]: No, non è facile. Ma neanche impossibile. Ho spedito il dattiloscritto a Luigi Bernardi [il direttore della collana Babele Suite di Perdisa Pop, N.d.R.] e ho atteso un bel po’.
[LTN]: Ci dici qualcosa di Luigi Bernardi?
[MO]: Di Luigi Bernardi posso dire solo una cosa. É un grande.
[LTN]: Le tue letture?
[MO]: Tante, tutti i giorni. Diverse letture, diversi generi e diverse modalità. Con alcuni libri sono svogliata, li sfoglio, li chiudo, li perdo. Altri li tengo per mesi sulla scrivania, li leggo con avidità, li rileggo, li sottolineo.
[LTN]: Progetti?
[MO]: Visto che Repetita sta andando bene e, soprattutto, visto che mi sono affezionata a Lorenzo Cerè, ho cominciato a scrivere il sequel di Repetita. Per ora ci son solo le prime 30 pagine e molte idee per la testa. É sempre così, non scrivo scalette se non nella mente. Così posso tornarci sopra anche solo col pensiero.
Maricetta Barbaro è giornalista e collabora con la redazione di Mondo del Gusto. Nata in Sicilia, vive a Bologna dal 1996. Si è laureata in lingue e letterature straniere all’Università di Bologna, città in cui insegna tedesco. Ha uno spirito eclettico. Si occupa di formazione, ama la buona cucina e viaggia spesso per lavoro e per diletto.
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