Nome Completo: Peter Kurten
Soprannome: Il vampiro di Dusserdolf
Nato il: 26 Maggio 1883
Morto il: 2 Giugno 1932
Vittime Accertate: 12
Modus Operandi: Uccide con armi da taglio e beve il sangue dalle ferite. Spesso penetra le donne con le dita.
Strana la vita! Nella storia dell'omicidio seriale, Peter Kurten, uno dei più celebri serial killer della storia, è uno dei pochi ad aver organizzato la propria cattura, decidendo spontaneamente di consegnarsi alle forze dell'ordine e obbligando a collaborare al suo progetto di redenzione la signora Kurten, sua moglie.
Il tutto dopo almeno dodici omicidi e un numero incredibilmente alto di aggressioni (nell'ordine di diverse decine), concentrate nel periodo compreso tra febbraio 1929 e maggio del 1930.
Un anno, dodici giovani vittime, decine e decine di donne e uomini aggrediti a colpi di martello, accoltellati, vittime di tentati strozzamenti. Un anno solo, trecentosessantacinque giorni che attirarono su Dusseldorf l'interesse di criminologi, studiosi e psichiatri e precipitarono gli abitanti del centro tedesco in un incubo fatto di diffidenza, paranoia, terrore, in un clima da caccia alle streghe costato al classico "scemo del villaggio" una condanna per omicidio plurimo, una condanna capitale, e a tanti altri la paura e il rischio di finire vittima di linciaggi, violenze sommarie, casi di giustizia privata, di giustizia da strada.
La fine dell'incubo ha come data il 30 maggio del 1930, ma l'incubo viene da lontano… nasce a Colonia il 26 maggio del 1883 e ha nome Peter Kurten.
Peter Kurten: la famiglia.
Peter è il più grande di tredici figli. Con la sua famiglia, quindici elementi in tutto, divide un angusto monolocale nella periferia industriale della città tedesca di Colonia. I Kurten se la passano male, malissimo, visto e considerato che il padre, oltre a lavorare poco, spende praticamente tutto il salario di operaio in alcool da trangugiare.
Pare, da una lettura fatta dagli studiosi, che l'intera famiglia del padre di Kurten, oltre a difetti nel controllo della marcata irascibilità, fosse fortemente minata da problemi con l'alcool. In una situazione del genere, sovraffollata, gravata da grosse difficoltà monetarie, da pressanti impellenze alimentari, che la rabbia e la frustrazione del signor Kurten si trasformassero in violenza barbara e cieca pare quasi fisiologico.
A Peter, il più grande, tocca assistere spessissimo alle liti tra i genitori, come praticamente ogni giorno gli tocca essere impotente spettatore della brutalità con cui suo padre picchia la povera signora Kurten. E non è tutto, purtroppo! Davanti agli occhi sbigottiti e impauriti dei figli, il padre non ha problemi ad abusare violentemente della madre, rivendicando un "diritto alla sessualità" che sa di dominio, possesso, spersonalizzazione della figura femminile, ridotta, anche nel rapporto educativo che il padre fornisce a i figli, a macchina da sesso, a manichino senza alcuna volontà.
Lo stesso Kurten, nei lunghi interrogatori, nelle lunghe conversazioni con i vari esperti di psichiatria che si susseguono nella sua esperienza carceraria, rimarca la questione affermando che, se quella non fosse stata una situazione comunque coniugale, gli approcci sessualmente brutali del padre sarebbero senza problemi stati etichettati come stupri belli e buoni.
Peter sarà già grande quando il padre finirà al fresco per tre anni con l'accusa di aver violentato ripetutamente la figlia tredicenne. Sarà l'occasione buona per la famiglia Kurten: la signora si risposerà nel 1911 e si lascerà alle spalle un passato orrendo, brutale, mentre i più piccoli potranno archiviare tutto quello che è accaduto davanti ai loro occhi negli anni passati, ripetendosi tra sé: «È stato solo un brutto sogno.»
Peter no.
Al più grande tra i figli, questa seconda opportunità non sarà concessa. Avrà già ventotto anni quando il padre si toglierà dalle scatole, e, fino a quel momento, avrà già sperimentato una serie tanto impressionante di bestialità da essere ormai emotivamente compromesso.
In modo irrecuperabile.
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