Nome Completo: Joseph Vacher
Soprannome: lo Squartatore Francese, lo Squartatore del Sud-Est
Nato il: 16 novembre 1869
Morto il: 31 dicembre 1898
Vittime Accertate: 11
Modus operandi: assaliva vittime solitarie uccidendole con armi da taglio o strangolandole: in seguito abusava dei cadaveri con atti di necrofilia e facendoli a pezzi.
Ultimo aggiornamento del dossier: 20 settembre 2015
Riproponiamo sulle pagine di LaTelaNera.com il dossier scritto da Lino Monti sull'assassino seriale Joseph Vacher apparso in precendenza sul sito letterario giallo ThrillerCafe.it (che lo ha "donato" al nostro portale dopo averlo recentemente rimosso dalle proprie pagine per scelta editoriale).
Vacher è conosciuto come Lo Squartatore Francese (e anche come Lo Squartatore del Sud-Est) per le similarità del suo modo di trattare i cadaveri delle proprie vittime con quelle del più famoso Jack Lo Squartatore. Entrambi adoravano infatti infierire sui corpi inermi squartandoli, squarciandoli, sventrandoli e mutilandoli.
A differenza dell'efferato "collega" inglese però, il francese Vacher non aggrediva solo elementi di sesso femminile ma anche dei maschi. Inoltre la sua tipologia preferita di preda non erano le prostitute ma pastori e pastorelle.
Fortunatamente almeno questo spietato e sanguinario serial killer è stato catturato dalle autorità e in seguito condannato alla pena capitale: la sua morte avvenne per decapitazione.
Joseph Vacher: tutto comincia dalla fine
Il 31 dicembre del 1898 la testa di Joseph Vacher, ventinovenne pluriomicida francese, venne troncata dalla ghigliottina. Fu così eseguita la sentenza di condanna a morte del più spietato, violento e sanguinario criminale che la Francia avesse mai visto prima d’allora.
Vacher ammazzava donne, bambini e adolescenti aggredendoli con selvaggia ferocia. Tagliava, squarciava, sventrava, mutilava organi e compiva atti sessuali sui corpi martoriati.
Sotto i suoi colpi cadevano soprattutto giovani pastori e pastorelle. Colti di sorpresa in luoghi isolati, soccombevano rapidamente alla furia assassina dell’uomo. Terminato lo scempio, l’omicida fuggiva per campi e boschi facendo perdere le proprie tracce.
Fu finalmente arrestato nel 1897, dopo il fallito tentativo di stuprare una contadina. Delle sue vittime, undici furono accertate nel corso del processo, ma si presume che il loro numero fosse vicino a trenta.
Incaricato dalle autorità giudiziarie dell’Ain (regione Rodano-Alpi), il medico e criminologo Alexandre Lacassagne (1843-1924) visitò varie volte il detenuto Vacher. Dopo aver studiato accuratamente il caso, egli riferì le proprie conclusioni al tribunale giudicante. A parere di Lacassagne, l’imputato non era affetto da tare o da patologie che potessero giustificare gli orribili delitti da lui commessi.
Mancando valide attenuanti, la condanna alla pena capitale fu inevitabile.
Due mesi dopo l’esecuzione (febbraio 1899), il criminologo diede alle stampe un saggio intitolato Vacher l’eventreur et les crimes sadiques (Vacher lo squartatore e i delitti a sfondo sadico). Destinato a un pubblico colto, il testo tratta la questione con rigore scientifico, riferendo gli eventi accaduti e presentando un’accurata anamnesi e un dettagliato quadro psicologico dell’assassino seriale.
Lacassagne scrive da medico, eppure rivela eccellenti doti di narratore.
Racconta i fatti con la precisione del cronista, dipinge luoghi e situazioni con tratti svelti ma nitidi, descrive i personaggi dando loro uno spessore drammatico. Vacher lo squartatore è un libro importante, perché precorre la tematica letteraria e cinematografica del serial killer. È un libro interessante, perché abbonda di informazioni e di spunti di riflessione. Non bastasse, è un libro di appassionante lettura.
È stato pubblicato in Italia? No: l’OPAC SBN non ne reca traccia. Puoi però trovare il testo originale francese, digitalizzato sul sito Gallica. Non conoscete la lingua transalpina? Poco male: LaTelaNera.com offre al pubblico italiano la traduzione delle pagine iniziali di Vacher l’eventreur.
Il caso è qui presentato dall’autore in tutta la sua atroce realtà...
Lo Squartatore francese: il delitto di Bénonces e l'inizio della fine
Il 31 agosto 1895, in località Grand-Pré, nel territorio del comune di Bénonces, fu scoperto il cadavere orrendamente mutilato di Victor Portalier, giovane pastore sedicenne.
Alla una del pomeriggio egli aveva lasciato il domicilio del suo padrone, il signor Berger, agricoltore residente nella frazione di Anglas, per portare al pascolo il bestiame. Erano circa le tre quando un altro pastore, il dodicenne Jean Marie Robin, vide il gregge di Portalier dentro un campo coltivato a trifoglio. Chiamato invano il compagno, si adoperò per ricondurre le bestie al loro posto allorché notò tracce di sangue per terra. Spaventato, chiamò a gran voce altri pastori, i quali lo indirizzarono a una guardia campestre.
L’uomo si recò sul luogo e, seguendo le tracce di sangue, s’imbatté presto nel cadavere di Portalier, nascosto sotto alcuni cespugli di ginepro, seminudo e ricoperto di ferite. Uno squarcio enorme scendeva dalla punta dello sterno al pube aprendogli tutto il ventre; le interiora fuoruscivano sparpagliandosi sull’addome e su una delle cosce. Un’altra ferita aveva spaccato lo stomaco e faceva colare sostanze alimentari sul suolo. Il torace aveva tre lacerazioni, di cui una lunga sei centimetri e larga tre. Altri tre squarci erano presenti nel collo: uno di essi, lungo tre centimetri e largo quattro, aveva tranciato la carotide.
Portalier, dunque, era stato sgozzato, sventrato e mutilato in modo abominevole. Quattro delle lesioni da lui subite erano idonee a provocare una morte quasi istantanea. Le condizioni in cui la vittima si trovava hanno consentito di ipotizzare che il movente del delitto fosse stato quello di soddisfare un’immonda libidine sul cadavere.
Il giovane Portalier era stato affidato da sua madre alla Società Lionese per la Salvaguardia dell’Infanzia, che da tre anni lo manteneva in custodia presso il signor Berger, dove aveva dato prova di comportamento impeccabile. Nessun residente nella zona poteva essere indiziato del suo assassinio, perciò i sospetti si erano orientati su un vagabondo dall’atteggiamento minaccioso, che si era aggirato nel villaggio il giorno del delitto nonché il giorno precedente. Le meticolose deposizioni dei vari testimoni che lo avevano notato consentirono di identificare i suoi tratti a scopo segnaletico.
Risultava essere un trentenne di corporatura media, che vestiva una giacca corta di stoffa lucida e nera, un paio di pantaloni a righe bianche e nere, e che portava in testa un basco o un cappello di paglia; calzava soprascarpe e circolava con un bastone e un sacco di tela grigia. Aveva una barba appuntita e rarefatta sulle guance, nera come i suoi capelli, la bocca deforme e l’occhio destro arrossato e sormontato da una cicatrice.
I movimenti del vagabondo durante l’intera giornata del 31 agosto furono ricostruiti fino alle sei di sera, quando oltrepassò la linea ferroviaria attraverso il passaggio a livello di Villebois. Fu però impossibile sapere che cosa fosse accaduto da quel momento in poi e le ricerche rimasero infruttuose per due anni.
Esse, tuttavia, non furono abbandonate.
Il giudice istruttore di Belley che, come altri magistrati, era rimasto impressionato dalla somiglianza esistente fra il delitto di Bénonces e vari crimini commessi in circostanze simili in diversi luoghi della Francia, si era impegnato a precisare e completare il cartellino segnaletico dell’indiziato e aveva scritto una rogatoria, indirizzata a numerose Procure, che ebbe l’effetto di assicurare alla giustizia l’assassino di Victor Portalier.
Joseph Vacher: arresto e confessione
Il 4 agosto del 1897 il citato Joseph Vacher veniva arrestato nel circondario amministrativo di Tournon, a seguito dell’aggressione a una donna. I dati segnaletici dell’aggressore presentavano analogie talmente forti con quelli del vagabondo indicato dai testimoni di Bénonces che egli fu trasferito a Belley, dopo la condanna inflittagli dal tribunale di Tournon (7 settembre 1897).
Dapprincipio, l’uomo negò risolutamente ogni addebito però, dopo essere stato formalmente identificato da diversi testimoni che lo avevano visto a Bénonces il 30 e il 31 agosto 1895, si riconobbe colpevole non solo dell’omicidio del giovane Portalier ma, anche, di ulteriori delitti analoghi, da lui compiuti nelle regioni francesi che egli aveva attraversato vagabondando negli anni 1894, 1895, 1896 e 1897. Delitti che l’opinione pubblica, in preda all’indignazione, aveva ingiustamente addossato a persone innocenti.
Le sue confessioni non erano affatto dettate dal rimorso.
Una volta incriminato, Vacher ha tentato di sfuggire alla massima pena insinuando dubbi sulla propria responsabilità ed ha giustificato la quantità e l’efferatezza dei crimini commessi con le condizioni di salute, descrivendosi come un alienato che soccombe a improvvisi e inconsapevoli attacchi di rabbia furiosa, che in quei momenti uccide a caso e che, talvolta, oltraggia i cadaveri delle vittime e li sottopone a spaventose mutilazioni perché è dominato dalla pazzia.
La reiterazione e la disumanità dei delitti dovevano costituire un elemento della strategia difensiva, ed è in base a tale strategia che Vacher ha fatto determinate confessioni, salvo poi desistere quando gli è sembrato inutile mantenere questa linea di difesa.
Sebbene incomplete, queste ammissioni sono avvalorate da una lunga e paziente indagine: esse rivelano una comprovata serie di crimini che supera in orrore qualunque cosa l’immaginazione umana possa concepire. Per quanto riguarda il delitto di Bénonces, Vacher lo ha confessato al giudice istruttore con queste parole:
“Da Saint-Ours ho fatto ritorno a Bénonces, dove ho ucciso il ragazzo da voi chiamato Portalier, ma di cui io non sapevo il nome. Era in piedi, mi pare, in un pascolo dove teneva d’occhio il suo gregge. Io percorrevo un sentiero che saliva in montagna e passava non lontano dal pascolo. Mi sono avvicinato al pastore. Non gli ho detto niente e il fatto che mi avvicinassi non lo ha messo in allarme. L’ho colpito improvvisamente alla gola. L’ho ucciso con un coltello che portavo con me ma che non ricordo com’era fatto. L’ho sgozzato e mi pare d’avergli anche strappato a morsi gli organi genitali. Avrei preferito sorvolare su certi particolari che riguardano alcune brutte cose che ho fatto, e ho paura che l’esempio dato dalla mia malattia danneggi il senso morale dei giovani... Mi chiedete com’ero vestito, ma io non me lo ricordo. Chiedete se mi sono lavato dopo il delitto e neppure di questo ho memoria, ma suppongo d’averlo fatto. Poi sono passato per i boschi. Comunque non mi è possibile ricordare altro, visto lo stato in cui mi trovavo”.
Queste dichiarazioni, integrate dalle evidenze materiali, non lasciano dubbi sulla colpevolezza di Vacher.
È sicuramente lui che ha sgozzato, sventrato, mutilato il giovane Portalier per dare sfogo alle proprie ripugnanti pulsioni. E ha compiuto questo crimine non, come sostiene lui, durante un attacco di pazzia rabbiosa ma con premeditazione e con piena consapevolezza.
Vedendo un ragazzo tutto solo, indifeso, egli ha lasciato il sentiero che stava percorrendo e si è avvicinato a lui lentamente, per non metterlo in allarme, mentre impugnava un coltello già aperto per potergli tagliare la gola. Poi, con rapidità estrema, lo ha colto di sorpresa e lo ha colpito a morte.
In seguito, obbedendo alla sua perversa natura, lo ha spogliato, squartato, mutilato e insozzato. Appagati i propri bisogni, con la stessa presenza di spirito e il medesimo sangue freddo con cui ha progettato il crimine, ha nascosto il cadavere sotto i cespugli, ha cambiato copricapo e ha messo gli abiti sotto braccio per non essere riconosciuto, ha iniziato a passo svelto una marcia forzata attraverso i campi che lo ha sottratto velocemente alle ricerche. Premeditato e compiuto in piena coscienza, questo delitto è l’unico di cui le norme di procedura penale permettano l’inserimento nel presente atto d’accusa.
Lo Squartatore francese: la nascita, l'infanzia, l'adolescenza
Joseph Vacher nacque a Beaufort (dipartimento dell’Isère) il 16 novembre del 1869.
Proveniva da una famiglia contadina assai numerosa ma rispettabile. I suoi genitori godettero di buona salute fisica e mentale. Tra i suoi avi non c’erano mai stati individui folli, epilettici o subnormali.
Durante l’infanzia, egli non soffrì di alcuna malattia capace di scombussolare il suo sistema nervoso. Egli sostenne, tuttavia, che da bambino fu morso da un cane rabbioso e che i suoi parenti lo curarono con un medicamento sconosciuto, che ebbe l’effetto di istupidirlo e di guastargli il sangue. A suo parere, i delitti da lui commessi sono imputabili ad attacchi di rabbia dovuti al morso e al trattamento curativo.
È stato accertato, tuttavia, che Vacher non fu mai morso da un cane rabbioso. In realtà, sarebbe stato semplicemente sfiorato dalla lingua d’un cane presunto idrofobo e avrebbe, poi, bevuto un liquido preparato da un medicastro. Valenti medici ritengono che tale evento non abbia avuto nessun influsso sulle sue condizioni mentali.
Egli crebbe a Beaufort, lasciando di sé il ricordo di un bambino bugiardo e cattivo.
In seguito, cercò un’occupazione da salariato, ma non riuscì a conservare alcun posto di lavoro.
Joseph Vacher: la maturità, l'esercito, incontenibile violenza
Compiuti i diciotto anni, entrò come novizio presso i monaci mariani di Saint-Genis Laval. Ne uscì dopo due anni perché, come racconta un testimone, si permise di compiere azioni vergognose nei confronti dei propri compagni.
Poco tempo dopo, tentò atti violenti e contro natura a danno di un bambino. Successivamente contrasse una turpe malattia, per la quale si fece curare a Grenoble e a Lione.
Dopo aver dimorato a Ginevra, il 15 novembre 1890 Joseph Vacher iniziò il servizio militare nel 60° reggimento di fanteria di Besançon. Raccolte presso commilitoni e ufficiali superiori, le informazioni riguardanti questo periodo della sua vita lo descrivono come una persona violenta, che faceva temere per la propria incolumità chiunque gli stesse vicino.
Nell’ottobre del 1891 fu portato in infermeria perché affetto da crisi depressive e manie di persecuzione. Ciò nonostante, ottenne i gradi di sergente. Nel 1893 la sua inclinazione a maltrattare, a minacciare e a dire parole senza senso ne causò il ricovero in manicomio con la diagnosi di "turbe psichiche". Dimesso pochi giorni dopo, gli fu dato un permesso di convalescenza di quattro mesi affinché non si ripresentasse più in caserma.
Durante la licenza si recò a Baume-les-Dames per fare visita a una ragazza conosciuta a Besançon e che, a suo dire, avrebbe voluto sposare. Non riuscendo a vincere la sua ritrosia, andò da lei il 25 giugno 1893 e la ferì alla testa con tre colpi di pistola, poi rivolse l’arma contro di sé e cercò di suicidarsi sparandosi più volte. Penetrato nell’orecchio destro, dove si trova tuttora, uno dei proiettili provocò la sordità totale dalla parte destra, oltre alla paralisi del nervo facciale e di quello auditivo dal medesimo lato.
Le ferite riportate dalla vittima ebbero soltanto l’effetto di renderla inabile al lavoro per quindici giorni.
A motivo dello stato confusionale manifestato quando era nel reggimento, il 7 luglio 1893 Vacher fu messo sotto osservazione nell’ospedale per alienati di Dole. Il successivo 2 agosto fu definitivamente riformato e congedato per turbe psichiche, però gli fu concesso un certificato di buona condotta.
Joseph Vacher: l'ospedale per malati di mente
Evase poco dopo da Dole e fu riammesso a Besançon grazie a una sentenza di non luogo a procedere, fondata sul suo stato di alienazione caratterizzato da manie di persecuzione. Benché la giustizia non lo ritenesse responsabile del tentato omicidio avvenuto a Baume-les-Dames, egli dovette comunque essere internato in un ospedale per alienati.
Fu dunque trasferito come psicopatico pericoloso nell’ospedale di Saint Robert, sito nel suo dipartimento d’origine. Vi era appena stato rinchiuso quando le sue condizioni di salute mentale cambiarono e ogni traccia di pazzia sparì. Tant’è vero che uscì da Saint Robert il 4 aprile 1894, completamente guarito - stando al certificato del primario - e del tutto privo di segni di squilibrio psichico.
Dalle perizie psichiatriche, che devono essere ritenute assolutamente valide in quanto esprimono lo stato dei fatti nel momento in cui furono redatte, risulta che Vacher, dopo essere stato affetto da alienazione mentale temporanea alla fine del servizio militare, alcuni mesi dopo aveva pienamente recuperato le facoltà razionali e, dunque, veniva dimesso da Saint Robert sano di mente, cosciente di sé e dotato di senso di responsabilità.
I sanguinosi delitti che avrebbe poi compiuto sarebbero, di conseguenza, manifestazioni sempre uguali della stessa pulsione sadica e bestiale. Non sarebbero opera di un pazzo ma di un feroce criminale.
Lo Squartatore francese: i primi omicidi
Tenendo conto solo delle rivelazioni fatte dall’accusato al giudice istruttore e accertate come vere, benché egli abbia improvvisamente smesso di confessare, è assodato che Joseph Vacher uccise quattro ragazzi, sei ragazze e una donna anziana a partire dal giorno in cui uscì dall’ospedale di Saint Robert. Fece, inoltre, il tentativo di violentare una bambina undicenne.
Lasciato Saint Robert, Vacher andò a Saint Genis Laval, poi si diresse a Grenoble passando per Beaurepaire (Isère).
Fu in questo comune che, il 20 maggio del 1894, uccise e stuprò la trentunenne Eugénie Delhomme. La donna camminava sola, verso sera, lungo un sentiero isolato. L’uomo la assalì, la strangolò e le tagliò la gola con un coltello, la prese a calci nel ventre e le staccò parte della mammella destra.
Prese poi la vittima, cui aveva strappato i vestiti, la trascinò dietro una siepe e abusò di lei. Il corpo fu scoperto solo il giorno dopo. L’assassino era fuggito attraverso i campi e aveva trovato sistemazione in una fattoria nei dintorni di Grenoble.
Nel frattempo, uno dopo l’altro, erano stati sospettati alcuni giovani di Beaurepaire, segnalati per errore da voci di popolo.
Dai paraggi di Grenoble, Vacher andò a la Bresse poi pensò di andare a Mentone, da una sorella che abitava lì e dalla quale sperava d’essere ospitato.
Il 20 novembre 1894, nel corso di quel viaggio che, come sempre, fece a piedi, era nel comune di Vidauban quando incontrò la tredicenne Louise Marcel, figlia di un agricoltore. La bambina era sola in quel posto isolato. Egli la prese per il collo e la trascinò in un ovile, cercò di strangolarla e le squarciò la gola, la sventrò e le strappò i seni. A suo dire, non la violentò.
Anche per questo delitto fu sospettato un innocente.
Allontanatosi alla svelta, essendo capace di percorrere grandi distanze grazie alla sua robustezza, passando inosservato e tenendosi lontano dalle strade, confondendo le tracce del suo passaggio, Vacher fu presto al riparo dalle indagini.
Gli riuscì dunque di tornare a Grenoble.
Vi rimase tre mesi, presso la fattoria del locale ospizio, poi decise di recarsi a Parigi passando per Digione e Lione.
Il 12 maggio 1895 era nei dintorni della seconda delle due città. Alle 9.00 circa di mattina, sulla strada nazionale 71, nelle vicinanze della località denominata Bois de Chene, s’imbatté in una ragazza di diciassette anni, Augustine Mortureux, originaria di Etaule. Le si scagliò addosso, la sgozzò a coltellate, trasportò il suo cadavere in un terreno incolto ai bordi della strada e si mise a mutilarle il seno.
Il cadavere fu ritrovato in una buca, con la gonna sollevata e le gambe divaricate. Non fu riscontrata violenza sessuale. Si constatò che la vittima era stata depredata di scarpe e orecchini.
Questo delitto suscitò grande turbamento nella regione. Molti uomini ne furono accusati: uno di loro, addirittura, fu spietatamente denunciato da persone sue nemiche e sottoposto al giudizio del tribunale, che emanò una sentenza di non luogo a procedere. Il crimine, in effetti, era imputabile a Vacher, che confessò di averlo commesso. Ammise anche d’aver preso le scarpe della vittima che, a quanto pare, si adattavano ai suoi piedi.
Dopo l’assassinio di Augustine Mortureux, Vacher tornò indietro, invece di proseguire lungo la via per Parigi. Trovò sistemazione presso un contadino, durante la fienagione, poi si avviò lungo la strada che conduce a Chambery e a Aix-les-Bains, passando per Bénonces, dove in seguito sarebbe tornato e avrebbe ammazzato Victor Portalier.
La mattina del 24 agosto 1895 sgozzò nella sua abitazione la vedova Morand, una signora di 58 anni, la stuprò quindi fuggì dopo aver chiuso la porta a doppia mandata e tolto la chiave. Macchie d’olio furono individuate sui vestiti della vittima. Si dà il caso che, dentro la sacca di Vacher, sia stata trovata una boccetta d’olio di cui non si è capita la funzione. Esperti medici sono giunti a chiedersi se Vacher, che ha confessato lo stupro, non avesse fatto subire alla vittima un tipo di violenza assai più vergognoso.
Fu alcuni giorni dopo questo crimine che Vacher, di ritorno a Bénonces, assassinò Victor Portalier nelle circostanze che abbiamo riferito.
Joseph Vacher: la scia di sangue si allunga
Passato per i dipartimenti dell’Ain e dell’Isère, entrò in quello della Drome e, il 22 settembre, a Truines, recise la gola della sedicenne Aline Alaise, facendo penetrare il coltello nel collo fino alla colonna vertebrale. Sottopose il suo corpo a una serie di mutilazioni e iniziò a squartarlo. Disturbato durante la sua orrenda pratica, dovette abbandonare la vittima.
Dal momento che un pastore affetto da cretinismo era stato ritenuto colpevole dell’uccisone di Aline Alaise ed era stato imprigionato, egli si recò nel dipartimento dell’Ardèche dove, il 29 settembre, commise un nuovo reato sulla persona di un pastore quattordicenne, Pierre Massot-Pelet. Questo delitto riprodusse esattamente quello di Bénonces.
Sorpreso in un luogo deserto, il giovane Massot-Pelet fu strangolato, sgozzato e squartato: i suoi organi genitali furono pugnalati, quindi l’assassino compì un atto di depravazione sul cadavere.
Un uomo innocente fu, a lungo, sospettato d’essere l’autore di questo crimine. Per sottrarlo a tali ingiuste accuse, bisognò che le confessioni di Vacher fossero sottoposte a una verifica tale da non lasciare alcun dubbio sulla loro veridicità.
Dopo il delitto di Saint Etienne de Boulogne le tracce di Vacher si persero fino al 1° marzo 1896, quando lo si rinvenne nella Sarthe, a Noyen, mentre cercava di violentare Marie Dérouet, una bambina di undici anni che fu salvata grazie all’arrivo di un guardiano accorso alle sue grida.
Colpito in faccia da un calcio di Vacher, il guardiano dovette lasciarlo scappare. Un gendarme che andava in velocipede lo incontrò e gli chiese i documenti: non riconoscendo in lui l’individuo sospettato d’omicidio e segnalato, lo lasciò proseguire per la sua strada.
Mentre il Pubblico ministero della Fleche avviava un’azione penale, quello di Beaugé incriminava Vacher per vagabondaggio, lesioni e percosse e lo faceva condannare, il 9 marzo 1896, a un mese di carcere. Questa condanna e quella a tre mesi di detenzione pronunciata dal tribunale di Tournon furono le sole subite da Vacher.
Ed eccolo a Precy (dipartimento della Senna e Oise) nel luglio del 1896. Alla fine di quel mese si diresse nel Midi. Il 10 settembre, a Busset (Allier), uccise Marie Monnier, una diciannovenne da poco sposata col signor Laurent. Egli la strangolò, la sgozzò come le altre sue vittime e le strappò la fede nuziale d’oro. La disposizione delle vesti strappate indicò che egli intendeva procedere allo squartamento. Il corpo fu ritrovato tra le felci, ai bordi di una siepe.
Alcuni giorni dopo, il 1° ottobre 1896, nell’Alta Loira, a la Varenne Saint Honorat, diede la morte alla giovane pastorella Rosine Rodier, una quattordicenne il cui corpo fu trovato in un bosco di conifere, betulle e ginestre. Egli la sgozzò, la sventrò, le asportò i genitali praticando un’incisione che partiva dalle cosce.
Stando alle sue dichiarazioni, subito dopo questo assassinio si recò in Spagna, quindi fece ritorno a Lione passando da Montpellier e Nimes. Questo periodo della vita di Vacher rimane ignoto. Si sa per certo, tuttavia, che nel mese di febbraio del 1897 si trovava a Lacamie, nel dipartimento di Tarn.
Alla fine di maggio 1897, a Tassin la Demi Lune, nei paraggi di Lione, egli uccise il vagabondo Claudius Beaupied, un ragazzo di quattordici anni. Il giovane aveva abbandonato i parenti, che avevano smesso di curarsi di lui: la sua morte fu dunque ignorata, dato che l’omicida aveva gettato il cadavere nel pozzo di una fattoria abbandonata.
Vacher confessò questo delitto per orgoglio e per dimostrare la veridicità dei suoi racconti a coloro che, increduli, erano inclini a ritenere che egli si vantasse di crimini mai commessi. Claudius Beaupied era entrato di mattina nella casa disabitata in cui Vacher aveva trascorso la notte. Costui gli tagliò la gola con un rasoio, lo svestì e lo buttò dentro un pozzo dove fu ritrovato, ridotto a scheletro, il 25 ottobre.
Il 18 giugno, ovvero alcuni giorni dopo e sempre nel dipartimento del Rodano, a Courzieux la Giraudière, egli uccise Pierre Laurent, un pastore tredicenne. Il ragazzo stava riportando dei buoi al suo padrone tra le undici e mezzanotte. Fu allora assalito da Vacher che, inizialmente, tentò di soffocarlo poi lo sgozzò e gli inferse una profonda ferita al basso ventre. Trascinò quindi il corpo dietro una siepe e lo sottopose ad atti di pederastia.
Compiuto questo assassinio, si diresse a Lione, la traversò ed entrò nel dipartimento dell’Isère, dove si trattenne per qualche giorno.
Fu finalmente arrestato a Champis, nell’Ardèche, mentre cercava di far fare alla signora Plantier la stessa fine di tutte le sue vittime. Grazie al pronto intervento del signor Plantier, appoggiato da altre due persone, egli fu catturato nonostante la sua accanita resistenza.
Nulla, però, lasciava pensare in quel momento che il vagabondo che aveva gettato a terra la signora Plantier, senza peraltro aver avuto il tempo di commettere altri soprusi, fosse l’autore di così tanti delitti impuniti.
Il presente atto d’accusa ha menzionato, a grandi linee, i reati confessati da Vacher durante il processo avviato in merito all’omicidio di Bénonces e riguardante il giovane Portalier. Non si ritiene di poter accertare se ulteriori violenze, dello stesso tipo di quelle per cui l’imputato è sottoposto a procedimento penale, possano essergli attribuite.
Dopo lunghe e minuziose osservazioni, i medici che lo hanno esaminato hanno espresso il loro giudizio in questi termini: "Vacher non è epilettico e non è soggetto a raptus. È un individuo immorale e violento, periodicamente affetto da delirio melanconico, manie di persecuzione e impulsi suicidi. L’otite traumatica da lui sofferta, allo stato attuale, non sembra avere alcun influsso sulla salute mentale dell’imputato. Dal momento in cui è guarito e uscito dall’ospedale di Saint Robert, Vacher è da ritenersi responsabile".
I suoi atti criminosi sono propri di un uomo asociale, sadico e sanguinario, convinto di beneficiare dell’impunità in seguito alla sentenza di non luogo a procedere che lo aveva favorito e in virtù della sua condizione di pazzo rimesso in libertà.
Vacher, in realtà, non è pazzo: simula la follia. Vacher, dunque, è un delinquente. Deve essere considerato come individuo responsabile, e i disturbi psichici patiti in precedenza alleggeriscono solo in minima parte il suo carico di responsabilità.
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