Gianfranco Stevanin: gli omicidi e le vittime
Difficile, praticamente impossibile, definire con sicurezza la prima vittima di Stevanin. Probabilmente gli omicidi iniziarono nel 1993. Certamente le vittime sono state uccise nell'abitazione di Stevanin e poi fatte scomparire.
Difficile ricostruire cronologicamente la storia degli omicidi poiché le donne sono state ritrovate dopo un periodo di scomparsa più o meno lungo, o in avanzato stato di decomposizione, o smembrate, o non ancora identificate. Dai ritrovamenti, dalle foto e dai documenti trovati nel cascinale e dalle ricostruzioni seguenti risultano almeno quattro vittime certe più due sconosciute.
Blazenka Smoljo, il cui corpo fu ritrovato il 3 luglio 1994 in un fosso a Terrazzo da un contadino. Di lei non si sa niente altro.
Biljana Pavlovic, sparita nel 1994, era originaria della Ex-Jugoslavia, faceva la prostituta. Il suo corpo fu ritrovato il 12 novembre 1994, seppellito in uno dei poderi della famiglia Stevanin.
Claudia Pulejo, soffocata, era scomparsa il 15 gennaio del 1994. Claudia era tossicodipendente e a volte si prostituiva per procurarsi la droga. Era anche amica di Gianfranco, sembra che fosse andata da lui per farsi dare delle medicine utili in caso di crisi di astinenza e in cambio avrebbe dovuto posare per delle foto. Il corpo di Claudia fu ritrovato il 1 dicembre 1995.
Abbiamo poi Roswita Adlassing che scomparve nel maggio del 1993 ma il suo corpo non fu mai ritrovato. Di lei rimane una scheda redatta da Stevanin con giudizi sulle sue prestazioni sessuali.
La macabra lista si chiude con due sconosciute, una ragazza trovata tagliata a pezzi in un sacco e una mutilata nelle parti intime, di cui rimangono solo delle foto.
Gianfranco Stevanin: la perizia psichiatrica
Stevanin non confessa. A questo punto viene affidato a due esperti per una obbligatoria perizia psichiatrica.
Durante i colloqui con i medici Stevanin ricorda a tratti, come se fosse colpito da flash, ricorda di aver fatto del male a quattro donne, ricorda di aver fatto a pezzi un cadavere, ricorda lunghi capelli biondi, ricorda del sangue.
Ricorda.
Ma quando non vuole parlare si nasconde dietro a piccole improvvise amnesie.
La perizia alla fine si esprime: lucido, sveglio, intelligente, assolutamente sano di mente.
Quindi processabile.
Gianfranco Stevanin: il processo
Così il 5 novembre 1996 viene rinviato a giudizio. La Corte d'Assise, il 6 ottobre dell'anno dopo, apre il processo.
Un viaggio estenuante, lunghissimo, complicato.
19 udienze, più di 100 giorni passati in aula, 90 testimoni.
I capi di imputazione sono tantissimi, si parla di mutilazioni di parti intime, cadaveri deturpati, sadismo, sesso estremo.
Stevanin non reagisce, è tranquillo, non si scompone nemmeno davanti ai parenti delle donne che ha ucciso.
Siede vicino ai suoi avvocati (invece che nella gabbia) e sfoggia un nuovo look. Si è tagliato i capelli a zero e mostra, quasi orgoglioso, come se fosse una prova della sua innocenza, la lunga cicatrice che gli attraversa la testa, ricordo indelebile dell'incidente del 1976.
La perizia psichiatrica della difesa infatti punta il dito verso questa cicatrice e sottolinea il fatto che quell'incidente abbia provocato nel giovane dei problemi psicologici fortissimi. I periti parlano di persona malata con la parte destra del cervello danneggiata, affermano che la materia grigia ha subito dei danni che hanno colpito la parte dell'istinto, dell'aggressività, della sessualità, della memoria.
Parlano insistentemente di un "buco nero".
Puntano anche sul rapporto con la madre che è sempre stata oppressiva, iperprotettiva, "peggio di uno 007" per usare le parole di Stevanin. Questo rapporto tra i due, secondo i periti della difesa, era composto di un amore-odio talmente forte che ha finito con danneggiare i successivi rapporti di Stevanin con le donne.
L'imputato è dunque malato?
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