Nome completo: Donato Bilancia
Nato il: 10 luglio 1951
Morto il: in vita
Omicidi accertati: 17
Modus operandi: vario, a seconda del tipo di delitto.
L’infanzia.
Donato Bilancia nasce a Potenza, il 10 luglio del 1951. Suo padre lavora come impiegato all’Inam, sua madre, invece, come molte altre donne in questi anni, è casalinga; ha un fratello di diciotto mesi più grande di lui.
Nel 1954 la famiglia si trasferisce ad Asti, di qui poi a Genova. Nel capoluogo ligure, Bilancia inizia a frequentare le scuole elementari, mentre a casa il rapporto tra i genitori va lentamente, ma progressivamente, deteriorandosi. A lui e al fratello capita spesso d’essere picchiati per insignificanti trasgressioni alle regole dettate dal padre.
È in questo periodo che il piccolo Donato comincia a mostrare i primi segni di disagio. Alla comparsa dell’enuresi, però, i genitori reagiscono in maniera del tutto inappropriata, mortificandolo di continuo: il materasso bagnato viene messo in bella mostra su un poggiolo, cosicché i dirimpettai possano vederlo. Bilancia ne soffre molto, e anche a distanza di anni ricorderà questi episodi con enorme dolore. In una lettera scritta allo psichiatra Vittorino Andreoli (con cui dopo l’arresto inizierà una lunga corrispondenza), infatti, scriverà: «Ricordo che morivo di vergogna anche perché nell’appartamento di fronte abitava un signore con una o due figlie (non ricordo bene) che avevano all’incirca la mia età e questo per me era ancora più insopportabile. A volte mi svegliavo di notte perché mi accorgevo di aver fatto la pipì nel letto e cercavo di asciugarla con il calore del corpo, in modo che al mattino la mamma non procedesse all’esposizione esterna.»
La manifestazione del suo malessere interiore, dunque, non soltanto viene ignorata, ma addirittura è derisa e punita con una pubblica messa alla gogna: ciò non può far altro che innestare nuove insicurezze nella sua già fragile personalità.
Il vilipendio assurdo a cui è sottoposto raggiunge l’apice durante le vacanze estive, trascorse ogni anno a Potenza, in casa di una sorella del padre. Al momento di andare a letto, quest’ultimo, con la scusa di aiutarlo a svestirsi, gli tira giù le mutandine dinanzi alle tre cugine e mostra loro il suo pene poco sviluppato. «In quel momento, io mi attorcigliavo su me stesso, cadendo in ginocchio sul letto, morto di vergogna... Questo è stato l’evento che mi ha crocefisso per il resto della vita» dirà Bilancia.
Gli anni delle scuole elementari trascorrono segnati da una serie di umiliazioni, ma nonostante questo Donato riesce a terminare le cinque classi ottenendo anche dei buoni risultati. Il suo rendimento scolastico cala invece, improvvisamente, durante le medie: piuttosto che studiare preferisce andare in piscina e gli altri ragazzini che frequenta lo iniziano al furto, attività che diventerà in futuro l’unica fonte di guadagno e di “soddisfazioni”.
Raggiunta a fatica la terza media, Bilancia si scopre ossessionato dal denaro: rincasa tardi per dedicarsi alla vera e propria carriera da ladro che ha intrapreso. Nonostante le botte, non cambia atteggiamento, anzi, avendo preso l’abitudine di chiudersi in camera dei genitori per sfuggire al battipanni, inizia a sottrarre piccole somme in casa senza che nessuno se ne accorga.
I soldi trafugati li spende con le prostitute, oppure li perde a carte.
A quattordici anni, stanco del proprio nome, a suo modo di vedere brutto e insignificante, decide che d’ora in poi si farà chiamare Walter.
Riesce a ottenere il diploma dopo due bocciature, s’iscrive al liceo nautico e l’abbandona nel giro di qualche mese, iniziando a lavorare. Cambierà parecchi mestieri: meccanico, barista, fornaio, ragazzo delle consegne.
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