Serial Killer: cause e sviluppo della violenza estrema (pagina 5)

7. Perché non tutti diventano assassini?

Una risposta plausibile a tale interrogativo potrebbe essere contenuta nella fase antecedente al primo delitto. I criminali devono trovarsi in una situazione scatenante e reagire di conseguenza. Alcuni criminali potenziali non vi giungono mai.

A tal proposito, Von Hentig (1961) evidenzia in particolare il ruolo svolto dal caso.
Per esempio descrive dei gemelli di cui uno soltanto è divenuto un criminale. Nel corso di un'indagine, il fratello non criminale ha dichiarato che all'età di 12 anni aveva manifestato l'intenzione di rapinare un negozio assieme a due amici. Il tentativo era fallito solo perché erano stati sorpresi da un passante.

Fullgrabe (1983) e Lempp (1977) sostengono l'importanza del ruolo svolto dal caso, giungendo alla conclusione che "il caso può determinare uno sviluppo diverso all'interno di personalità analogamente strutturate: di due criminali ne viene arrestato solamente uno; di due ex carcerati, solamente uno si sposa e conduce una vita borghese; in ogni caso soltanto uno dei due diviene un criminale!" (Fullgrabe, 1983).

Lempp (1977) ha riscontrato che i giovani criminali da lui studiati (tutti autori di omicidi singoli e non di pluriomicidi) si differenziano da altri giovani caratterizzati da analoghi deficit strutturali della personalità e uno scarso livello di autocontrollo esclusivamente per il fatto di essersi trovati in una situazione che non sapevano gestire.

Ressler descrive molteplici casi caratterizzati dalla suddetta causa scatenante: "La causa del primo omicidio commesso da Richard Marquett era l'impotenza nei confronti di una donna (...) A dare il colpo di grazia a Ted Bundy fu presumibilmente la sospensione dei contributi finanziari (...) I problemi di David Berkowitz si fecero insormontabili allorché la madre carnale si rifiutò di prenderlo con sé (...) Dopo una lite furibonda con la madre, Ed Kemper sbatté la porta e si ripromise: "La prossima donna con cui avrò a che fare ci lascerà la pelle".

Robert Ressler, il fondatore della sezione di etologia presso l'FBI statunitense, individuò la causa della reazione deviante dei serial killer analizzati in una struttura psichica instabile.
"Nei confronti di circostanze avverse, quali per esempio l'improvviso stato di disoccupazione, si chiudono a riccio, si concentrano esclusivamente su quel singolo problema, escludendo tutto il resto all'infuori delle fantasie, dalle quali si aspettano una soluzione" (ib.).

Tale processo descrive chiaramente le conseguenze di legami affettivi inesistenti o instabili-ritrosi. L'affetto presuppone protezione in situazioni critiche. Non possedendo una certezza di questo tipo, tali individui sono caratterizzati dall'assenza di modalità comportamentali adeguate.

A tal proposito, sarebbe opportuna un'analisi del ruolo svolto dalla volizione. Le azioni non sono provocate esclusivamente da una situazione scatenante, e quindi dalla motivazione che ne consegue, bensì anche dalla volontà di esecuzione. Coloro che si trovano alle soglie della criminalità ma che poi non divengono criminali potrebbero eventualmente differenziarsi da altri in virtù della forza di volontà, la quale non è sempre autonoma, bensì può essere anche condizionata da fattori ambientali.
Probabilmente sarà capitato a tutti di bere una birra in compagnia di amici e di lasciarsi persuadere a berne ancora, nonostante il senno dica: "No, ne hai già bevuta abbastanza!".

L'autocontrollo e la responsabilità nei confronti di se stessi, associati al libero arbitrio, possono essere minati soprattutto attraverso metodi educativi violenti. Nel caso di bambini spesso soggetti a punizioni, l'educatore severo occupa una posizione di primo piano, in quanto "gestisce e controlla il comportamento. Essi non hanno mai imparato a gestire e controllare il proprio comportamento" (Fullgrabe, 1983).

Ne è una conferma la teoria di Becher (1964), il quale ha riscontrato che i bambini cresciuti in un atmosfera gradevole osservano maggiormente i divieti e, qualora ciò non si verifichi, sviluppano maggiori sensi di colpa.

Tuttavia non è solamente la fase antecedente al primo delitto a preparare il terreno in modo decisivo, bensì anche lo sviluppo successivo.

Stephen Quensel (1980) illustra ampiamente che più si acquista dimestichezza con l'attività criminale, maggiori saranno le difficoltà connesse alla sua sospensione. Egli descrive le fasi che costituiscono tale "carriera verso il basso" nel modo seguente:

1. più la situazione di partenza è favorevole (avvio all'attività criminale in età adulta, socializzazione nella norma, risorse adeguate), maggiori saranno le alternative positive a disposizione e quindi minore il rischio di cadere in basso

2. il problema di partenza è perlopiù di lieve entità e, infatti, molti delitti iniziali vengono commessi esclusivamente per gioco

3. vengono individuate e portate a termine soluzioni anomale, ritenute le uniche possibili e, quindi, date per scontate

4. più ci si inoltra nell'attività criminale, minori sono le alternative positive a disposizione, più frequenti saranno quelle negative (abuso di alcool e sostanze stupefacenti, abbrutimento) e quindi più lento il ritorno alla normalità, che non va più ricercata a partire dalla situazione iniziale bensì, immaginando un grafico a forma di forbice, verso l'alto alla stessa distanza

5. più ci si scivola verso il basso nella "carriera", più si ingrandisce il problema, inizialmente di lieve entità, per effetto di problemi aggiuntivi connessi alle conseguenze penali, più probabile diviene il proseguimento di tale "carriera", nonché più formale e più severa la reazione (della società, N.d.A.) e più grave il problema.

Nonostante lo sviluppo sopra descritto, si può giungere al reale compimento di atti criminali aggressivi (stupro, rapimento) ma non all'omicidio, di fronte al quale i criminali indietreggiano per la paura.

In molti casi ciò si spiega in virtù di un'inibizione dell'aggressione ancora in atto che, però, subentra a tutti gli effetti soltanto dopo l'atto criminale. "Nel contempo si osserva che il soggetto questione (autore di molteplici stupri, N.d.A.) ha avuto successivamente una forte reazione di vergogna nonché sensi di colpa (...) provando il forte bisogno di scusarsi con la parte lesa" (Hoff, 1992).

Alla spiegazione più che altro situazionale-casuale, che può aver luogo soltanto in età relativamente avanzata, si può affiancare già nel corso dello sviluppo del movente dell'aggressione quella relativa al rapporto genitore-figlio.
A tal riguardo Ressler e altri (1992) pongono l'accento sullo sviluppo durante l'età prepuberale. In questa fase "si tengono in allenamento per poi commettere omicidi o altri atti di violenza".

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Articolo scritto da:
Dr. Christopher Paulus

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