Serial Killer: definizione
Il "Serial Killer", di cui mi occupo qui in particolare, è definito come colui che, letteralmente, "uccide in serie" da un minimo di 2-3 a più persone, in periodi di tempo piuttosto lunghi (da giorni ad anni) e spostando anche di molti chilometri il proprio raggio di azione omicidiario.
In questo si differenzia come già si può vedere dalle tre precedenti tipologie di omicidi sia per la durata che per il raggio di azione implicati nell'omicidio.
Il "Ritual Murderer", ossia l'assassino che uccide per adempiere ai dettami e ai rituali di sette pseudoreligiose, pseudopsicologiche o a sfondo esoterico per scopi di iniziazione, purificazione, propiziatori, orgiastici. Un esempio di tale omicidio rituale è fornito dal caso dei delitti compiuti negli anni '60 dagli adepti della setta di Charles Manson, che destarono scalpore per l'incredibile ferocia con la quale furono commessi.
Serial Killer: la situazione in USA
Tornando a occuparci di assassini seriali, la nazione in cui si è registrato il maggior numero di casi di serial killer sono gli USA. Fino al 1997 (anno a cui ci riferiamo per la casistica sui serial killer) sono considerati attivi negli USA quasi 100 serial killer e 450 sono reclusi in prigione, a questi ultimi sono stati attribuiti circa 2.700 omicidi, ma considerando le numerose persone scomparse in questi stati potrebbero essere ancora di più.
I motivi per cui negli ultimi decenni si è registrato in alcune nazioni un incremento dei serial killer sono tanti.
Innanzitutto il fenomeno è divenuto mano a mano più visibile in virtù dei moderni mezzi d'informazione, sempre più efficienti, che ormai quotidianamente parlano dei delitti dei serial killer, inoltre i sistemi investigativi e le procedure di medicina legale hanno permesso di ascrivere alla mano dei serial killer molti delitti che in altri tempi sarebbero stati archiviati come decessi di altro genere.
Un territorio come gli Stati Uniti inoltre, in cui troviamo gran parte della popolazione ammassata in metropoli che superano spesso i 3 milioni di abitanti, con un alta densità di popolazione e con diverse fasce della popolazione in forte rischio di marginalità sociale e in condizioni di povertà, costituisce un habitat ideale per la condotta omicidiaria del serial killer.
Infatti l'ambiente alienante e individualistico della società metropolitana/industriale, in cui migliaia di individui vivono dentro un grattacielo, con scarsi momenti di incontro dati i diversi orari lavorativi e di continuità relazionale, dato il notevole intercambio di persone in uno stesso stabile, favorisce quello stile di vita solitario e anonimo dentro cui si cala l'omicida. Nell'ambiente metropolitano si è infatti persa quella sorta di controllo, di monitoraggio sociale che era costituito nella società rurale, dalla piccola comunità contadina, stretta intorno alle solide tradizioni della chiesa, del lavoro nei campi e dei riti, delle feste di villaggio, in cui tutti sanno tutto di tutti e parlano di tutti.
Infine il fatto che ogni differente stato degli USA abbia una diverso sistema giudiziario facilita l'operato degli omicidi che sono soliti uccidere le loro vittime in diversi stati: il diverso modo di intendere reati contro il patrimonio e la persona, la diversa velocità dell'apparato burocratico, la difficoltà tra gli stati nel passarsi informazioni sui casi ha permesso a molti criminali ricercati magari da anni in uno stato, di commettere molti altri omicidi in un altro prima di essere individuati e riconosciuti colpevoli per tutti i crimini commessi.
Serial Killer: l'identikit psicobiografico
Gli studiosi americani, dopo aver esaminato tutti i serial killer incarcerati, hanno tracciato un identikit psicobiografico che si può così riassumere.
Sono prevalentemente maschi di razza bianca (nel 90% dei casi), hanno un'età media all'epoca dell'omicidio di 27 anni. Sono sia eterosessuali che omosessuali. Primogeniti, hanno trascorso la loro infanzia e adolescenza in famiglie violente, con una madre "patologica" (spesso prostituta) e un padre assente (delinquente). Da bambini sono stati trascurati o maltrattati e sono stati oggetto di violenze anche sessuali, manifestando di conseguenza comportamenti disturbati quali torture ad animali e piromania, con marcato isolamento sociale.
La mancanza di rapporti interpersonali e di validi modelli di riferimento ha provocato, da adolescenti, l'incapacità di interagire con le persone dell'altro sesso, con la conseguenza di accumulare frustrazione e rabbia: gli assasini seriali non hanno avuto normali rapporti eterosessuali, preferendo invece la masturbazione compulsiva e rapporti omosessuali o la zoofilia.
Hanno manifestato in adolescenza comportamenti antisociali (furti, violenza, fughe da casa, abuso di alcool e droghe).
Dotati di un quoziente intellettivo medio, in età adulta, talvolta sono riusciti a costruirsi una famiglia, cosa che consente loro di assumere una facciata di normalità, dietro la quale si cela però il problema dell'indefinita identità sessuale.
Sono spesso pigri e incostanti sul lavoro, attività nella quale accumulano ulteriori stress e frustrazioni, per sfuggire alle quali tendono a rinchiudersi nel loro mondo immaginario.
L'iter che porta questi individui a compiere quel passo fondamentale per la loro condotta di assassini recidivi che è il primo omicidio è costituito da un lungo percorso iniziato nell'infanzia, caratterizzato da "fantasie onnipotenti di morte" che si fanno con il passare degli anni sempre più vivide e pressanti, fino a non poter più solo esser solo pensate ma a dover anche essere messe in atto.
Le fantasie di un serial killer psicopatico si fondano quasi sempre secondo Roger Depue, esperto dell'F.B.I., sul binomio sesso-violenza, attraverso la loro infanzia di bambini abusati sia fisicamente che sessualmente incominciano a costruire delle fantasie a sfondo sadico-sessuale, in cui il ruolo del violento e del seviziatore è svolto da loro e in cui l'orgasmo non può essere raggiunto se non infliggendo sugli altri sofferenza e dominio.
L'assassino seriale con l'eliminazione di un essere umano appaga i suoi fantasmi di morte e distruzione, concretizza e ritualizza questo fantasma di rivalsa sull'aggressore di un tempo, questa "sensazione di onnipotenza". L'aver avuto cioè pieno dominio e arbitrio dell'altrui vita che gli dà quel tantum di eccitazione, di trasgressione, di conquista che lo fa sentire vivo, porta l'omicida a ripetere l'esperienza più volte, rendendolo così un serial killer, vampiro della vita degli altri.
Per quanto riguarda le modalità con cui uccidono si possono distinguere due tipi di omicidi: i serial killer organizzati e i serial killer disorganizzati.
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