La Mandragola (Mandragora), è stata considerata nel Medioevo una pianta demoniaca e infernale...
La Mandragola (Mandragora officinaru) è una pianta erbacea perenne, della famiglia delle Solanacee (di cui fanno parte anche la belladonna, giusquiamo, stramonio, morella, lycium). Contiene principi tossici.
Cresce nella regione mediterranea, specie nell’Europa meridionale. Predilige le zone assolate e terra grassa.
In Italia possiamo reperirla nelle province di Grosseto, Chieti, Matera, Brindisi, Caltanisetta (dove è detta Minnulagrò), Catania (Mannaraona e Mandulagròna), Palermo, Siracusa, Ragusa (Pàmpina di Aùna (Modica).
Non è facile trovare le radici di Mandragora. Avendo proprietà analoghe la si può sostituire con radici appartenenti alla stessa famiglia come la belladonna, mentre a livello magico viene sostituita con la radice di frassino, le mele, la radice di vite bianca.
La nascita della mandragola
La tradizione riconduce la nascita della mandragora alle gocce di sperma o urina di un impiccato. Nel racconto originario l’innocenza del condannato a morte (specificata in diverse fonti), scompare nella trasformazione del mito in credenza popolare.
Per analogia si ritiene perciò che sia assai pericoloso raccoglierla, a meno di non proteggersi le orecchie, per non sentire le lamentevoli grida e il pianto della mandragola che può far divenire muti, folli e, dopo una breve malattia, condurre alla morte.
A questo riguardo tra i luoghi deputati alla sua crescita sono da ricordare i cimiteri e zone a essi limitrofe.
La raccolta della mandragola
Questa pianta è legata alla morte e veniva estratta dal terreno con tutte le cautele e attraverso particolari riti.
Nell'epoca romana si credeva che la mandragora fosse abitata da un demone.
Estratta dal terreno, il demone si sarebbe risvegliato e il suo urlo avrebbe ucciso l'incauto raccoglitore. Anche se tale grido, più che a uno spirito maligno, è riconducibile all’iniqua morte dell’impiccato.
Conseguentemente si suggeriva di disegnare tre cerchi con un ramo di salice, o una spada di ferro attorno alla pianta, (in questo specifico caso il cerchio preserva chi è fuori). Poi doveva essere smossa la terra intorno alla radice, ammorbidita con urina femminile e solo a quel punto una vergine avrebbe potuto raccoglierla, guardando a ovest e ponendo attenzione al vento poiché il suo profumo poteva ammutolire o creare allucinazioni tali da condurre alla pazzia.
Se, invece, si voleva evitare di estirpare direttamente la radice, un metodo collaudato testimoniato da Teofrasto di Lesbo, poi ripreso da Plinio il Vecchio, era quello del ricorso a un cane.
Il rituale prevedeva di recarsi sul posto il venerdì al crepuscolo, con un cane nero affamato. Dopo essersi protette le orecchie, si facevano tre segni di croce sulla pianta, si scavava attorno (magari ammorbidendo la terra con l’urina di donna, o sangue di mestuo) e si poneva attorno alla radice una corda, poi annodata al collo o alla coda del cane. Poco lontano si poneva del cibo per l’animale, il quale gettandosi su di esso, strattonando la corda, staccava la radice che emetteva un grido il cui maleficio uccideva l’animale. Solo allora le radici potevano essere raccolte senza pericolo.
Un commentatore tedesco del Talmud nel XII secolo descrisse la radice paragonandola a un animale chiamato Yadu’a per tutto simile all’uomo. Provvisto di una radice, corda simile a un ombelico questo doveva essere distrutta con una freccia per fa morire l’animale che altrimenti avrebbe distrutto tutto ciò che gli era vicino.
Nell’Odissea (libro X) è descritta come una radice nera, il cui fiore è come il latte e prosegue "difficile impresa per gli uomini strapparla da terra ma gli dèi sono onnipotenti".
Un altro timore legato alla raccolta era quello che la mandragora potesse trasformarsi in un essere umano animato, per questo doveva necessariamente essere estirpata prima che il settimo anno si compisse e nascesse dalla pianta un embrione umano.
Successivamente la radice andava purificata, nutrita periodicamente, accudita e custodita in un luogo sicuro, fuori dalla vista dei curiosi, poiché era considerata una creatura a metà del regno vegetale e animale.
Una pratica di purificazione era quella di lavarla in vino rosso, avvolgerla in seta bianca e rossa e riporla in un luogo appartato. Periodicamente si ripeteva l’operazione a ogni luna nuova.
Poteva essere alimentata con sangue e sperma se si voleva esaltarne le proprietà curative alla sterilità o accentuarne l’effetto afrodisiaco, oppure se si voleva raddoppiare le proprie ricchezze bisognava porre un pezzo di oro al suo posto. Alla morte del possessore, la radice andava in eredità all’ultimogenito, che deponeva nella bara un pezzo di pane e una moneta d’oro.
Il dipinto di Robert Bateman, Tre donne raccolgono la mandragola, del 1870 circa.
La cattiva fama della mandragora officinaru
Conosciuta fin dal II millennio a.C. per le sue virtù magiche, afrodisiache e medicinali è stata considerata nel Medioevo una pianta demoniaca e infernale.
I vecchi autori distinguevano la Mandragora in bianca (maschio) e nera (femmina), oggi dette vernalis e autumnatis. Le differenze tra le due specie sono unicamente di tipo morfologico.
La prima presenta una con radice grossa, carnosa, bianca e corolla bianco-verdognola, che fiorisce a primavera, la seconda una corolla violacea e radice più piccola e nerastra, che fiorisce in autunno. Raggiunge i cinque centimetri in altezza.
Sia la pianta che i frutti, detti pomi, (simili però a bacche rosse) emanano un odore sgradevole.
Se non specificata di solito s’intende la mandragola bianca, che viene utilizzata soprattutto in magia nera, mentre quella nera sembra accresca il desiderio amoroso e la fedeltà.
Per la forma delle radici, grosse e spesso biforcate e accavallate (tali da assomigliare alle cosce umane, o a siluette di uomini senza braccia), i nostri antenati l’associavano all’homunculus caro agli occultisti. In tal modo la pianta acquistò facilmente la fama di possedere proprietà magiche e divinatorie.
L’homunculus era una creatura, solitamente di forma umana, fabbricata artificialmente con un procedimento magico. A tale riguardo l’aspetto antropomorfo della radice veniva accentuato riproducendo, per esempio, capelli e barba attraverso innesti di granelli di orzo o miglio, che poi germogliavano. Questi "peli" venivano poi tritati e assunti principalmente come afrodisiaci o per curare la sterilità.
Un'illustrazione della pianta di Mandragola dal Tacuinum Sanitaris, codice del 1390 circa.
Le proprietà come talismano e amuleto della mandragola
Il talismano è un oggetto per attirare l’amore, la fortuna, il denaro, la salute, mentre l’amuleto è utilizzato per conservare le forze all’interno di chi lo indossa.
Quando la radice di mandragora, trasformata in omuncolo, veniva accudita come un essere umano, poteva essere utilizzata contro i nemici, vincere il malocchio o gettarlo, avere o togliere fortuna, prosperità e ricchezza, proteggere la salute, favorire la fertilità, aiutare il parto, decidere il sesso, stimolare l’ amore, vincere le calamità e la morte.
Inoltre, si dice che la radice potesse esaudire tre desideri, dopodiché doveva cambiare padrone, per evitare che agisse autonomamente, nel bene e nel male, come un essere pensante.
Radici di mandragola intagliate, tra cui una in cui è rappresentata una donna che tiene tra le braccia un bambino, sono state ritrovate Costantinopoli, Damasco, Antiochia e Marsina.
Fertilità e mandragola
La mandragora è presente nell'Antico Testamento (Genesi 30-14/15), il cui taglio narrativo mette in luce le gelosie dei vari clan e soprattutto degli harem.
Rachele vedendo che non poteva partorire figli a Giacobbe spinse il marito, che si rifiutò, a congiungersi con la sorella Lia. Questa però era altrettanto preoccupata poiché aveva cessato di partorire. Entrambe offrirono così a Giacobbe le proprie schiave, Bila e Zilpa, le quali concepirono un figlio ciascuna (ritenuto secondo la prassi orientale legittimo di Rachele e Giacobbe). Al tempo della mietitura del grano Ruben trovò delle mandragole nella campagna e le portò a Lia. Gelosa del ritrovamento, Rachele offrì a Lia di giacere con il marito in cambio delle mandragole. Lia si recò da Giacobbe e gli disse "È da me che devi venire perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragole di mio figlio". E così quella notte l’uomo si coricò con essa.
Lia concepì due figli da Giacobbe. Successivamente il Signore si ricordò (o le mandragole fecero effetto) di Rachele, che partorì un unico figlio: Giuseppe.
In letteratura una testimonianza cinquecentesca che si fa beffe delle credenze popolari della mandragola, legate sia alla fertilità, sia come potente afrodisiaco, è l’omonima commedia di Niccolò Machiavelli.
L’infuso di mandragola è il mezzo utilizzato per ingannare il vecchio marito dell’onesta Lucrezia, affinché Callimaco (innamorato della bella donna) possa giacere con lei una notte. Viene infatti detto a Nicia che per curare la sterilità della giovane è necessario che questa beva un infuso di mandragola. La prima notte che trascorrerà col il marito rimarrà incinta, ma come effetto collaterale l’uomo morirà. Nicia cade nella trappola e spaventato si adopera affinché un avido frate e la suocera convincano Lucrezia a dormire con un mendicante, della cui fine si augura come garanzia del proprio onore. In realtà il disgraziato prescelto è Callimaco travestito, che si dichiara alla donna, svelando il piano. Lucrezia delusa dal marito e lusingata dalle attenzioni del giovane, lo sceglie come amante, certa che questi saprà donarle anche il figlio che il vecchio marito è impossibilitato a darle.
Nel film spagnolo del 2006 Il Labirinto del Fauno il regista Guillermo del Toro s’ispira alla credenza che la pianta favorisca i parti felici. La giovane Ofelia riceve in dono una radice di mandragola per aiutare la madre che soffre per una gravidanza difficile. La pratica rituale vede la bambina porre tale radice, simile a un neonato, in una scodella di latte e collocarla sotto il letto della madre, nutrendola ogni giorno con il proprio sangue. L’effetto benefico della mandragola è immediato.
Per converso, e certamente a causa della tossicità della radice, era utilizzata per interrompere le gravidanze.
La protezione offerta dalla mandragora officinaru
Alcuni ritengono che i demoni non vivano vicino alla mandragola e quindi la sua radice è bruciata come esorcismo. Il fumo generatosi viene soffiato verso il corpo della persona malata per allontanare gli spiriti malvagi.
Posta sul camino dona alla casa protezione, appesa alla testata del letto protegge durante il sonno, portata addosso attira l’amore e allontana le malattie.
Mandragora officinaru: un potente anestetico
La Mandragora era ritenuta sin dal II secolo a.C. un rimedio per attenuare dolore, provocare il sonno, e quindi anestetizzare.
Nel Medioevo era usata come anestetico in chirurgia. S’inzuppava con succo di mandragola una spugna appoggiandola poi sulle narici del paziente fino a che non si fosse addormentato (in seguito lo si risvegliava facendogli respirare dell’aceto).
Un afrodisiaco chiamato mandragola
Questa pianta contiene potenti alcaloidi che possono far aumentare le pulsazioni cardiache, producono effetti di eccitazione psicomotoria e psichica, allucinazioni, manifestazioni di riso convulso e stati deliranti.
La mandragola, il denaro e la fortuna
In passato l’elevato costo della mandragola, (nel 1690 una radice costava lo stipendio annuale di un artigiano) aveva generato la prassi di accusare persone, arricchitesi velocemente, di possedere una mandragora.
Posta in una recipiente con delle monete, ne decuplicava in un giorno il valore. Con la sua polvere o le foglie seccate durante la luna di maggio si preparavano talismani e amuleti per procurare amore e ricchezza.
Inoltre ritenendo che potesse aprire qualsiasi serratura, i carcerati non potevano possedere radici di mandragola.
Etimologia e nomi popolari della mandragora officinaru
Il dizionario etimologico di Pianigiani riporta: dal greco Mandragoras, che alcuno attinge dalla radice sanscrita mad- inebirare: madàra che inebria, madhira liquore inebriante e gar- consumare:sanscrito gara malattia.Conosciuta come, Main de gloire, Mandeglorie in francese, Alraun, Alraùnwurzel in tedesco, Mandrake inglese, Jabora, Yabrohach in arabo.
Molti dei nomi con cui la mandragola è conosciuta dipendono dalle sue caratteristiche: la forma antropomorfa richiama il nome dato da Pitagora: antropomorfon, l’agronomo Lucio Comunella "semiuomo", Ippocrate su derivazione persiana "mehregiah" la nominò "erba dell’uomo", il popolo germanico la denominava Drachenpuppe, "pupazzo-dragone".
Riferendosi alla leggenda intorno alla sua origine in tedesco è chiamata Galgenmännlein, "piccolo uomo delle forche", e in Islanda thjofarot, "radice dei ladri".
Riferendosi invece alle sue proprietà nella medicina popolare dell’India, è nota come Lakshmana, "che possiede segni fortunati".
Nel Medioevo richiamando la sua familiarità con il mondo dei morti e con il demonio "mela di Satana", "testicoli di Satana", "mela dello stolto" , "mela dell’amore" e "erba delle streghe".
Ritenuta ingrediente magico nella coppa di vino (vino di mandragola) che Circe fece bere ai compagni di Ulisse deriva l’espressione mandragola circarea.
Nella traduzione della Bibbia il termine mandragola è stato adottato in quanto il nome assomiglia all’ebraico amore.
La Mandragola e le Divinità
La mandragola era ritenuta la pianta di Ecate. Una divinità greca legata agli aspetti lunari e magici. Madre delle maghe Circe e Medea era considerata dea delle streghe e degli spiriti notturni.
Il legame con la notte spiega le proprietà curative della mandragola ritenuta capace di curare " il mal di luna" ovvero l’epilessia. In realtà tale effetto è dovuto principalmente al fatto che i fumi di questa pianta, avendo proprietà soporifere, agiscono come calmante e anestetico.
Legato alla figura di Ecate, e di conseguenza alla mandragola, è il cane. Sacro alla dea questo animale veniva sacrificato durante la raccolta della radice.
La Mandragola e le stelle
Legata alla notte, la pianta è associata al pianeta Mercurio. Alcuni ritengono che la Mandragora sia influenzata da Saturno, o dalla Luna, e con segno zodiacale il Capricorno.
Il suo elemento è il fuoco.
Fonti:
Jorge Luis Borges, Margarita Guerrero, Manuale Di Zoologia Fantastica (Einaudi, 1957)
Gianluca Toro, La Mandragora In Alcune Credenze Magiche
Gianluca Toro, La Mandragora
Giorgio Samorini, Il Dio Dell’ebbrezza (Antologia Dei Moderni Dionisiaci, Einaudi)
Antonio Vaccari, La Mandragora, Erba Magica (In Fitoterapia, Vol. 26, 1955)
Scott Cunningham, Enciclopedia Delle Piante Magiche (Mursia, 1985)
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