La più misteriosa ed edonistica delle Sette Meraviglie...
I Giardini Pensili di Babilonia sono gli unici, tra le Sette Meraviglie del Mondo Antico, per cui non esiste nessuna certezza della loro reale esistenza.
Il più antico elenco completo delle Sette Meraviglie si trova in un epigramma di Antipatro Silone conservato nell'Antologia Palatina, risalente al II secolo a.C. (nel caso in cui invece si tratti di Antipatro di Tessalonica la datazione dovrebbe essere del I secolo a.C.).
La tipologia dell'elenco è riconducibile all'ambiente ellenistico alessandrino, ma la scelta di luoghi, invece di persone o cose, risente certamente dell'allargamento di orizzonte geografico dovuto ad Alessandro Magno.
Nell'epigramma sono menzionati (oltre ai Giardini Pensili di Babilonia): le Mura di Babilonia, lo Zeus di Olimpia, il Colosso di Rodi, le Piramidi d'Egitto (la cui più imponente è certo quella di Giza), il Mausoleo di Alicarnasso e l'Artemison di Efeso. Alla lista manca il Faro di Alessandria realizzato nella prima metà del III secolo a.C. che entrerà per ultimo nelle Meraviglie a discapito delle mura babilonesi.
I Giardini pensili di Babilonia: il mistero
Differentemente da tutte le opere architettoniche babilonesi di cui sono pervenute iscrizioni celebrative in cui i sovrani rivendicano la costruzione delle varie opere, non esiste nessuna fonte coeva che possa attestare l'edificazione dei giardini.
I sigilli di Nabucodonosor, la cui passione di edificatore superò tutti i suoi predecessori, sono ancor oggi presenti nelle incisioni della pietra recanti l'iscrizione: "Nabucodonosor, re di Babilonia, curatore dell'Esegila e dell'Ezida, figlio di Nabolopolassar, re di Babilonia, io sono". Al suo regno (604-562 a.C.) e alla sua straordinaria opera edilizia, volta a fare della città di Babilonia una città divina e splendida, si fa risalire la costruzione dei Giardini.
Dell'orgoglio di questo re, appartenente alla dinastia aramaico-caldea, ne parla anche la Bibbia ritraendolo mentre passeggia sulla terrazza della reggia, dicendo: "Non è forse questa la grande Babilonia, che ho costruito come residenza regale, con forza della mia potenza e gloria della mia maestà?" (Dn 4, 27).
Eppure, nonostante l'uso delle iscrizioni il cui scopo era fissare nella mente degli dèi le imprese dei re e tramandare alla posterità lo splendore della città, le fonti babilonesi tacciono, mentre autori più tardi, greci e latini, quali Filone di Bisanzio (II secolo a.C.), Diodoro Siculo (I secolo a. C.), Curzio Rufo, Stradone (I secolo d.C.) e Giuseppe Flavio (I secolo d. C.) descrivono i Giardini come un'opera d'arte di suggestiva bellezza.
Solo Erodoto non fa nessun riferimento ai Giardini pur descrivendo la "città così magnifica che non c'è al mondo un'altra che le si possa paragonare".
Tra le testimonianze interessante è quella di Giuseppe Flavio il quale nelle sue Antichità giudaiche si rifà all'opera di Berosso, un sacerdote babilonese del dio Bel (Marduk), originario della Caldea, autore di un'opera dal titolo Babyloniakà "Storia di Babilonia". Berosso visse all'epoca di Alessandro Magno, che ricordiamo morì a Babilonia all'età di trentasei anni nel 323 a.C. due anni dopo aver conquistato la città.
Giuseppe Flavio così scrive delle imprese di Nabucodonosor: "Al suo palazzo egli fece ammassare pietre su pietre, fino ad ottenere l'aspetto di vere montagne, e vi piantò ogni genere di alberi, allestendo il cosiddetto «paradiso pensile» perché sua moglie, originaria della Media, ne aveva grande desiderio, essendo tale l'usanza della sua patria."
Seriramide e Amytis: due donne, due leggende
Ciò che da sempre ha costituito il fascino dei giardini, alimentando la creazione della leggenda, è la loro collocazione, che in greco viene indicata con l'aggettivo kremastòs (sospeso), poi tradotto in latino con pensilis. In realtà come afferma l'archeologo tedesco Koldewey questo tipo di costruzione non aveva nulla di magico per gli architetti del mondo antico, poiché i pensilia altro non erano che terrazze cementate.
Il re, mecenate di tale meraviglia, già ai tempi di Erodoto (cento anni dopo), era del tutto dimenticato e i Giardini venivano citati non con il suo nome, ma con quello di una regina leggendaria - Semiramide - che oggi gli storici identificano con la regina assira Samuramat, moglie di Shamashi – Adad V (823-810 a.C.) e madre di Adadnirari.
I Greci la chiamarono Semiramide e le assegnarono campagne di conquista (nei cinque anni in cui tenne la reggenza al posto del figlio), un governo saggio e la creazione dei Giardini. La Bibbia e la tradizione medioevale la ricordano invece come simbolo di lussuria e crudeltà.
Per descrivere l'avvento al trono di Semiramide nella sua Biblioteca historica Diodoro Siculo attinge da diverse fonti soprattutto Ctesia di Cnido che aveva fatto parte della corte persiana ed era perciò un testimone attendibile. Nel testo l'autore attribuisce a Semiramide come marito Nino, il fondatore del regno assiro e costruttore della città di Nino cioè Ninive (città delll'Assiria posta sul Tigri). Personaggio di cui però i testi cuneiformi non recano traccia collocando così la sua figura più al mito che alla storia.
Ebbene si racconta che Semiramide fosse figlia di un adulterio e per questo abbandonata dalla madre. Trovata e allevata da pastori fu ceduta in sposa a un dignitario di Corte. Il re Nino colpito dalla sua bellezza offrì al marito la propria figlia Sosane affinché gli cedesse la moglie, ma avendo l'uomo rifiutato l'offerta il re minacciò di cavargli gli occhi. Preso dalla disperazione il marito impazzì e si suicidò impiccandosi.
Si racconta poi che Semiramide alla morte del marito re fondò altre città, poi quando il figlio ordì un attentato alla sua vita, invece di punirlo gli cedette il potere e scomparve nel nulla al pari degli dèi.
Altri storici (Ateneo) riferiscono ella fosse una bella etera di cui il re d'Assiria si fosse innamorato. Convinto il re a cedergli per cinque giorni il potere allestì una grande festa nella quale convinse i condottieri dell'esercito a seguirla tradendo il loro re che fu posto in prigione e lì dimenticato.
Altri ancora ritengono fosse una principessa babilonese che giunta sul trono assiro, operò una politica di amicizia con Babilonia.
L'altra donna a cui i Giardini sono legati è Amytis la moglie persiana che il re Nabucodonosor aveva sposato per sigillare un patto con la Media.
Diodoro Siculo nella sua trattazione di Babilonia ne dà questa descrizione: "Vi era anche il cosiddetto giardino pensile, presso l'acropoli, che costruì non Semiramide, ma un certo re siro, in grazia di una concubina che, a quanto si dice, essendo persiana d'origine e desiderosa di ritrovare i prati dei suoi monti, chiese al re di imitare, tramite gli artifici del giardino botanico, i caratteri particolari del paesaggio persiano".
I Giardini pensili di Babilonia: la descrizione
Gli autori greci e latini a cui possiamo affidarci come guida per conoscere i Giardini fanno riferimento a fonti antiche risalenti al V e IV secolo a.C. (Ctesia di Cnido e la perduta Storia di Alessandro, scritta da un Clitarco di Alessandria). Dai loro scritti si delinea questa descrizione comune.
I Giardini si estendono su quattro lati lunghi circa 123 metri ciascuno, su questa base di circa 3.500 metri quadrati si disponevano su più livelli le terrazze, di cui l'ipotesi più diffusa è che fossero cinque. L'effetto frontale era quello di una struttura simile al teatro il cui aspetto rigoglioso doveva essere da lontano simile a un monte.
Ogni terrazza era sostenuta da una costruzione di colonne, pilastri in pietra, atta a sopportarne il peso. Questo porticato sottostante generava una galleria, la piú alta misurava circa 25 metri ed era posta allo stesso livello della cinta protettiva.
I muri, sontuosamente decorati in rilievo, erano spessi circa 7 metri, e ciascun passaggio era largo circa 3 metri.
Affinché le terrazze potessero sostenere lo strato profondo di terra, le piante e l'acqua necessaria all'irrigazione, tali strutture erano costituite innanzitutto da uno strato di canne con abbondante bitume, quindi una doppia serie di mattoni cotti connessi tra loro con gesso, e come terzo strato sovrapposto vi erano collocate delle tettoie di piombo, affinché l'umidità proveniente dalla terra accumulata sopra non trapassasse in profondità.
Ogni terrazza riceveva luce e conteneva delle stanze.
All'ultimo livello si accedeva per mezzo di una scala, lungo la quale correvano delle spirali attraverso cui l'acqua veniva portata di continuo dall'Eufrate, che scorreva lungo l'edificio dei Giardini, dagli "addetti a questo scopo" dice Stradone con "macchine per pompare l'acqua" riferisce Diodoro, "artifici meccanici" scrive Filone.
Sopra i tetti di Babilonia si levava una montagna verde che saliva in un dolce pendio appoggiandosi direttamente alle mura di fortificazione. Conteneva: alberi dalle grandi foglie, alberi da frutto e una grande varietà di fiori.
In questo paradiso la regina Amytis, poteva pensare con nostalgia alla sua patria lontana stando all'ombra fiorita degli alberi.
In questo paradiso la regina Semiramide ogni giorno vi passeggiava in cerca di rose fresche e di refrigerio dall'arido clima della Mesopotamia. Ed è questa la caratteristica unica a cui si deve il fascino dei Giardini di Babilonia rispetto alle Sette Meraviglie: quella d'essere stata ideata unicamente per uno scopo edonistico ed estetico.
I Giardini pensili di Babilonia: la posizione
Babilonia è la città piú grande dell'antica Mesopotamia.
Era cinta da una doppia cinta di mura di forma rettangolare che si estendeva per diciotto chilometri e attraversata dal fiume Eufrate a oriente del quale si disponevano gli edifici principali.
Delle otto porte con cui si accedeva alla città la piú nota è quella costruita da Nabucodonosor posta a settentrione detta Porta Ishtar. Da questa iniziava la Via delle Processioni su cui si affacciava un vasto complesso di templi.
Tra questi torreggiava sulla città la ziqqurat del dio Marduk, di cui riferisce Erodoto descrivendola a forma di torre a gradini di mattoni e fango, sormontata da un piccolo sacello.
Di tale opera nessuno mai ha tolto a Nabucodonosor la paternità, anzi proprio in virtù di questa torre il re caldeo è tacciato di hybris (folle tracotanza) e la sua opera è divenuta simbolo della superbia umana: Torre di Babilonia o Torre di Babele.
Alla bellezza degli edifici sacri faceva riscontro la grandiosità delle dimore reali.
Il Palazzo settentrionale, il Palazzo meridionale e al di fuori della mura la residenza estiva.
È nel Palazzo meridionale, quello in cui fu disposto il corpo senza vita di Alessandro Magno nel 323 a.C., che Koldewey colloca i Giardini, poiché nei suoi scavi ha individuato una struttura coperta da volte a botte, quattordici stanze e un pozzo con dei fori, ipoteticamente considerato il meccanismo idrico dei giardini.
Questa teoria però trova un ostacolo nella lontananza dal fiume.
Per questo motivo D.J. Wiseman, ha collocato i giardini "sopra e a settentrione della grande muratura a ovest" del Palazzo Meridionale presso le rive dell'Eufrate.
Più recentemente D.W.W. Stevenson ha ipotizzato, senza peraltro fornire prove materiali se non quelle letterarie, la costruzione di un edificio indipendente accessibile dal Palazzo Meridionale e posto più vicino all'acqua dell'Eufrate.
Stephanie Dalley partendo dalle fonti ha ipotizzato una confusione tra Babilonia e Ninive.
Nel silenzio delle fonti babilonesi quelle assire forniscono invece copiose informazioni sull'esistenza di giardini, su opere idrauliche di deviazione di fiumi confermate anche da Sennacherib, il quale colloca i Giardini Pensili non a Ninive ma a sinistra del palazzo della cittadella di Kuyungik, sul fiume Khors.
Babilonia porta del cielo, giardino del Paradiso
Babilonia sul piano simbolico è contrapposta a Gerusalemme al Paradiso anche se il suo nome Bab ilim significa Porta degli dèi.
È una città magnifica la cui grandezza e bellezza sono condannate in quanto simbolo del trionfo passeggero del mondo materiale. Destinate al disfacimento alla corruzione. L'effimero mondo mondano vissuto tra raffinate esperienze sensoriali, trionfante nell'autocompiacimento della sua grandezza.
Di Babilonia, città posta a 100 chilometri a sud di Bagdag non è rimasto quasi nulla. Conquistata dai Persiani di Ciro nel 539 a.C. parzialmente distrutta nel 482 a.C. fu poi abbandonata.
Eppure il suo ricordo è ancora vivo nell'immaginario come i suoi Giardini Pensili. E così il suo legame con il cielo, poiché anche il giardino da sempre è associato simbolicamente al Paradiso.
L'Eden, un luogo di pace e di profumi, collocato per tradizione in Mesopotamia, probabilmente a nord. Un luogo di piacere e fecondità che gli uomini da allora hanno cercato di ricreare.
Fonti:
Le Sette Meraviglie del mondo antico, di Debora Barbagli (Giunti, 2008)
Dizionario dei simboli, di Jean Chevalier (Rizzoli, 1988)
Babilonia. Storia di una mitica città dell'antichità, di Petra Eisele (Mondadori, 1983)
http://www.giovannipelosini.com/2010/08/i-giardini-pensili-di-babilonia-emblema-di-venere/
http://favoladellabotte.blogspot.com/p/i-giardini-pensili-di-babilonia.html
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