Una terribile maledizione graverebbe sulla coppa vinta dal Brasile nel campionato del mondo di calcio del 1970
Il premio originale assegnato alle squadre vincitrici dei mondiali di calcio è stata la Coppa Rimet, utilizzata dalle origini di questa manifestazione fino all'edizione del 1970. La coppa è stata conquistata definitivamente dalla squadra nazionale di calcio del Brasile nel 1970: il regolamento della FIFA imponeva che sarebbe entrata in possesso della squadra che l'avesse vinta per prima per tre volte.
La Coppa Rimet è stata protagonista di numerose e strane vicende che hanno avvolto la sua storia di misteri e domande senza risposta. Inoltre si dice che fosse maledetta.
In questo lungo articolo parleremo di tutte queste cose, cercando di fare luce sulla maledizione della Coppa Rimet.
Ma procediamo con calma.
21 giugno 1970
Stadio Azteca, Città del Messico
Buon giorno signore e signori.
È quasi mezzogiorno e fa molto caldo qui, allo stadio Azteca di Città del Messico.
Davanti a più di centomila spettatori, sta per avere inizio la finale.
La partita di tutte le partite: Italia contro Brasile.
Due nazioni sono ferme davanti ai loro televisori.
Da una parte Rivellino, Gerson, Tostao e soprattutto Pelè.
Dall'altra Riva, Mazzola, Boninsegna, Facchetti.
Due tra le formazioni più forti di tutti i tempi si contendono la Coppa del Mondo.
Entrambe, in passato, hanno già trionfato in due occasioni e quindi chi vince oggi si porta definitivamente a casa la Coppa Rimet.
Ed ecco il via dell'arbitro Glockner.
È iniziata la finale.
Riva ha toccato il suo primo pallone, glielo ha affidato De Sisti.
Lo scatto è per Mazzola.
Il passaggio a Riva. Ha intercettato Clodoaldo.
Poi ecco Tostao.
Ancora Clodoaldo.
Gerson. È la fonte del gioco brasiliano.
Pelé ha scambiato con Gerson, ma Bertini va a chiudere il corridoio.
Burnich.
Domenghini. Ha superato Tostao.
Lascia proseguire De Sisti.
Mazzola all'ala destra.
Riva! Riva! Tiro... parata di Felix! Gran tiro di Riva! Dopo un minuto e quaranta secondi. Parata in calcio d'angolo di Felix. E il primo tiro dalla bandierina è in favore della squadra italiana.
La maledizione della coppa Rimet: la Vittoria alata e Monsieur Rimet
29 maggio 1929
È il 29 maggio del lontano 1929 quando il Congresso di Amsterdam approva il progetto di organizzare un torneo mondiale di calcio per nazioni, la "Coppa del Mondo". Il Presidente della F.I.F.A., all'epoca, è il francese Jules Rimet, il quale incarica un orafo parigino, Abel La Fleur, di realizzare il trofeo da mettere in palio. La Fleur, cresciuto alla scuola del famoso Pierre C. Cartier, progetta dunque il trofeo che prende il nome del Presidente: Coppa Rimet. Raffigura una vittoria alata, poggiata su un piedistallo di marmo a base ottagonale. Peso complessivo: 4 chilogrammi, di cui 1,8 in oro a 18 carati.
Il 30 luglio del 1930, l'Uruguay, padrone di casa della manifestazione, si impone per 4 a 2 sull'Argentina e si aggiudica la Coppa Rimet, vincendo il primo Mondiale di Calcio della storia.
I successivi due sono dell'Italia: a Roma nel 1934 e in Francia nel 1938.
Quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale, quindi, la Coppa Rimet si trova in Italia. I nazisti, che dappertutto cercano ricchezze per la causa tedesca, sono attratti dall'oro della Rimet e vogliono la coppa. Credete che abbiano intenzione di aspettare i Mondiali di Calcio?
21 giugno 1970
Stadio Azteca, Città del Messico
Diciottesimo del primo tempo
Adesso è Rivelino che ha la palla, chiama ancora in avanti Everaldo, il terzino sinistro.
Tostao è rimasto all'ala sinistra, è controllato come vedete da Rosato. Il dribling di Tostao, il suo cross, il colpo di testa di Facchetti che impedisce la conclusione di Jairzino e Pelé che erano davanti alla porta.
Rimessa in gioco di Tostao.
Rivelino.
Il cross di Rivelino.
Colpo di testa di Pelé!
E il Brasile è in vantaggio.
Ha segnato Pelé al diciottesimo minuto.
Su cross di Rivelino, che adesso rivedremo, Pelé ha portato in vantaggio il Brasile.
Ecco, vedete la rimessa in gioco di Tostao, il cross di Rivelino e il colpo di testa di Pelé sul quale Albertosi non può intervenire.
Uno a zero per il Brasile.
La maledizione della coppa Rimet: Barassi ing. Ottorino
Roma, Italia
1941
Ci troviamo ora nel pieno della Seconda Guerra Mondiale.
Dal Platzkommandantur di Roma parte un ordine perentorio: «Bisogna recuperare la Coppa Rimet a ogni costo».
Una mattina del 1941, la Gestapo bussa alla porta dell'ingegner Ottorino Barassi.
«Buongiorno, signori», saluta cortesemente l'ingegnere. «Cosa posso fare per voi?»
«Fuori la coppa», si limita a dire l'ufficiale della Gestapo. «Sennò per lei sono guai», aggiunge con un sorriso che non promette nulla di buono.
L'ingegnere allora sgrana gli occhi e guarda i nazisti come fossero marziani.
«Qua-quale coppa?», chiede.
«Poche storie: la Coppa del Mondo».
«Ah, la Coppa del Mondo», ripete Barassi quasi tranquillizzato dalla rivelazione.
«Già, la Coppa del Mondo», ribatte l'ufficiale.
I due si guardano a lungo sorridendo e annuendo.
Poi il tedesco inizia a sbraitare: «Non scherzi con me, ha capito? Tiri fuori la Coppa!»
L'ingegnere allora gli riferisce che lui la Coppa proprio non ce l'ha. «L'hanno portata a Milano quelli del Coni e della Federazione», proprio così. Lo giura. «Sono degli ingrati», aggiunge. Non hanno voluto che la tenesse. Spiacente, ma non può essere di nessun aiuto.
I tedeschi, si sa, sono testardi e non si lasciano convincere facilmente. Mettono a soqquadro la casa sotto lo sguardo rassegnato dell'ingegnere, ma non trovano nulla.
Tante scuse e arrivederci.
Barassi saluta, sorride e chiude la porta.
Finalmente solo, si lascia cadere su una poltrona mezzo morto dalla paura.
Si riprende, beve un sorso d'acqua e si accerta che i tedeschi se ne siano andati.
Va in camera da letto e, da sotto il talamo, tira fuori la Coppa.
I nazisti saranno anche testardi, pensa, ma di certo sono stupidi.
La Coppa Rimet è salva.
Iniziano in questo modo le peripezie di un oggetto che presto sarà definito "maledetto".
21 giugno 1970
Stadio Azteca, Città del Messico
Trentottesimo del primo tempo.
All'inizio della partita era stato Bertini a prender
Boninsegna!
Boninsegna!
Boninsegna!
Tiro di Boninsegna e pareggio!
Pareggio di Boninsegna. Boninsegna ha pareggiato al trentottesimo.
Rivediamo l'azione: la bellissima fuga di Boninsegna che ha intuito un passaggio di alleggerimento, uno dei tanti dei brasiliani. È scattato in avanti. Sull'uscita del portiere ha perso una prima volta la palla e poi, precedendo anche un eventuale intervento di Riva, ha mandato la palla nella porta vuota.
La maledizione della coppa Rimet: un cane di nome Pickles
Londra, Inghilterra
20 marzo 1966
Con qualche anno di ritardo, nel 1966 i Mondiali si tengono in Inghilterra, la patria del calcio, di Scherlock Holmes e di Scotland Yard.
Al Westminster Hall di Londra viene organizzata una mostra celebrativa e si decide di esporre la Coppa Rimet.
Così accade che il 20 marzo il trofeo viene rubato.
L'Inghilterra è a pezzi.
Vengono strette d'assedio le metropolitane, perquisite centinaia di persone.
Perché hanno rubato la Rimet? In fondo, i francobolli esposti con la coppa valevano molto di più.
Elementare, Watson: la coppa Rimet, con i suoi quasi due chili d'oro puro, può essere fusa.
Il terrore si dipinge sul volto impassibile della Regina: l'Inghilterra non immaginava di incappare in un figura tanto barbina agli occhi del mondo.
Vengono arrestati un paio di sospetti.
Tra questi, un tale di nome Edward Betchley, 47 anni, portuale disoccupato, che viene poi rilasciato sotto cauzione.
Nel frattempo arriva una lettera anonima, contiene un pezzo del basamento della coppa. I ladri vogliono intavolare una trattativa col Presidente della FA, Joe Mars.
Si è disposti a tutto pur di salvare l'immagine del Regno Unito, anche a scendere a patti con delinquenti. Ma ecco cosa succede.
Pickles – che in Italiano vuol dire "sottaceto" - è un simpatico bastardino. Mentre passeggia con il suo padrone – David Corbett, 26 anni, impiegato in un'agenzia di viaggi – si apparta perché deve fare un bisognino. Però non si decide. Inizia ad annusare, gira in circolo, scava una piccola buca. Trova qualcosa. Sembra un pacco. Il cagnolino si innervosisce perché l'imprevisto sta ritardando il suo bisognino: inizia a strappare con furia la carta di giornale e... Ritrova la Coppa! L'Inghilterra torna a essere gonfia e tronfia, tutto il mondo tira un sospiro di sollievo. Il cane diventa un eroe.
Ma restano molti interrogativi irrisolti. Perché il ladro ha voluto far ritrovare la Coppa senza chiedere un riscatto?
Da più parti si paventa l'ipotesi che il cagnetto eroe abbia ritrovato solo una copia del trofeo il cui originale è stato già fuso.
Queste voci vengono messe a tacere in malo modo.
E poi: perché abbandonare la Rimet in un giardino pubblico, avvolta da carta di giornale, col rischio che venisse buttata tra i rifiuti?
E infine: chi ha pagato la cauzione del signor Edward Betchley, l'unico sospettato, che di certo, povero in canna com'era, non poteva permettersela?
Almeno a quest'ultima domanda presto non serve più dare una risposta: poco dopo essere stato rilasciato, Edward Betchley muore di enfisema. Di fatto, il primo di una lunga scia di morti che si lascerà dietro la Coppa Rimet.
Qualche settimana dopo il ritrovamento della coppa, muore anche Joe Mars, a causa di un improvviso, quanto inaspettato, attacco cardiaco.
Pare che la Rimet abbia voluto lanciare degli avvertimenti.
E il simpatico Pickles?
Eccolo! Guardate: sta inseguendo quel gatto. Com'è buffo e tenero il bastardino. Su, su Pickles: corri! Guardatelo come sgambetta felice sul prato! Ma... ma cosa succede? Si sta staccando un grosso ramo da quell'albero. Attento Pickles, attento! Spostati! Oh, no! Centrato in pieno! Povero cagnolino. Che sfortuna! Aiuto! Qualcuno aiuti quella povera bestiola! Stai calmo, bello, non ti agitare. Vedrai che ti salveranno. Vedrai che qualcuno salverà l'eroe che ha ritrovato la Coppa del Mondo. No... Niente da fare. Sta morendo soffocato dalla sua stessa bava.
Pickles... l'eroe... è morto.
Che sfortuna!
Sfortuna?
21 giugno 1970
Stadio Azteca, Città del Messico
Ventunesimo del secondo tempo.
Poi interviene Jairzino.
L'ha fermato Facchetti, ma... tira...
Gerson.
Improvvisamente di sinistro e porta in vantaggio di nuovo il Brasile.
Gerson.
Al ventunesimo del secondo tempo, Brasile 2 Italia 1.
Ha segnato Gerson che ora è sommerso dall'abbraccio dei suoi compagni e delle riserve.
Al ventunesimo del secondo tempo, il Brasile è in vantaggio per 2 a 1.
Ecco l'azione: l'improvviso tiro di Gerson, angolato.
Due a uno.
La maledizione della coppa Rimet: il Baffuto e il Barbuto, primo tempo
Santo Cristo, Rio de Janeiro
Un giorno di ottobre 1983
«Ancora non capisco perché mi hai fatto venire con tanta fretta in questo squallido bar».
Antonio Setta sorseggia una birra. Una cameriera grassa e sudata sta sparecchiando un tavolo mentre, dietro il bancone, il barista strofina con indolenza un bicchiere.
«Ti devo parlare di una questione importante».
Sergio Pereira Ayres, detto Peralta, si guarda attorno con fare furtivo temendo orecchi indiscreti e occhi lunghi.
«Di cosa?», chiede Antonio annoiato.
Peralta si avvicina all'amico e sussurra: «La Coppa».
«Quale Coppa?»
«La Rimet».
Antonio Setta manda giù un buon sorso del liquido giallo, si pulisce la bocca con il dorso della mano, quindi guarda Peralta fisso negli occhi: «Che vuoi dire?»
«Sai quanto ci possiamo fare? Almeno centomila dollari».
Aspetta che l'amico dica qualcosa, ma questi rimane in silenzio. Riprende quindi a parlare.
«Si trova nella sede della Federazione. C'è solo un uomo di guardia. È un giochetto da ragazzi».
Con lo sguardo segue il volo di un moscone che va a posarsi sul piatto dove riposano residui di spezzatino.
«Allora? Che ne dici?»
Antonio Setta si passa la mano tra i capelli, poi mormora: «Mio fratello...»
«Cosa? Che c'entra adesso tuo fratello?»
«Mio fratello è morto di infarto durante la finale di Città del Messico. Ricordi? Brasile 4, Italia 1. Che grande partita! Anche adesso ho i brividi. Ho ancora negli occhi l'immagine di Pelé portato in trionfo con la Coppa alzata al cielo. Quella foto ha fatto il giro del mondo. Pelé è l'unico uomo degno sulla faccia della terra di toccare quella Coppa. Adesso, la Rimet appartiene al popolo Brasiliano e io non ti permetterò di portare a termine questo tuo folle progetto».
Detto questo, Antonio Setta si alza, lascia sul tavolino due banconote da cento reais ed esce dal bar senza nemmeno salutare l'amico.
Peralta rimane qualche minuto sovrapensiero.
Qualche giorno dopo ha trovato i suoi complici: José Luis Rivera, detto Luiz Bigode (baffuto), un decoratore, e Francisco José Rocha, detto Chico Barbudo (barbuto), ex detective e ora mercante d'oro.
Grazie alla indicazioni di Peralta, il 19 dicembre 1983 i due entrano nella sede della Federcalcio Brasiliana, immobilizzano il custode e si impossessano del trofeo.
Cosa farne adesso?
Chiedere un riscatto miliardario?
Macché.
Si decide di fondere l'oro del trofeo.
I tre balordi trovano un altro complice, l'argentino José Carlos Hernandez, proprietario di un negozio di argenteria.
Hernandez ha l'attrezzatura adatta, ma può fondere al massimo 250 grammi per volte.
Si così fa scempio della Coppa che viene tagliata a fette.
Sono in molti a pensare che la maledizione abbia avuto inizio qui, forse dimentichi degli avvertimenti che il trofeo aveva già inviato durante il Mondiale britannico.
21 giugno 1970
Stadio Azteca, Città del Messico
Ventisettesimo del secondo tempo.
Naturalmente i brasiliani ora addormentano ancora di più la partita. Ventisei minuti sono passati del secondo tempo.
Gerson ha la palla, gliel'ha toccata Everaldo.
Nuovo passaggio in area per Pelé.
Jairzino!
Tre a a uno per il Brasile.
Ha segnato Jairzino.
La maledizione della coppa Rimet: il Baffuto e Il Barbuto, secondo tempo
Rio de Janeiro
Gennaio 1984
Dove eravamo rimasti?
Ah, sì: la Coppa Rimet, rubata e fatta a pezzi.
Ricordate di Antonio Setta? Lo abbiamo incontrato nel bar di Santo Cristo, dove gli è stato proposto di partecipare al furto.
Antonio legge del colpo su un giornale e decide di denunciare l'amico Peralta, reo di aver tradito il Brasile.
In poco tempo, i quattro furfanti vengono rintracciati.
Nel gennaio del 1984, Peralta viene sorpreso dalla polizia per una strada di Rio de Janeiro. Incappucciato, come il peggiore dei terroristi, viene condotto in un posto segreto e tenuto tre giorni senza mangiare. Viene torturato, malmenato, insultato.
Lo stesso capita a Bigode, a Barbudo e a Hernandez.
Vengono tutti imprigionati.
Poi, i quattro sono messi in libertà vigilata. Si danno alla latitanza quando arriva la sentenza di condanna.
Il padre di Peralta muore per la vergogna.
È solo il primo di una lunga lista.
La maledizione della Coppa esige, come già in passato, il suo tributo di sangue.
21 giugno 1970
Stadio Azteca, Città del Messico
Quarantaduesimo del secondo tempo.
Poi ecco Pelé, Gerson, Everaldo.
Bel dribling in slalom tra Iuliano, Domenghini, De Sisti. E poi ecco il lancio sulla sinistra per Jairzino che ha cambiato posizione.
Jairzino.
Pelé.
Pelé!
Carlos Alberto... e sono quattro. E ora possiamo dire che la Coppa Rimet sta prendendo la strada di Rio de Janeiro. Carlos Alberto ha portato a quattro i gol del Brasile al quarantaduesimo del secondo tempo.
Brasile quattro, Italia uno.
La maledizione della coppa Rimet: il maleficio colpisce e miete vittime
Siamo di nuovo in Brasile.
Inizia una lunga sequela di concitati avvenimenti.
Nel 1989, Hernandez fugge in Francia dove si dà al narcotraffico. Viene catturato a Parigi e sconta sette anni di carcere. Nel 1998, torna in Brasile dove viene beccato con quasi otto chili di cocaina in valigia. Un poliziotto lo riconosce: «Tu sei quello che ha fuso la Rimet», gli dice prima di arrestarlo. Attualmente è malato e non deve passarsela troppo bene in un carcere duro di Rio.
Nel frattempo, nel 1994 Peralta fugge a Cabo Frio. Un compaesano lo riconosce per averlo visto in un programma TV e lo fa catturare. L'anno successivo, viene rilasciato in libertà vigilata, ma la sua vita è ormai segnata. Muore poco dopo abbandonato da tutti.
Il Barbudo viene assassinato nel 1989 a Santo Cristo, in quello stesso bar dove tutto è cominciato.
Tutto sommato, a Luiz Bigode è andata meglio che agli altri: catturato nel 1995, finisce nel carcere duro di Bangu. Da qualche tempo è in libertà vigilata.
Si dice che, durante le sue interminabili passeggiate nel centro cittadino, giochi con un cucciolo immaginario che chiama Pickles. Di tanto in tanto, si accoscia di fronte al bastardino. Le persone che passano di lì giurano di sentirlo parlare con Pickles. Pare che gli dica: «Pickles, quand'è che quel maledetto trofeo sarà sazio e ci lascerà in pace?»
La leggenda vuole che, a questo punto, si oda uno straziante guaito.
Edson Arantes do Nascimento, O Rei, O Rei do Futebol, la Pérola Negra. Più semplicemente, Pelé. L'unico calciatore a vincere tre edizioni dei Mondiali di Calcio, nel 1958, 1962 e 1970.
Dopo la finale di Città del Messico, il Sunday Times titolò: How do you spell Pelé? G-O-D!
La foto che lo immortala con la Coppa Rimet al cielo ha fatto il giro del mondo. Era tra quelle mani, probabilmente, che la Rimet voleva rimanere. Forse, nessun altro al mondo era degno di toccarla. Solo un dio. Pelé, il Dio del calcio. Invece, anche i comuni mortali hanno preteso di maneggiarla, la Coppa si è voluta vendicare. Quella con Pelé è anche l'ultima fotografia della Rimet. Non si è mai saputo che fine abbia fatto realmente. C'è chi dice che Peralta e compagni abbiano fuso solamente una copia. C'è chi ritiene che la stessa coppa innalzata al cielo da Pelé fosse già una copia. Forse, dopotutto, la vera Rimet è sempre rimasta nell'unico posto dove si sentiva al sicuro. Magari è ancora lì, sotto il letto dell'ingegnere italiano Ottorino Barassi, e continua a prendersi gioco di noi e di tutti quelli che sono stati raggiunti dalla sua maledizione.
21 giugno 1970
Stadio Azteca, Città del Messico
Si sta giocando con dei tifosi sul terreno di gioco...
Ed ecco il fischio finale che chiude la Rimet.
Il Brasile è campione del mondo.
Termina la Rimet con la vittoria del Brasile per quattro a uno.
Il Brasile è campione del mondo e conquista definitivamente la Coppa Rimet con le sue tre vittorie.
L'Italia è seconda, la Germania...
"Il calcio è straordinario proprio perché non è mai fatto di sole pedate. Chi ne delira, va compreso." (Gianni Brera)
Fonti:
I capitoli in corsivo sono, in gran parte, tratti dalla telecronaca originale di Nando Martellini.
http://it.wikipedia.org/wiki/Trofeo_Coppa_Rimet
http://www.storiedicalcio.altervista.org/storia_rimet.html
http://www.calciofans.com/rastampa/calciogold-luglio-2003/calciogold-copparimet.htm
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